# 322 – David Trueba – APERTO TUTTA LA NOTTE (Feltrinelli, 2012, ediz. orig. 1995, pagg. 222)
Madrid, anni ’90: la numerosa famiglia Belitre si trasferisce in una palazzina con giardino che nonna Alma ha appena ereditato dalla sua migliore amica, Ernestina Beltrán, passata a miglior vita con allegria, nella convinzione che l’aldilà sia molto meglio dell’aldiqua. Tanto che Alma continua a scriverle lettere, del tutto incurante di quel dettaglio di poco conto che è la morte. Nella nuova casa, spaziosa anche se un po’ decrepita, si trasferiscono il padre Félix – figlio di Alma – con sua moglie e i sei figli maschi: il maggiore, Felisín, fa il critico cinematografico ma lavora troppo saltuariamente e non riesce a mantenere la giovane e discinta moglie francese Nicole, sposata d’impulso dopo averla conosciuta a Cannes; Nacho è uno sciupafemmine ventenne, bello e crudele; Basilio ha un serio problema di acne e di autostima, e non esce mai di casa, almeno fino a quando conoscerà la stravagante Mayka; Gaspar è un quattordicenne con la vocazione per la scrittura e per gli amori impossibili, in primis per la coetanea Violeta, e poi per la bellissima Sara, la badante poco più che ventenne di sua nonna, che non lascia indifferenti anche altri membri della famiglia… Infine, Matías ha dodici anni ma, per una curiosa sindrome psichiatrica, pensa di essere il capofamiglia e pretende di dormire con sua madre in quanto marito, e Lucas, il più piccolo, si dedica con passione al suo acquario e… all’arte dell’imitazione, con cui snerva tutti i membri della famiglia, a partire dalla francesina Nicole. A chiudere il quadro, il nonno Abelardo, marito di Alma, è convinto di vedere Dio (al punto da far aggiungere una sedia per Lui, a tavola) e si diletta nella scrittura di poesie e nell’indottrinamento dei due Testimoni di Geova inglesi, John e Paul, che ha preso in simpatia. E che dire del dottor Bausán, che si accampa letteralmente nel giardino della casa per curare Basilio dalla sua bassissima autostima con una terapia di sua invenzione?
Avevo già letto, di David Trueba, “Quattro amici”, successivo di qualche anno rispetto ad “Aperto tutta la notte”, e non ero rimasto del tutto convinto: Autore indubbiamente carismatico e capace di raccontare, Trueba mi era parso però troppo “carico” in certi snodi e nel tratteggiare i caratteri, e il risultato era stato un romanzo gradevole ma squilibrato, eccessivo e a tratti improbabile.
Ebbene, “Aperto tutta la notte” conferma tutte le impressioni su Trueba, che è uno scrittore spagnolo fino al midollo, cui piacciono i caratteri ben incisi e quasi macchiettistici – un po’ alla Pedro Almodóvar, per intenderci – e la “gazzarra narrativa” che, se in “Quattro amici” era legata ai personaggi del titolo, impegnati in un viaggio da addio alla giovinezza, in “Aperto tutta la notte” è dovuta ai membri della pazza famiglia Belitre, in cui tutti si vogliono bene ma non esitano, ove occorra, a darsele di santa ragione o a mandarsi a quel paese, per poi ricomporre ogni frattura grazie a un’unione più salda di quanto si sarebbe potuto pensare e, soprattutto, più forte di ogni problema, dalla malattia di Matías alle manie religiose del nonno, dalla bruttezza quasi metafisica del povero Basilio alle difficoltà economiche di Felisín.
La lettura di questo scatenato romanzo mi induce a pensare che col successivo Trueba abbia tentato di replicare il modello, con minore incisività. Sì, perché “Aperto tutta la notte” è decisamente un buon libro. Nonostante le esagerazioni e le caratterizzazioni fin troppo marcate, nonostante le tante, tantissime coincidenze (non tutte facili da credere) che attraversano la storia, l’Autore è bravo a farci amare questi folli personaggi, questi ragazzi tanto diversi quanto uniti, sotto un tetto un po’ traballante ma caldo e sicuro, accogliente e protettivo.
Dalla nonna lettrice compulsiva e dal passato avventuroso al nonno baciapile che intrattiene conversazioni con Dio, dal pater familias scalzato dal figlio con sindrome di Latimer, che lo esilia nella stanza degli ospiti, alla madre che farebbe di tutto per i propri figli, fino alle avventure dei vari ragazzi tra conquiste e delusioni, promesse e illusioni, il romanzo è una scatenata sarabanda di incroci e seduzioni, una paella ribollente servita con la giusta dose di salsa piccante pescando nella quale non sai mai che gusto ti capiterà di assaggiare: un gambero, una verdura, un pezzo di pollo…?
C’è di tutto nel piatto misto cucinato da David Trueba non tanto con sapienza (in fondo, gli ingredienti sono un po’ troppi) ma di certo con perizia e con amore, per i suoi personaggi e per la narrazione stessa, che ha un’invidiabile compattezza di fondo. Ecco, proprio nello stile della narrazione ravviso il tocco di un valido scrittore: Trueba sceglie infatti un punto di vista interno alla storia, che di fatto è un Io narrante; ma il Narratore resta defilato, non ha neanche un nome (è l’Autore stesso?), presentandosi come un compagno di scuola di Nacho Belitre, un amico che, avendo frequentato la famiglia, è in grado di raccontarne le scombiccherate e divertenti gesta.
Fino a una chiusa che non ci si aspetta, drammatica ed efficace nella sua immediatezza, che saluta il lettore con una nota malinconica che non guasta, e che sembra anzi conferire al romanzo un maggiore livello di profondità. Commedia degli equivoci e parodia delle saghe familiari, “Aperto tutta la notte” è anche un inno alla famiglia come luogo di crescita e rifugio dall’incomprensibilità del mondo, ed è un libro che si comincia e non si lascia più, catturati dal suo ritmo indiavolato e dalle trovate di un Autore che sa indubbiamente giocare col suo pubblico, anche a costo di spendersi qualche cliché e qualche esagerazione.
(Recensione scritta ascoltando i Green Car Motel, “Asi Sera”)
PREGI:
scoppiettante e arguto, è un romanzo che fa ridere alle lacrime in molti punti e che riesce persino a far scendere qualche lacrima alla fine, dipingendo un arco emotivo completo a beneficio del lettore che accetti di tuffarsi nel turbinio delle sue pagine sanguigne e scatenate. Ottima la scelta dell’Io narrante semi-esterno alla storia (alla maniera di Nathan Zuckerman in tanti romanzi di Roth, per intenderci)
DIFETTI:
chi cerca riflessioni cartesiane e assoluta pulizia di stile non potrà amare questo libro debordante e chiassoso, vitale e un po’ informe. Qui e là, in effetti, qualche passaggio appare un po’ forzato, ma il finale e il gusto dell’Autore per la narrazione riscattano pienamente i piccoli vizi di una scrittura sopra le righe
CITAZIONE:
“La nonna Alma accolse la notizia della morte dell’amica con indifferenza. ‘Credi forse che smetterò di scriverle solo perché è morta?’, commentò ad Asunción, l’infermiera. Così continuò a spedire lettere a Ernestina, tanto che a un certo punto, la figlia di questa, allarmata, le rispose ricordandole la morte della madre. ‘Credo nella corrispondenza, non nella morte’, fu la sentenza telegrafica di Alma in un vano tentativo di farsi capire.” (pag. 17)
GIUDIZIO SINTETICO: ***
LEGENDA RECENSIONI
Sia per i libri che per i film, adotto nel giudizio sintetico il sistema Mereghetti, che va da 0 a 4 stelline: a 0, ovviamente, i giudizi più negativi, a 4 quelli più positivi, con tutti i possibili gradi intermedi…