LE CORREZIONI – Jonathan Franzen

# 319 – Jonathan Franzen – LE CORREZIONI (Einaudi, 2014, ediz. orig. 2001, pagg. 599)

Enid Lambert, madre di tre figli che da anni hanno lasciato la casa natia, a St. Jude, cittadina del Midwest americano, e moglie di Alfred, ex-ingegnere che ha lavorato per una vita nelle ferrovie e ora è alle prese con una malattia neurologica progressiva, avrebbe un unico desiderio: celebrare un ultimo Natale nella casa di St. Jude con i figli e le loro famiglie, anzi, con una famiglia, perché dei tre figli solo il maggiore, Gary, è sposato con prole, e vanta un ottimo tenore di vita, grazie al suo impiego come dirigente in una banca. Chip, invece, è stato licenziato dal college nel quale insegnava per essere andato a letto con una vendicativa studentessa, mentre Denise, la figlia minore, è reduce da un matrimonio fallito con un famoso chef francese e oscilla tra l’attrazione per gli uomini sposati… e quella per le loro mogli. Cresciuti tutti e tre nel tranquillo Midwest, ma ormai trapiantatisi a Est e divenuti quasi incompatibili con il paese natio, i tre figli degli anziani e depressi coniugi Lambert sembrano altrettante immagini del fallimento: Gary lotta con le prepotenze di una moglie della quale pure è innamorato; Chip crede di sfondare come sceneggiatore a Hollywood, ma si ritrova a gestire siti web truffaldini per conto di un ex-politico lituano che vuole arricchirsi attirando nel suo Paese ricchi investitori americani; Denise ha la fortuna di trovare il lavoro dei suoi sogni, ma complica tutto intrecciando una relazione tanto col suo datore di lavoro quanto con la di lui moglie. Con queste premesse, cui si aggiunge il Parkinson galoppante del capofamiglia Alfred, marito autoritario e da sempre poco comunicativo, ma fondamentalmente corretto e fin troppo rigido, che frutti potrà mai portare l’ultimo Natale tutti assieme?

Datato 2001, uscito dunque poco prima di quello sconvolgimento mondiale (ma soprattutto americano) che fu l’11 settembre, questo romanzo di Jonathan Franzen si candida decisamente, per le intenzioni e il tipo di narrazione, al titolo di Grande Romanzo Americano. Saga familiare ben raccontata, con ellissi e flashback sapientemente dosati e distribuiti da un Autore indubbiamente bravo (e consapevole di esserlo), “Le correzioni” non si accontenta, però, di raccontare le vicende della famiglia Lambert, ma sembra voler dire qualcosa sull’intero Paese, sugli Stati Uniti e le loro mille contraddizioni, sul senso di colpa per il benessere diffuso e per la competitività liberistica e sull’imbarazzo delle classi agiate per il patriottismo tonitruante e conservatore di ampie fasce della popolazione.

Gli stati Uniti, in fondo, non sono che un’enorme provincia, ingenua e limitata, nella quale spiccano, qua e là, alcune grandi città proiettate sullo scenario internazionale e guardate da tutto il mondo con timore e ammirazione. L’ambizione di fondo del libro di Franzen, insomma, è molto elevata, e c’è da dire subito che l’Autore ha la capacità tecnica e affabulatoria di reggere questo immane peso. Il romanzo, infatti, si legge con piacere e, nonostante le dimensioni non propriamente contenute, si arriva alla fine senza difficoltà, trascinati da una verve narrativa che non conosce cedimenti, capace tanto di sfruttare i giusti snodi di trama quanto di mettere in risalto singoli e minuscoli dettagli, rivelatori di interi meccanismi di pensiero e d’azione.

Suddividendo il libro in lunghi capitoli ciascuno dei quali dedicato a sviscerare il carattere e la storia di uno dei figli dei Lambert, “Le correzioni” è quasi una raccolta di singoli romanzi che, in un unico volume, compongono il famigerato “affresco” (virgolette d’obbligo, visto l’abuso che la critica fa di questo termine, da sempre) di vita americana tra gli anni Settanta e i Novanta. E forse è proprio nel suo tempismo che questo fluviale romanzone trova il suo principale pregio perché, uscendo a ridosso di quel devastante attentato che avrebbe cambiato tutto, la storia del mondo ma anche la percezione degli Stati Uniti da parte degli altri Paesi, “Le correzioni” segna una sorta di punto di svolta, l’approdo di un certo modo di raccontare la cosiddetta american way of life, per non scomodare il fin troppo citato Sogno Americano.

Erede di una narrativa distesa e di ampio respiro, Franzen è oggettivamente un bravo scrittore, per quanto, leggendo, a volte possa capitare, a un lettore europeo, di abbassare il libro e sorridere di certe angosce e di certi drammi, nonché di certi cliché (la studentessa di college mangia-professori, eterna Lolita con cui gli americani sembrano costituzionalmente incapaci di fare i conti, ma anche la moglie wasp sostenuta e ricattatrice, che sembra presa di peso da una delle prime stagioni di “Beautiful”).

Insomma, noi europei non possiamo non sorridere di certe “americanate”, e un europeo che sia anche un buon lettore, cimentandosi con “Le correzioni”, non potrà evitare di osservare che il libro di Franzen, pur di buona qualità e spinto – a suo modo – alle estreme conseguenze, non fa che arrivare là dove inizia un qualunque romanzo di Michel Houellebecq o di Ian McEwan. Il che, se permettete, dice molto circa il carattere fondamentalmente ossessivo del popolo americano, prigioniero di un complesso di valori che permea ampi strati della popolazione, soprattutto negli Stati più rurali.

Il verbo correggere, del resto, ha senso solo in relazione a qualcosa di giusto (o presunto tale) entro cui riportare l’oggetto stesso della correzione: i propri figli, per esempio, le loro carriere lavorative, le loro scelte personali. In questo, il libro di Franzen va a fondo e ci regala uno spaccato di vita familiare americana di rara intensità, seppur giocato – come detto – su alcuni cliché, entrati nella coscienza collettiva soprattutto grazie al cinema.

Alfonso e Nicola Vaccari, “Lolita” (olio su tela)

Ora, se certe facili contrapposizioni non funzionano più di tanto (per esempio, quella tra la moralista Enid e la libertaria Caroline, la moglie di Gary, che cresce i figli con un permissivismo assoluto, regalando loro giocattoli da centinaia di dollari al minimo capriccio, e vive la famiglia come un gioco di alleanze, più che come un organismo da difendere e apprezzare nella sua totalità) e se qualche passaggio del racconto appare un po’ risaputo e non ingenera nel lettore alcuna particolare emozione, sia di empatia che di ripulsa, va però ammesso che la capacità dell’Autore di intrecciare le linee narrative è notevole, e che il quadro finale che emerge da questo romanzo che contiene diversi romanzi, da questa storia fatta di tante storie, è ampio e dettagliato, nitido e inciso come una xilografia, forse un po’ calligrafico nella sapienza (e nella freddezza) con cui gli elementi vengono dosati e distribuiti, e un po’ ingenuo nel tono di fondo, che non arriva mai a reali vette di provocazione o di spiazzamento, ma complessivamente più che godibile e capace di tenere avvinto il lettore per seicento pagine.

Se sia il favoleggiato “Grande Romanzo Americano” – creatura letteraria mitologica – non saprei dire; di certo, però, “Le correzioni” è un buon libro, e non è poco.   

(Recensione scritta ascoltando Noah Gundersen, “Day is Gone”)

PREGI:
piuttosto impietoso il confronto con il ben più tardo emulo Stephen Markley che, col suo “Ohio”, sembra aver voluto rifare “Le correzioni” post-11 settembre, con minor qualità letteraria e minor forza immaginativa. Il libro di Franzen ha una scrittura scorrevole e saporita, che si prende il suo tempo per scavare nei personaggi e, anche se non porta tutti i nodi al pettine, regala comunque emozioni senza mai cedere alla tentazione del simbolismo o della metafora

DIFETTI:
concettualmente, è un libro che non sorprende, anche per colpa del cinema, che ha sdoganato una quantità di cliché americani nel ritrovare i quali il lettore europeo non può evitare di sorridere. Un po’ lungo ed esasperato qualche passaggio (la convention dell’azienda farmaceutica, la situazione a casa di Gary) 

CITAZIONE:
“La correzione, quando alla fine arrivò, non fu lo scoppio improvviso di una bolla di sapone, ma un lento declino, un anno di piccole perdite sui mercati finanziari più importanti, una contrazione troppo graduale per fare notizia e troppo prevedibile per danneggiare seriamente qualcuno a parte gli sciocchi e i lavoratori poveri.” (pag. 593)

GIUDIZIO SINTETICO: ***

LEGENDA RECENSIONI
Sia per i libri che per i film, adotto nel giudizio sintetico il sistema Mereghetti, che va da 0 a 4 stelline: a 0, ovviamente, i giudizi più negativi, a 4 quelli più positivi, con tutti i possibili gradi intermedi…

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NON GIUDICABILE con i sistemi ìclassiciî di voto
PESSIMO
QUASI PESSIMO
BRUTTO
BRUTTINO
 
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**1/2
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***1/2
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ACCETTABILE
DISCRETO
BUONO
MOLTO BUONO
CAPOLAVORO