LECTIO BREVIS / 174

Testi, pre-testi, divagazioni e spunti minimi intorno a libri letti, riletti, sfogliati

A cura di Roberto Mandile

PUNTATA 174
FENOMENOLOGIA DEL FANATICO
Ritratti di maniaci, invasati e ciarlatani (religiosi e non)

William Somerset Maugham – PIOGGIA (1921)

Di cosa parla: I viaggiatori di una nave, giunta nel porto di Pago Pago, nell’arcipelago delle Samoa, sono costretti a una quarantena a causa di un’epidemia di morbillo scoppiata sull’isola. Tra di loro ci sono il dottor McPhail e sua moglie e i coniugi Davidson, una coppia di missionari fanatici. Mentre sull’isola si scatena una pioggia torrenziale, i quattro trovano un alloggio di fortuna in una locanda, presso la quale, come scopriranno presto, è stata ospitata anche Miss Thompson, una giovane viaggiatrice di seconda classe, una prostituta che sta cercando di scampare al suo passato: per Mr Davidson diventerà una questione indifferibile far di tutto per salvare l’anima della ragazza…

Commento: “Non era la pioggerella inglese, che cade gentilmente sulla terra; era una pioggia spietata, in qualche modo terribile; ci sentivi la malignità delle forze primordiali della natura”. Le considerazioni che, all’inizio del racconto, Maugham riferisce al dottor McPhail sono l’espressione del punto di vista equilibrato di un uomo che, colpito dai violenti acquazzoni che si abbattono sulla località esotica in cui è approdato, si trova a fare i conti con una realtà “primitiva”, nella quale i codici etici, le linee di lettura di cui egli dispone non valgono o non servono più. La razionalità scientifica della quale il medico è inevitabilmente impregnato si scontra presto con il fanatismo dei Davidson che non solo non si confrontano con la realtà altra del mondo in cui si trovano ma obbediscono alla loro cieca religiosità per far indossare a quella stessa realtà una sorta di camicia di forza. Ma la figura più interessante è senz’altro Miss Thompson (con il suo nome Maugham aveva intitolato, originariamente, il racconto). La giovane prostituta è come il punto di congiunzione tra i due mondi, le due civiltà: estranea alla cultura locale ma al tempo stesso capace di adattarsi ad essa in nome della sua prorompente vitalità (di lei ci si accorge perché dalla sua stanza si ode il suono del grammofono con il quale ella accompagna i suoi festini), Miss Thompson sembra essere l’unica in grado di scendere a patti con la realtà. Nel conflitto che la opporrà a Mr Davidson, l’autore arriva così a dirci che l’allontanamento, volontario o no, dal nostro mondo porta in ogni caso a scontrarsi con forze ostili che è impossibile (e comunque controproducente) pretendere di controllare. Come la pioggia che cade insistentemente e di fronte alla quale – sono ancora i pensieri del dottor McPhail – “d’un tratto ti senti impotente, come se ti si fossero d’improvviso ammollite le ossa”.

GIUDIZIO: ***

Bernard J.Farmer – LA MORTE MISTERIOSA DI UN LIBRAIO A LONDRA (1956)

Di cosa parla: Mike Fisk è un collezionista di libri rari. Una sera viene riaccompagnato a casa, ubriaco, dal sergente Wigan, il quale resta colpito dalla biblioteca dell’uomo. I due diventano amici e anche Wigan comincia ad appassionarsi ai libri antichi. Ma poco tempo dopo Fisk viene rinvenuto cadavere nella sua libreria: nottetempo qualcuno lo ha ammazzato con un coltello. Wigan ottiene il permesso di partecipare alle indagini sull’omicidio, che porteranno gli investigatori ad aver a che fare con il mondo dei librai e dei collezionisti, uomini e donne che farebbero di tutto per un volume introvabile o una prima edizione preziosa…

Commento: “Voi bibliofili siete persone complicate. Alcuni sono disposti a tutto per ottenere ciò che vogliono”. Siamo verso la fine del libro e le parole del sergente Wigan, per quanto tardive, fotografano bene il sottobosco tanto elitario quanto losco dei collezionisti di libri rari. E dire che di prove in questo senso ce n’erano a bizzeffe nelle pagine precedenti (Wigan spicca per determinazione e senso della giustizia ma non per acume): dalla facilità con cui i bibliofili ricorrono alla violenza (c’è chi non esita nemmeno a ricorrere, in un luogo pubblico, alle rasoiate in faccia ai concorrenti!) fino alla (bizzarra?) passione per l’occultismo e la magia nera della vittima, di cui, pure, il poliziotto non cessa, per tutto il libro, di proclamarsi amico. A ben vedere, il lato più interessante del romanzo è il tentativo di Wigan di salvare dalla forca colui che le frettolose indagini ufficiali e il successivo (e un po’ sommario) processo hanno individuato, sulla base di prove indiziarie, come colpevole del crimine. Per il resto, sebbene la lettura scorra senza intoppi, i difetti e le forzature sono evidenti e riguardano innanzitutto i personaggi, a partire dallo stesso Wigan, che, a poche ore dall’esecuzione e con il vero omicida che finalmente ha confessato, si fa rimbrottare dal detective improvvisato che lo ha aiutato fin lì per un eccesso di scrupolo burocratico. Ancora meno credibile è il ritratto che emerge, nel finale, dell’assassino, nei confronti del quale tutti sembrano fare a gara di comprensione. Quasi impossibile trovare notizie sull’autore o su altri suoi libri.          

GIUDIZIO: *½

PRE-TESTI, DIVAGAZIONI
E SPUNTI MINIMI

Il fanatismo, anzi i fanatismi hanno origini antichissime. Come la religione. O come una parodia della religione, circostanza, quest’ultima, tanto più facile, nel mondo antico, non cristiano, specie quando i Romani decisero che, in nome del riconoscimento della loro supremazia, ogni forma di culto (o quasi) poteva essere tollerata. Di certo, però, agli occhi di Luciano di Samosata, scrittore greco (nato però in una regione della Turchia vicinissima alla Siria: il siriaco era la sua lingua madre, il greco lo imparò a scuola), non poteva sfuggire il caso di un filosofo-predicatore che, mosso dall’ambizione di diventare immortale facendo parlare di sé, non esitò a darsi fuoco in pubblico, nel 165 d.C. nei pressi di Olimpia. Il gesto folle di Peregrino o Proteo – così si faceva chiamare l’uomo – non sfuggì alla penna ironica e “illuminista” di Luciano, che alla sua morte dedicò un libello satirico. Peregrino, convertitosi dapprima al cristianesimo per raggirare i cristiani e poi autoproclamatosi cinico, è il prototipo del ciarlatano (“sarebbe stato un perfetto imbonitore televisivo se solo avesse avuto idea di cosa fosse una telecamera o anche, beninteso, una pagina di giornale” ha scritto Franco Montanari).
Così ne introduce la figura Luciano, all’inizio del suo pamphlet:

“Lo sciagurato Peregrino, o, come egli stesso amava chiamarsi, Proteo, è andato proprio incontro allo stesso destino del Proteo omerico: dopo aver assunto ogni forma per raggiungere la notorietà e aver compiuto mille trasformazioni, alla fine è diventato anche fuoco: a tal punto era posseduto dal desiderio di fama. E adesso qual brav’uomo ti si è carbonizzato come Empedocle, salvo che quest’ultimo si è sforzato di passare inosservato mentre si gettava nel cratere, l’altro invece, questo nobiluomo, avendo atteso la più affollata delle feste greche, accatasta una pira enorme e vi si getta sopra dinanzi a tanti testimoni, dopo aver tenuto alcuni discorsi ai Greci non molti giorni prima dell’impresa”.

Sempre nel II secolo d.C., un altro autore greco, il filosofo Celso (qualcuno lo dice amico proprio di Luciano, ma della sua vita sappiamo troppo poco), scrive una delle opere più organiche contro il cristianesimo – ne abbiamo solo una parte, conservata grazie alla confutazione fatta, nel secolo successivo, da Origene. I cristiani sono visti, coerentemente con una visione che all’epoca troviamo attestata anche presso altri intellettuali, come una vera e propria setta (Svetonio, biografo di imperatori romani, li aveva definiti “una genia di uomini appartenenti a una setta superstiziosa nuova e malefica”). Tra le argomentazioni a sostegno della sua tesi, Celso ne porta una che rivela come la religione, per i non credenti, possa sempre suonare come espressione di fanatismo:

“I poteri che i Cristiani sembrano possedere si basano sulla conoscenza dei nomi di certi demoni e sugli incantesimi. Grazie alla magia, del resto, lo stesso Gesù fu in grado di operare quei miracoli che si ritenne operasse. E non solo. Egli previde che anche altri, in possesso degli stessi insegnamenti, avrebbero fatto altrettanto acquistando il potere di operare grazie a un potere divino. Ma costoro son da lui banditi dalla sua comunità. Ora, se li bandisce a buon diritto, egli, dal momento che è anch’esso reo delle stesse colpe, è un uomo perverso; se invece non è perverso pur operando così, non lo sono nemmeno coloro che fanno come lui”.

Testi citati
Luciano di Samosata – LA MORTE DI PEREGRINO – traduzione di Andrea Barabino (170 circa d.C.)
Celso – CONTRO I CRISTIANI – traduzione di Salvatore Rizzo (178 circa d.C.)

LEGENDA RECENSIONI
Sia per i libri che per i film, adotto nel giudizio sintetico il sistema Mereghetti, che va da 0 a 4 stelline: a 0, ovviamente, i giudizi più negativi, a 4 quelli più positivi, con tutti i possibili gradi intermedi…

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NON GIUDICABILE con i sistemi ìclassiciî di voto
PESSIMO
QUASI PESSIMO
BRUTTO
BRUTTINO
 
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**1/2
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***1/2
****
ACCETTABILE
DISCRETO
BUONO
MOLTO BUONO
CAPOLAVORO