# 273 – Charles Duff – MANUALE DEL BOIA (Adelphi, 1981, ediz. orig. 1928, pagg. 159)
Arguto e intelligente pamphlet contro la pena di morte comparso per la prima volta in Inghilterra nel 1928, il libro si presenta come una antifrastica difesa della figura del boia (dipendente pubblico a tutti gli effetti, nel Regno Unito, al pari di bibliotecari e vigili urbani) la cui plurisecolare, se non millenaria cultura rischia di scomparire sotto le spinte abolizioniste dei progressisti. L’Autore si diverte a mescolare le proprie considerazioni a citazioni di articoli di giornale, ai testi autobiografici di alcuni celebri boia inglesi e alle dichiarazioni pubbliche di uomini politici, e condisce il tutto con una ricca aneddotica della “morte giudiziaria” che va dalle impiccagioni britanniche alle condanne dei gerarchi nazisti a Norimberga, dalla terribile sedia elettrica americana alla ghigliottina francese, troppo presto sdoganata, forse, come mezzo “umano” per somministrare la pena capitale. Ma ha davvero senso questa pena estrema? È realmente un deterrente per i peggiori reati che un essere umano possa commettere? Cifre alla mano, si direbbe di no…
Ricorrendo al più classico degli strappi alla regola, mi dedico questa settimana, prima di salutare per una breve pausa estiva i miei ventiquattro lettori (venticinque sono troppi, poi non riesco a gestirli!), non già a un libro di narrativa, bensì a un pamphlet socio-politico, scritto con arguzia tutta britannica da un Autore che adotta una tecnica ben nota: l’apologia di ciò che si vuol stigmatizzare, in questo caso la pena di morte, più ancora che il mestiere di boia, che in sé, per quanto possa apparire allucinante (nella storia, pare siano esistiti dei boia che, senza batter ciglio, hanno soppresso migliaia di persone), trae anche una evidente giustificazione dalla necessità di certe epoche storiche di comminare pene capitali a mani basse.
Insomma, chi si è formato come boia, nell’Inghilterra di un passato neanche tanto lontano, non ha certo fatto un cattivo affare! Il lavoro non è mai mancato ai vari Mr. Berry, Mr. Ellis, Mr. Calcraft e via almanaccando. Duff, però, più che chiedersi come facciano i boia a uccidere con metodo e freddezza (per esempio, calcolando l’esatta lunghezza che deve avere la corda in un’impiccagione per spezzare seccamente il collo al condannato e farlo soffrire il meno possibile, evitandogli la lenta morte per strangolamento) si interroga sul senso dell’omicidio di Stato, sulle motivazioni per cui le società umane hanno ritenuto tutte, più o meno, di dover rispondere alla violenza con la violenza, all’assassinio con l’assassinio. Non solo: la denuncia di Charles Duff riguarda soprattutto la futilità di certi reati ancora puniti ai suoi tempi, in Inghilterra, con la pena capitale, e sottolinea (argomento attuale quant’altri mai) il potere assunto dai periti in sede processuale, laddove le perizie scientifiche – che possono portare, appunto, alla condanna alla pena di morte – si rivelano in non pochi casi fallaci ed errate. Come “risarcire” un condannato rivelatosi innocente, quando gli si sia già stirato il collo con una corda lunga sette piedi approntata dall’abile Mr. Berry? E come giustificare gli errori dei boia, che hanno portato, in non pochi casi, a decapitazioni per via di corde dalla corsa troppo lunga o, al contrario, a lenti e terribili strangolamenti per via di cadute troppo brevi? Chi può decidere se il condannato abbia sofferto o meno?
E non c’è una profonda ipocrisia nel volere la morte di qualcuno a titolo di (presunto) risarcimento alla società per i delitti commessi, ma nel rifiutarne decisamente l’agonia, cercando metodi sempre più “umani” per risolvere la faccenda? È “umana” la ghigliottina, a fronte di tante testimonianze di persone che hanno visto le teste spiccate dai corpi indugiare in lunghe smorfie di dolore per parecchio tempo dopo essere cadute nella celebre cesta che veniva collocata al di sotto del meccanismo? Ed è “umana” la sedia elettrica, che ha fatto prendere fuoco a più d’un condannato per via di difetti tecnici dell’apparecchiatura o di una scarsa umidificazione degli elettrodi?
Se i movimenti per l’abolizione della pena di morte esistono già un po’ in tutto il mondo quando Duff scrive il suo libello, e si moltiplicano negli anni che vanno dalla prima alla seconda edizione, datata 1947, è altresì vero che l’Autore deve fare i conti con le autorevoli posizioni di uomini politici, medici e giuristi che nella pena di morte insistono a vedere l’unico vero baluardo della civiltà nei confronti del crimine e della malvagità. A tratti divertente e quasi comico, “Manuale del boia” sa anche essere terribile e spietato non solo nei confronti della pena di morte, ma anche nei confronti del lettore, cui non risparmia scene grandguignolesche (del resto rigorosamente vere e documentate) e considerazioni ficcanti, sempre filtrate da quell’ineffabile elemento di cui gli inglesi dicono di essere maestri, ma che non mancava neppure nel mondo antico (basti pensare a un Luciano di Samosata, a un Apuleio, a un Marziale): l’ironia, vera e indiscussa protagonista, accanto alla forca, di tutto il libro, amalgama unico e ben dosato che tiene insieme questa galleria di assassini legalizzati e presunti pericoli per la società.
(Recensione scritta ascoltando Julia Andersson, “Svävar”)
PREGI:
perfetta consapevolezza del registro stilistico e sottile ma palpabile ironia fanno di questo libriccino un piccolo gioiello di comicità tragica, un pamphlet alla Luciano di Samosata, un’opera che nasconde la sua virulenza sotto una accurata e ben costruita patina di very british understatement
DIFETTI:
posto che si sia interessati al tema, piuttosto spinoso, non si ravvisano particolari difetti, eccetto il fatto – inevitabile – che si tratta di un libro a tesi, fondamentalmente ideologico anche se abile a celare la sua impostazione progressista sotto una sapiente coltre d’ironia. Inevitabile una certa aneddoticità
CITAZIONE:
“Un fatto emerge: l’uomo non è diventato meno crudele col passare di quella cosa illusoria che si chiama tempo, anche se in quasi tutte le parti del mondo è diventato molto più ipocrita di quello che era.” (pag. 17)
GIUDIZIO SINTETICO: ***
LEGENDA RECENSIONI
Sia per i libri che per i film, adotto nel giudizio sintetico il sistema Mereghetti, che va da 0 a 4 stelline: a 0, ovviamente, i giudizi più negativi, a 4 quelli più positivi, con tutti i possibili gradi intermedi…