LE ALTISSIME TORRI – Lawrence Wright

# 358 – Lawrence Wright – LE ALTISSIME TORRI (Adelphi, 2007, pagg. 589)

Come si è arrivati all’11 settembre 2001? Non tanto – o non solo – per quanto riguarda l’organizzazione e la realizzazione degli attentati, ma soprattutto per quanto concerne la forma mentis che ha portato alcuni individui a pianificare quell’incredibile, spaventoso attacco agli Stati Uniti in particolare e all’Occidente in generale, e altri individui a sacrificare le proprie stesse vite per realizzarlo. Com’è stato possibile? Da dove scaturiscono quella rabbia e quella follia omicida (e suicida)? Spiazzando il lettore, Lawrence Wright racconta una storia nuova, più profonda di quella che ci saremmo aspettati, con al-Qaeda e il Jihad e compagnia cantante. Wright, al contrario, getta lo sguardo molto più indietro nel tempo, al viaggio di Sayyid Qutb negli Stati Uniti (fine degli anni Quaranta) e ai libri di questo intellettuale del nuovo Islam, primo vero predicatore di una religione che doveva farsi anche modello politico, senza soluzione di continuità, in quell’osmosi tra pensiero religioso e giurisprudenza che si chiama sharia, la legge islamica, un codice comportamentale che entra in ogni interstizio dell’esistenza individuale e che, per intenderci, vieta alle donne di mostrare il volto, e guai se si vedono i capelli… Come hanno potuto i libri di Qutb – che dopotutto era un raffinato intellettuale e non certo un uomo violento – fungere da base (tra l’altro, “al-Qaeda” significa proprio “la Base”) per la nascita e la crescita di due generazioni di terroristi? Da dove sorgono le idee aberranti di quell’Hitler d’Arabia che è stato Osama bin Laden, e del suo degno vice, il dottor Ayman az-Zawahiri? Dalle origini, col pensiero di Qutb, attraverso la guerra dell’URSS in Afghanistan (vera “palestra” dei futuri jihadisti) e la successiva Guerra del Golfo, fino agli attentati degli anni ’90 contro il World Trade Center, le ambasciate americane a Nairobi e Dar es Salaam nonché contro le navi americane attraccate in porti arabi, Wright racconta i germi del terrore di matrice islamica e l’insufficiente risposta dell’Occidente in termini di intelligence e coordinamento delle risorse, che ha portato al tragico 11 settembre 2001.

Signore e signori, tutti in piedi, cortesemente, davanti a un libro così. Tutti in piedi ad applaudire un Autore che ha ottenuto uno dei più meritati Pulitzer della storia con una ricerca impressionante che fonde storiografia, giornalismo e narrativa, travasata interamente in quattrocentocinquantadue pagine (il resto sono note e indici) fiammeggianti, intense, sorprendenti, allucinanti e sbalorditive.

Cancellate tutto quello che credete di sapere sull’11 settembre, su al-Qaeda, sul mondo arabo: la lettura di questo libro vi aprirà a uno sguardo completamente diverso, vi porterà dentro quella complicatissima materia, dentro quegli anni di furore e di sofferenza, raccontando con eguale capacità tanto l’infanzia di Osama bin Laden (figlio di uno degli uomini più ricchi del mondo) e di Ayman az-Zawahiri (medico egiziano contagiato dal bacillo del Jihad, la “guerra santa” contro gli infedeli) quanto la brutalità dell’invasione sovietica dell’Afghanistan, tanto l’humus culturale nel quale sono cresciuti i futuri attentatori suicidi quanto gli ostacoli oggettivi, burocratici, tra i quali hanno dovuto muoversi le varie agenzie d’intelligence e di indagine americane, vittime del conflitto di poteri e di regolamenti fin troppo stringenti.

E ancora, scoprirete gli aspetti reali dell’Islam, non le mezze barzellette pubblicate perlopiù dai giornali, e scoprirete soprattutto le tante, tantissime facce di questa vasta, vastissima religione, che lungi dall’essere un monolitico blocco di pensiero è, al contrario, caratterizzata da una quantità di interpretazioni diverse, quella sciita, quella sunnita, quella wahhabita, e via dicendo. Scoprirete senza mezzi termini il senso profondo di un malessere, quello nato in Medio Oriente contro l’Occidente opulento, che i giornali, perlopiù, non hanno fatto altro che racchiudere in formulette stupide e titoli sensazionalistici.

Scoprirete, altresì, le figure di alcuni uomini – di una parte come dell’altra, arabi come americani – che a diverso titolo hanno giocato un ruolo cruciale nella strada che ha portato al più grave attentato della storia, uomini come il principe Turki, capo dei servizi segreti sauditi, moderato e intelligente, e come John O’Neill, agente dell’FBI umorale e testardo, fedifrago e donnaiolo, che per primo aveva capito la minaccia rappresentata da al-Qaeda senza però poterla fermare, anzi, finendo per trovarsi, l’11 settembre, proprio dentro una delle Twin Towers. E ancora, uomini come Ali Soufan, che indagò sull’attentato al cacciatorpediniere americano “Cole”, e come Omar Abd ar-Rahman, il terribile “sceicco cieco” che dalla sua cella negli Stati Uniti inneggiava al Jihad, e donne come Barbara Bodine, ambasciatrice americana nello Yemen, e Dina Corsi, analista della CIA sotto i cui occhi transitarono intercettazioni telefoniche e ambientali che forse avrebbero permesso, se correttamente interpretate e condivise, di prevenire il micidiale attacco all’America.

A Wright non interessa tracciare una storia degli eventi recenti, con la morte di Bin Laden e le guerre causate dall’attentato; gli interessa, viceversa, tracciare una sorta di archeologia di al-Qaeda e del jihadismo, una storia profonda, che scopra e sveli le vere ragioni di un odio che nasce molti decenni prima dell’11 settembre 2001, un odio del quale gli attentati al World Trade Center e al Pentagono non sono stati che il culmine.

Attraverso una miriade di interviste da lui stesso realizzate, e fruendo di una montagna di materiale documentario, Lawrence Wright impartisce una vera lezione di giornalismo e di divulgazione, o meglio, di narrativa. “Le altissime torri”, infatti, è a tutti gli effetti un libro di narrativa, ovviamente contaminato da elementi saggistici, ma capace – ed è, dal mio punto di vista, il suo principale merito – di svelare nessi tra cose e persone, nonché tra eventi anche lontani nel tempo, che il comune racconto giornalistico non riesce a cogliere, perché solo la narrativa e il cinema hanno questo potere. Il libro porta il lettore letteralmente, e senza pietà, dentro fenomeni complessi, chiarendone la maggior parte con ammirevole capacità di analisi e di sintesi.

Nessuna figura – compresi i terroristi – appare semplificata e incasellata in comode categorie di giudizio (“buono” – “cattivo”), ma tutte brillano per complessità, tutte, incredibilmente, sembrano avere o aver avuto le loro ragioni, ed è questo, dopotutto, l’elemento più allucinante, il sostrato più disperante e veritiero cui il libro, nel suo scavo, sembra approdare: la colpa e la giustizia sono fatti puramente umani, soggettivi e convenzionali, valutabili solo rispetto al punto di vista da cui li si osserva.

Solo il dolore – dei popoli, dei singoli individui – ha un che di universale, dall’Afghanistan martoriato dai sovietici e dai mujahidin, dai talebani e dagli americani, all’Iraq di Saddam, dall’Egitto e dall’Algeria piagati dagli attentati sanguinari dei Fratelli Musulmani (come dimenticare la strage di Luxor, in cui i jihadisti spararono sui turisti?) alla Palestina di oggi (ma anche di venti, trenta o quaranta anni fa, se è per questo), fino alla New York apocalittica dell’11 settembre 2001, alla Madrid sconvolta dell’11 marzo 2004, alla Londra ferita del 15 luglio 2005, alla Parigi scioccata del 13 novembre 2015 e alla Nizza martoriata del 14 luglio 2016,

Libro illuminante quanto pochi altri, “Le altissime torri” è un esempio straordinario, giustamente premiato col Pulitzer, di cosa succede quando il grande giornalismo incontra la grande narrativa, e quando qualcuno con le capacità scrittorie di Lawrence Wright decide che è il caso di vederci chiaro e di andare fino in fondo su un argomento.         

(Recensione scritta ascoltando The Smiths, “This Night Has Opened My Eyes”)

PREGI:
è un libro che non si legge, si divora! Anzi, il consiglio non è solo di leggerlo (come si sarà capito dalla recensione), ma anche di centellinarselo un po’, di lasciarlo sedimentare, di procedere per piccoli blocchi, onde lasciare il tempo a tutte le informazioni, i nomi, i volti, i caratteri, gli aneddoti e le incredibili rivelazioni di depositarsi nell’anima e germogliare sotto forma di rinnovata consapevolezza

DIFETTI:
la trattazione è approfondita all’estremo e indubbiamente non semplicissima, sia per la tanta geopolitica retrostante che per l’oggettiva complessità di determinate meccaniche. L’Autore, però, riesce veramente a parlare a tutti e, se non ci si fa spaventare dalla lunghezza, offre una lettura indimenticabile 

CITAZIONE:
“Al-Qaeda fu concepita nel punto d’incontro di due postulati: la Fede è più forte delle armi e delle nazioni, e il biglietto d’ingresso nella zona sacra in cui avvengono i miracoli è l’essere pronti a morire.” (pag. 155)

GIUDIZIO SINTETICO: ****

LEGENDA RECENSIONI
Sia per i libri che per i film, adotto nel giudizio sintetico il sistema Mereghetti, che va da 0 a 4 stelline: a 0, ovviamente, i giudizi più negativi, a 4 quelli più positivi, con tutti i possibili gradi intermedi…

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NON GIUDICABILE con i sistemi ìclassiciî di voto
PESSIMO
QUASI PESSIMO
BRUTTO
BRUTTINO
 
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**1/2
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***1/2
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ACCETTABILE
DISCRETO
BUONO
MOLTO BUONO
CAPOLAVORO