# 310 – Charles Bukowski – AZZECCARE I CAVALLI VINCENTI (Feltrinelli, 2013, ediz. orig. 2008, pagg. 268)
Raccolta, curata da David Stephen Calonne, di testi vari di Bukowski, sia narrativi (racconti e stralci autobiografici) che saggistici, più rari e decisamente preziosi per approfondire l’universo di un Autore che si è sempre volutamente distaccato dal mondo culturale, presentandosi fieramente (e a volte anche un po’ artificiosamente…) come outsider assoluto.
Bukowski scriveva della vita e della morte, del sesso e dell’alcolismo, del gioco d’azzardo e della povertà, come anche della violenza e dell’ingiustizia, dell’amore e della passione con un trasporto e una sincerità che non possono non far apprezzare la sua opera anche a chi ama una letteratura più composta e rassicurante, insomma, in una parola, più “classica”.
Scrittore formatosi per le strade d’America più che nelle sue Università, Bukowski non riusciva a trovare verità nelle opere pettinate e rifinite di conclamati Autori che, a suo dire, celavano sotto la perfezione formale la loro stessa inconsistenza, l’impossibilità di dire qualcosa di significativo sul mondo e sulla vita, sugli uomini e sulla Storia.
Ovviamente, si può essere d’accordo con Buk come anche dissentire (io, personalmente, ho sempre dissentito), ma questo non impedisce di godere della sua letteratura fatta di racconti (volutamente) abborracciati e scritti in fretta e furia, perché aveva bisogno di inviarli alle riviste e avere di che mangiare, o di romanzi caratterizzati da un lancinante romanticismo degli ultimi, romanzi popolati da ubriaconi e scommettitori, prostitute e disperati. Senza contare tutta la componente poetica dell’attività letteraria di Bukowski, che pubblicò diverse raccolte con le quali condusse, consapevolmente, una battaglia contro certa poesia paludata e futile, “vecchia”, ancora intrisa da stilemi che, oggettivamente, non descrivevano più la realtà, ma un simulacro di essa, l’ombra di un passato da cui evidentemente non tutti erano disposti a separarsi.
La raccolta di testi che va sotto il titolo “Azzeccare i cavalli vincenti”, a stretto rigore, non sarebbe neanche da considerare un’opera di Bukowski, poiché la silloge è stata curata e messa assieme da altri, critici suoi estimatori e case editrici intenzionate a lucrare sul suo lavoro fino in fondo. Nulla di male in questo, ci mancherebbe. Però è ovvio che “Azzeccare i cavalli vincenti” non è un libro curato e costruito dal suo Autore, bensì una raccolta di testi eterogenei che vanno dal decisamente bello (“Incontro il Maestro”, sul rapporto, tardivo, con uno dei suoi modelli letterari, John Fante, ma anche “Allenamento”, attraversato da un erotismo esagerato ma vitale e vibrante, e la bellissima “Prefazione mai pubblicata a 7 on Style di William Wandling”, vero e proprio atto d’amore per un collega poeta devastato dalla vita) al francamente futile (“Antologia di Artaud”, Il “Cristo d’Argento a Santa Fe”), passando per una serie di testi (anche saggistici) che regalano vere e proprie chicche, in particolare le puntate del “Taccuino di un vecchio sporcaccione”, la rubrica che Hank curò per molti anni sulla “L.A. Free Press”.
In tutto questo, il racconto che dà il titolo (italiano) alla raccolta, “Azzeccare i cavalli vincenti”, non è il migliore ma neppure il peggiore (il titolo originale della silloge, comunque, è un più corretto “Portions from a wine-stained Notebook” – Pezzi da un taccuino macchiato di vino), e diversi brani sono decisamente interessanti, soprattutto quelli saggistici, che ci restituiscono l’immagine di un Bukowski capace non solo di bere e picchiare sui tasti della sua fedele macchina per scrivere, ma anche di riflettere sulla società e sulla Storia (menzioni particolari per “Dovremmo far saltare il culo allo zio Sam”?, riflessione non banale sul pacifismo e sul suo significato, ma anche sulla sua ipocrisia, e la già citata prefazione a William Wantling, sorta di manifesto programmatico piuttosto tardivo ma non per questo meno importante).
Avendo sempre rifiutato ogni collocazione letteraria, Bukowski non cerca consensi, non si fa portavoce di alcuna “corrente”, ammette di non amare i critici letterari (che non ha mai ascoltato) ma sembra non dare troppo credito neanche a chi – editori o amici – dimostra di apprezzare la sua scrittura, insomma, non adula e non esalta nessuno, neppure Allen Ginsberg e i “santoni” della Beat Generation, ma si limita, come da suo stile e da suo carattere, a scrivere quello che gli passa per la testa e gli sgorga dalle vene, a mettere su carta opinioni anche scomode e virulente, ma non del tutto prive di un’accurata riflessione retrostante, riflessione che l’Autore non vorrebbe far vedere, nel timore che essa finisca per farlo assomigliare proprio a quei letterati “accademici” che egli tanto detestava, ma che purtuttavia c’è, c’è sempre stata e, lungi dal farcelo sentire più lontano, avvicina anzi Bukowski a noi, a chi ama la lettura e la letteratura, a chi ama i libri, la poesia e le polemiche letterarie.
(Recensione scritta ascoltando Gustav Mahler, “Sinfonia n. 9 in Re maggiore”)
PREGI:
pur non essendo un libro perfetto (nessun libro di Bukowski lo è) e non appartenendo neanche del tutto al suo Autore, che per quanto ne sappiamo non aveva mai pensato, in vita, di pubblicare questi testi in un’unica raccolta, “Azzeccare i cavalli vincenti” è comunque un documento interessante e a tratti decisamente godibile. Oltre a quelli già segnalati in recensione, altri brani notevoli sono lo scatenato “Leggere e accoppiarsi per Kenneth”, il surreale “L’altro” e le varie puntate del “Taccuino di un vecchio sporcaccione”, tutte esilaranti, ciascuna a modo suo…
DIFETTI:
costruito un po’ a tavolino, è una miscellanea di scritti che non sembra avere una chiara logica interna e, accostando saggi, articoli, racconti e stralci autobiografici contribuisce sì a delineare meglio la figura – più complessa di quanto lui stesso abbia mai voluto far pensare – di Bukowski, però non evita momenti di noia e sensazioni di futilità (in particolare per testi come “Venti carri armati da Kasseldown”, “Gli editori scrivono” e “Jaggernaut”)
CITAZIONE:
“Scrivere è davvero una strana cosa: non arrivi mai da nessuna parte, ci vai vicino ma non ci arrivi mai. Ecco perché la maggior parte di noi scrittori deve continuare a scrivere senza tregua: siamo fregati, ma non possiamo smettere.” (pag. 240 – dal racconto “Incontro il Maestro”)
GIUDIZIO SINTETICO: **½
LEGENDA RECENSIONI
Sia per i libri che per i film, adotto nel giudizio sintetico il sistema Mereghetti, che va da 0 a 4 stelline: a 0, ovviamente, i giudizi più negativi, a 4 quelli più positivi, con tutti i possibili gradi intermedi…