IL PASSEGGERO / Cormac McCarthy

# 285 – Cormac McCarthy – IL PASSEGGERO (Einaudi, 2023, pagg. 385)

1980: il sommozzatore professionista Bobby Western rinviene, in un tratto di mare al largo della Louisiana, parecchi metri sotto la superficie dell’acqua, il relitto di un Lockeed JetStar da poco precipitato. A bordo, nove passeggeri compreso l’equipaggio sono ancora ai loro posti, e i loro cadaveri ondeggiano in acqua, legati alle cinture di sicurezza. Tutti tranne uno, il decimo passeggero, che sembra scomparso. Come può essersi salvato? Chi può averlo portato via, visto che la carlinga dell’aereo era chiusa dall’interno e i sub hanno dovuto usare la fiamma ossidrica per aprire una breccia? E perché, in seguito al ritrovamento, i sommozzatori coinvolti – lo stesso Western e il suo collega e amico Oiler, reduce dal Vietnam – iniziano a ricevere la visita di presunti agenti governativi che pongono loro insistenti quanto incomprensibili domande? Quando attorno a Western cominciano ad accadere cose anche più strane (morti improvvise, misteriose effrazioni, sottrazione di documenti), il sommozzatore decide di mollare tutto e trasferirsi, ma non basta: il suo conto in banca viene bloccato, la sua auto sequestrata, e il detective privato cui egli si rivolge per cercare di capire qualcosa della situazione, il sagace Kline, non può che consigliargli di lasciare il Paese e cambiare identità. Ma Western è perseguitato da fantasmi ben peggiori, che lo seguiranno ovunque: quello di suo padre, fisico che partecipò al Progetto Manhattan per costruire la bomba atomica, e soprattutto quello di sua sorella Alicia, schizofrenica, geniale matematica suicidatasi in giovane età, con la quale forse Bobby intratteneva una relazione incestuosa.

Il penultimo libro di Cormac McCarthy (1933 – 2023) è in realtà una coppia di libri o, per meglio dire, visto il titolo della seconda parte, una stella binaria: a questo “Passeggero” segue infatti “Stella Maris”, che non mancherò di recensire. Ma partiamo dal “Passeggero”, e andiamo con ordine, perché la materia del libro è complessa e magmatica e non si presta a facili interpretazioni.

McCarthy, infatti, chiude la sua carriera con un romanzo enigmatico e sfaccettato, irrisolto e completamente privo di un centro narrativo, sfilacciato e a tratti decisamente criptico. Non che lo stile del grande Autore americano non brilli in tutta quella tagliente semplicità che ha caratterizzato l’intera sua opera; ma per questo libro, McCarthy sceglie di radicalizzare la propria propensione per il linguaggio tecnico e ci propone un’immersione nel gergo, volta a volta, dei sommozzatori professionisti, dei fisici, dei matematici, dei meccanici, con pagine di profonda erudizione ma anche di difficile comprensione per chi non sia più che addentro agli argomenti trattati, che vanno dalla trivellazione sottomarina alla teoria delle stringhe, dalla matematica delle matrici alla fisica nucleare alla messa a punto delle auto da corsa. E per ogni ambito toccato dal libro, la scrittura di McCarthy è perfetta, talmente perfetta da risultare specialistica (e non a caso la traduttrice italiana del romanzo, alla fine, è costretta a dichiarare una quantità di “debiti” nei confronti di vari consulenti, uno per ogni branca della conoscenza attraversata dai fitti dialoghi e dalle corpose pagine descrittive del libro).

Per carità, la capacità di rendere credibile ogni ambientazione e ogni snodo narrativo, di più, la capacità di far parlare ogni personaggio col suo gergo è indubbiamente da elogiare, e rimarca la bravura di un Autore che – piaccia o no – ha scritto titoli memorabili nell’ambito della letteratura americana contemporanea. “Il passeggero”, però, al di là della difficoltà del lettore medio ad afferrare certe linee di dialogo iper-specialistiche, sembra non riuscire in qualcosa di molto più importante: nel costruire un arco narrativo convincente.

Aperto da una delle scene più belle e agghiaccianti dell’intera opera di McCarthy, il ritrovamento dei cadaveri a bordo del JetStar precipitato in mare, sequenza visionaria e terrificante, meravigliosa nel suo orrore, il libro procede poi di dialogo in dialogo, di passaggio in passaggio, inframmezzando alle avventure del tormentato “wrong man” Bobby Western i racconti delle visioni da schizofrenica di sua sorella Alicia (dominate dalla figura inquietante e tragicomica del Talidomide Kid, malformato e sboccato), ma non approda letteralmente a nulla, come a sottolineare che l’esistenza probabilmente non ha uno scopo e che il fatto di avere – per forza di cose – un inizio e una fine non carica di particolare significato nessuno di quei due momenti, la nascita e la morte.

E così, anche la vicenda del passeggero scomparso non è che un dettaglio inesplicato tra i tanti di cui il libro è disseminato, un enigma destinato a rimanere senza spiegazione, anzi, un puro pretesto, un punto di partenza fallace come quello di arrivo, su un’isoletta spagnola non lontana da Ibiza; e l’amore tra Bobby e Alicia, vero cuore pulsante del romanzo, resta appena accennato, dolorosamente fuori campo, stilla di puro rimpianto tanto per il personaggio quanto per il lettore.

Certo, se si fa caso alla sottigliezza della scrittura, capace di farci capire, a un certo punto, che il passeggero del titolo non è tanto quello scomparso dall’aereo inabissatosi nel Golfo del Messico, quanto piuttosto il protagonista stesso, Bobby Western, che al pari di noi tutti non è che un “dettaglio passeggero” dell’esistenza sul pianeta Terra, e se si riflette sulla natura di passeggero (della mente di Alicia) dello stesso Talidomide Kid, allucinante personaggio partorito dalla mente di una schizofrenica, allora si contestualizza meglio il romanzo e si capisce il motivo di tante scelte dell’Autore. Ma resta il fatto che quella di Bobby Western, ricercato per motivi che gli sfuggono, e che sfuggono per forza di cose anche al lettore, è una fuga senza direzione, tra presente e passato, tra eventi che si svolgono lontano dal protagonista e senza che egli possa averne il minimo controllo e ricordi che lo assalgono (e ci assalgono) all’improvviso, senza contestualizzazione senza preavviso.

Metafora della vita stessa, certo, ma innegabilmente insoddisfacenti (e a tratti anche un po’ disoneste) per chi le legge, con passione e pazienza, le quasi quattrocento pagine del volume ci conducono, alla fine, non tanto al punto di partenza (magari!), quanto piuttosto – a tutti gli effetti – a un punto morto dal quale non c’è più possibilità di fuga. A meno che “Stella Maris”… 

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(Recensione scritta ascoltando Andrew Belle, “In my veins”)

PREGI:
una galleria di personaggi originali – dal bellissimo travestito Debussy al sardonico “Long” John Sheddan, dallo sfortunato Oiler alla stessa Alicia – i cui tratti, in puro stile McCarthy, emergono attraverso una serie di dialoghi serratissimi e, in questo caso, spesso molto tecnici, e alcuni squarci immaginativi e visionari non da poco (dalla scena iniziale, di cui s’è detto, all’incredibile personaggio del Talidomide Kid, ironica e graffiante proiezione psicopatologica che anima gli intermezzi dedicati ad Alicia e alla sua malattia

DIFETTI:
cocente delusione per chiunque in un romanzo cerchi anzitutto una trama (dissolta da McCarthy in una sequela di episodi che spesso non si legano tra loro, se non per lontani echi tematici e filosofici), “Il passeggero” è un libro che sembra chiedere troppo al lettore, una maionese che non si amalgama, un viaggio senza meta, una galleria di volti e di voci che – come tutto, nella vita – è destinata a svanire senza lasciare traccia. Innegabilmente affascinante, però, la capacità dell’Autore di servirsi di diversi linguaggi tecnici con incredibile proprietà e padronanza

CITAZIONE:
“Non siamo noi ad attraversare i giorni, ‘sere. Sono loro ad attraversare noi. Fino all’ultimo crudele scatto del dente di arresto.” (pag. 248)

GIUDIZIO SINTETICO: **

LEGENDA RECENSIONI
Sia per i libri che per i film, adotto nel giudizio sintetico il sistema Mereghetti, che va da 0 a 4 stelline: a 0, ovviamente, i giudizi più negativi, a 4 quelli più positivi, con tutti i possibili gradi intermedi…

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NON GIUDICABILE con i sistemi ìclassiciî di voto
PESSIMO
QUASI PESSIMO
BRUTTO
BRUTTINO
 
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**1/2
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***1/2
****
ACCETTABILE
DISCRETO
BUONO
MOLTO BUONO
CAPOLAVORO