LE SCHEGGE – Bret Easton Ellis

# 351 – Bret Easton Ellis – LE SCHEGGE (Einaudi, 2023, pagg. 737)

Los Angeles, ai giorni nostri: l’incontro casuale tra Bret Easton Ellis e la sua vecchia compagna di scuola Susan Reynolds, che lo scrittore scorge a un semaforo mentre viaggia in automobile e alla quale non rivolge neppure un cenno, scatena un’ondata di ricordi relativi al terribile autunno del 1981, quando Ellis, allora diciassettenne, si apprestava a prendere il diploma e a salutare un’intera fase della propria vita. Bret e i suoi amici Susan, Debbie, Thom e Matt, nell’autunno del 1981, fecero la conoscenza di un nuovo, inquietante compagno di scuola, Robert Mallory, dal passato oscuro e forse affetto da turbe psichiche. Gli amori adolescenziali e i progetti di vita durante l’ultimo anno di scuola iniziano così a fondersi coi sospetti nutriti in particolare da Bret su Robert Mallory, e a fare da terrificante sfondo a questa sorta di “Melrose Place” ante litteram sono i delitti di un serial killer chiamato “Pescatore a Strascico”, che sembra aver preso di mira proprio gli adolescenti di buona famiglia nella Los Angeles del 1981. E come se non bastasse, per i boulevard e i quartieri della sconfinata città si aggira, in quel rovente autunno, anche una setta di hippies fusi di testa, che si battezza “Cavalieri dell’Oltretomba” e si diletta a sequestrare e uccidere in maniere orribili gli animali domestici delle persone. In tutto questo, come potrà gestire il povero Bret la scoperta della propria omosessualità e la fine dell’adolescenza, quell’età a volte dannata ma, soprattutto per chi vive a Bel Air o a Beverly Hills e frequenta la prestigiosa Buckley School, dorata e priva di responsabilità?

Partiamo dalla fine, per cercare di capire qualcosa dell’ultima monumentale fatica di Bret Easton Ellis, scrittore che non ho mai particolarmente amato ma a cui va riconosciuta la capacità di ottenere un successo planetario con romanzi come “Meno di zero”, “Glamorama” e, soprattutto, “American Psycho”. Partiamo dalla fine perché per seicento e passa pagine non si capisce, di fatto, quale sia il fulcro di questo smisurato romanzo, di questa saga adolescenziale attraversata da droghe ed esperimenti sessuali, da violenza e seduzione, da inganno e disarmante sincerità. Ebbene, a mio parere il cuore pulsante de “Le schegge” (che peraltro ne spiega il criptico titolo) è l’ultimo, fiammeggiante centinaio di pagine, un vero e proprio scoppio di violenza, un’esplosione che proietta i protagonisti nel mondo come le schegge di una bomba, lontani e impossibilitati a riunirsi, a meno che, misteriosamente, non si inverta l’entropia dell’universo e l’esplosione non si riavvolga per ricostituire un impossibile ordine primigenio, un’impossibile illusione: la giovinezza, la spensieratezza dei diciassette anni, quando tutte le strade sono ancora possibili, quando niente era ancora deflagrato con la violenza dell’età adulta, delle scelte di vita e della distanza fisica ed emotiva.

In questo, il maxi-romanzo di Ellis riesce indubbiamente a trasmettere qualcosa al lettore: il senso, lancinante, di una perdita – la perdita dell’innocenza e delle illusioni giovanili. Tema certo non nuovo, anzi, comune a moltissima letteratura americana, ma affrontato con indubbio piglio da uno scrittore prolisso ma anche misteriosamente efficace nel tratteggiare caratteri e relazioni, purché si sia disposti a calarsi in una realtà come quella americana, molto diversa da quella europea in generale e italiana in particolare.

La scrittura di Ellis ha una consistenza strana, viscosa e avvolgente, e sembra far procedere la storia con una studiatissima lentezza, come se – giustappunto – l’intenzione dell’Autore fosse quella di caricare il più possibile la molla che genererà la deflagrazione finale, frutto di una tensione fattasi ormai insostenibile. Tensione che riguarda le scelte sessuali del protagonista, fidanzato con Debbie ma assai più attratto dagli amici Matt, Ryan e Thom; tensione che riguarda soprattutto il nuovo arrivato Robert Mallory, figura ambigua e inquietante, polo attrattivo e minaccioso allo stesso tempo, che sotto lo splendido aspetto che conquista le ragazze con un saluto e un sorriso cela forse una natura selvaggia e inconfessata.

Figura quasi burroughsiana, Robert è il perno narrativo dell’intero libro, il “wrong man” di hitchcockiana memoria che sconvolge gli equilibri e genera l’azione, portando a conseguenze spaventose per tutti o quasi. E Bret, voce narrante e personaggio, Autore e protagonista al tempo stesso, esposto in una disarmante prima persona che sa tanto di romanzo autobiografico (salvo dichiarare alla fine che tutto è frutto d’invenzione e che, a parte il protagonista, tutti gli altri personaggi non sono realmente esistiti), Bret è il personaggio che maggiormente risente gli effetti dell’esplosione finale: diventato scrittore di enorme successo, non può evitare di tornare col ricordo agli amici perduti, a un’età, ormai lontana, nella quale ogni cosa poteva avere i crismi della scoperta, poteva significare davvero qualcosa.

Epopea adolescenziale dichiaratamente fittizia nei fatti (il Pescatore a Strascico è un serial killer mai esistito, e l’intreccio romanzesco è interamente inventato), “Le schegge” sembra celare un cuore profondamente vero proprio nella scelta del suo Autore di mettersi in scena senza remore e senza freni, a nudo, raccontando la scoperta della propria omosessualità senza nasconderne gli imbarazzi e le delusioni, i sotterfugi e i dubbi, ma lasciando, alla fine, troppe zone oscure e troppe trame irrisolte, avviando col lettore un gioco (al massacro) che riesce solo in parte, affogato un po’ dalla sua stessa lunghezza (737 pagine sono davvero troppe), un po’ dal continuo (e fondamentalmente fastidioso) citazionismo di musica anni ‘80 e un po’, infine, dalla paradossale sbrigatività di un finale che, se non delude sul piano del ritmo, certo non soddisfa tutte le curiosità che il libro ha saputo ingenerare nel lettore.

(Recensione scritta ascoltando i Cigarettes After Sex, “Apocalypse”)

PREGI:
lo stile è preciso all’inverosimile e un po’ ripetitivo, facendo somigliare la scrittura a una sostanza viscosa che si allarga piano piano e assorbe inesorabilmente il lettore come la resina con una mosca che vi si sia posata sopra. Il risultato è un libro che, in qualche modo, “tira dentro” e trattiene il lettore, per poi cacciarlo fuori brutalmente con un finale violentissimo (e un po’ troppe domande in sospeso)

DIFETTI:
se le parti descrittive sono spesso ben riuscite e sanno trasmettere, anche a lettori distantissimi dalla Los Angeles dei primi anni ‘80, le atmosfere di un mondo scatenato e dorato, tra Hollywood e Sherman Oaks, tra Bel Air e Malibu, molti dialoghi sono sinceramente brutti e sconcertantemente ripetitivi e bloccati su continue domande e su pedanti richieste di chiarimento che, peraltro, non chiariscono mai un bel niente. Piccola curiosità: ma quanto cacchio dovevano essere diffuse a Los Angeles nel 1981 le “sigarette ai chiodi di garofano”, citate ogni tre pagine?! Chi le ha mai sentite, dalle nostre parti!? 

CITAZIONE:
“Quel giovedì tutto sembrava come un sogno […] e tutti noi eravamo consapevoli di stare nello stesso film anche se ognuno di noi desiderava un finale diverso.” (pag. 659)

GIUDIZIO SINTETICO: **½

LEGENDA RECENSIONI
Sia per i libri che per i film, adotto nel giudizio sintetico il sistema Mereghetti, che va da 0 a 4 stelline: a 0, ovviamente, i giudizi più negativi, a 4 quelli più positivi, con tutti i possibili gradi intermedi…

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NON GIUDICABILE con i sistemi ìclassiciî di voto
PESSIMO
QUASI PESSIMO
BRUTTO
BRUTTINO
 
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**1/2
***
***1/2
****
ACCETTABILE
DISCRETO
BUONO
MOLTO BUONO
CAPOLAVORO