# 6 – Antonio Pennacchi – CANALE MUSSOLINI (Mondadori, 2010 – pag. 460)
La saga familiare dei Peruzzi nel corso di cinquant’anni di storia italiana, a cavallo del Ventennio, dal rurale e operoso Veneto alle malsane e “maladette” paludi Pontine, “redente” dal Duce (e dal sudore di migliaia e migliaia di braccia).
Contestatissimo Premio Strega 2010, questo romanzo è – a detta dell’Autore stesso – “bello o brutto che sia, il libro per cui sono venuto al mondo.” Come porsi di fronte a una simile dichiarazione, piazzata in bella vista in sede di introduzione? Anzitutto notando il furbo accenno di modestia (“bello o brutto che sia”), e poi ammettendo subito che si tratta di opera personalissima e, con ogni probabilità, pesantemente autobiografica. Nulla di male in questo, intendiamoci! In nessuna delle due cose, né nell’accenno di modestia, né nell’autobiografismo.
Quella di Pennacchi è una vicenda curiosa: operaio sino ai cinquant’anni, si è poi dato alla scrittura pubblicando diversi libri e ottenendo importanti riconoscimenti.
Una storia diversa da quella di tanti “scrittori-scrittori”, perché è più la parabola di un uomo che è approdato alla scrittura per l’esigenza, profonda, di raccontare qualcosa, di sé e del proprio mondo, o di quella che Peter Handke non avrebbe esitato a definire la propria “storia”, con tutto il valore che ha questa parola nel pensiero di Handke e dei neo-soggettivisti. Ebbene, “Canale Mussolini” – scritto in una lingua “inventata”, a metà tra italiano e veneto con tocchi di romano-laziale – è una grande saga, o un “affresco”, come troppo spesso si sente dire!, in pura tradizione italica, fluviale e particolareggiato, fitto di personaggi e di vicende, regionalistico e caratterizzato ora da limpidi tocchi di una poesia quasi bucolica (alla “Albero degli zoccoli”, per intenderci), ora da un umorismo persino greve. Se da una parte la capacità di raccontare non manca, e – va ammesso – dopo qualche difficoltà iniziale ci si fa prendere dalla vicenda, al punto che diventa impossibile smettere di leggere, dall’altra parte è pur vero che “Canale Mussolini” è un libro un po’ cerchiobottista, ambiguo a tratti in modo quasi insopportabile, per come rifiuta di prendere qualunque vera posizione nei confronti della storia stessa che narra, e dei suoi ingombranti protagonisti “storici”, Mussolini in primis.
La velata nostalgia del racconto, dei tempi a loro modo “eroici” della bonifica dell’Agro Pontino, e l’indubbia importanza del Canale Mussolini nell’economia e nella storia di quella regione, sono dati indiscutibili. Diciamo che l’Autore utilizza il particolare punto di vista del Narratore (che viene svelato soltanto alla fine, e che per tutto il libro, in modo a tratti persino un po’ pedante, si rivolge direttamente a chi lo sta leggendo, o ascoltando) per sbarazzarsi di qualsiasi reale oggettività nel racconto, che non può non essere un racconto “emozionale” e, per questo, non necessariamente imparziale, né equilibrato. Se questo sia un difetto? Non saprei! E’ piuttosto – questo sì – una caratteristica saliente di questo libro furbetto, intrigante, divertente e fondamentalmente ricattatorio, capace di far amare i suoi personaggi e le loro storture al di là di ogni altra considerazione, capace insomma di gettare un colpo di intonaco su una vasta parete irregolare. Un libro un po’ compiaciuto della sua (falsa) ingenuità, ben orchestrato ma, per citare i Pink Floyd, anche molto… “piacevolmente stordito”!
(Recensione scritta ascoltando i Pink Floyd, “Comfortably numb”)
PREGI:
un’indubbia competenza dell’Autore nel ricostruire le fasi della bonifica e le sue caratteristiche tecniche, sulla base di ricerche approfondite. E una “ipnoticità” di racconto e linguaggio non comune, nella letteratura italiana contemporanea
DIFETTI:
la scrittura semi-dialettale non è sempre facilissima, e richiede un po’ di tempo per “rompere il ghiaccio” ed entrare appieno nella vicenda. Poi però si corre niente male!
CITAZIONE:
“Noi credevamo così, punto e basta, è inutile stare ad insistere, il dramma della condizione umana è proprio questo: sei quasi perennemente condannato a vivere nel torto, pensando peraltro d’avere pure ragione.” (pag. 281)
GIUDIZIO SINTETICO: **½
LEGENDA RECENSIONI
Sia per i libri che per i film, adotto nel giudizio sintetico il “sistema Mereghetti”, che va da 0 a 4 “stelline”: a 0, ovviamente, i giudizi più negativi, a 4 quelli più positivi, con tutti i possibili gradi intermedi…