MEMORIE DI ADRIANO – Marguerite Yourcenar

# 272 – Marguerite Yourcenar – MEMORIE DI ADRIANO (Einaudi, 1984, ediz. orig. 1951, pagg. 317)

In una lunga lettera-memoriale rivolta al nipote e futuro Imperatore Marco Aurelio, nella cui riflessività egli ritrova sé stesso, l’ormai sessantenne Adriano, malato e prossimo alla fine, rievoca la sua straordinaria carriera nello Stato romano: da semplice provinciale (era nato in Spagna, a Italica, e non vantava particolari quarti di nobiltà) con abnegazione e costanza era diventato il delfino del rude Imperatore Traiano, militare tutto d’un pezzo impegnato allo spasimo per estendere il più possibile, e difendere, i confini di un Impero già immenso. Nonostante una certa diffidenza per le sue propensioni allo studio, all’arte e ai giovani di bell’aspetto, Traiano, in punto di morte e non senza la spinta di sua moglie Plotina, sua fervente ammiratrice, si era deciso a nominare Adriano suo erede, dando così il via a un ventennio di regno oculato e prudente, più conservativo che espansionistico, a suo modo moderno e consapevole, illuminato e lungimirante. Non privo di contraddizioni e di durezze, Adriano ha la forza di giudicare il suo operato col distacco dello studioso più che con la partecipazione del politico o del militare – ruoli che pure ha, ovviamente, dovuto ricoprire. E rivolgendosi a un futuro successore ancora giovane, gli affida la saggezza maturata in due decenni di regno, tra sedizioni e rivolte, guerre di religione e intrighi di palazzo.

Difficile e raffinato, “Memorie di Adriano” non è un libro che si faccia inquadrare facilmente. Frutto di diversi decenni di paziente lavoro di ricerca e stesura (la Yourcenar lo iniziò, molto giovane, nel 1924 per darlo alle stampe in prima edizione solo nel 1951), è un romanzo privo di accadimenti, una lunghissima lettera ai posteri stilata da un uomo morente ma ancora perfettamente lucido, pieno di ricordi e, forse, di rimpianti, un uomo che si è trovato a guidare il mondo, un uomo diviso tra la passione per la raffinata cultura greca e la voglia di comandare, di essere rispettato come leader e come militare. Ambizioso e cupo, lucido e a tratti autoassolutorio, innamorato del suo mondo e preoccupato per esso, l’Adriano di Marguerite Yourcenar è un personaggio (storico) a tutto tondo, uno dei più perfetti che la penna di uno scrittore abbia mai saputo tratteggiare, pur nella scelta di uno stile che, volutamente, non sempre si sposa col modo romano di pensare e di scrivere.

Certo, Adriano avrebbe scritto un simile memoriale in greco, la sua lingua preferita, ma la Yourcenar – giustamente – non si preoccupa troppo della verosimiglianza linguistica (il romanzo è scritto in francese) quanto piuttosto della plausibilità di personaggi e situazioni, e riesce in questo senso a costruire un gioiello evocativo, un romanzo dal tessuto denso, fitto e continuo dal quale Adriano emerge meglio di come potrebbe mai emergere dalle pagine di un saggio storico o archeologico, perché a tratteggiarlo è il tocco poetico e letterario di una scrittrice di indubbia cultura e sensibilità, una scrittrice che ha saputo calarsi in maniera praticamente perfetta nelle membra, dapprima agili e forti e infine malate e cadenti, del suo protagonista, e ha utilizzato la penna come strumento radiografico, come attrezzo attraverso il quale far emergere il fondo più “vero” (e quindi non necessariamente vero in senso cronachistico) del personaggio Adriano, di questo Imperatore colto e raffinato, non amante della guerra come il suo predecessore ma rispettoso nei confronti dell’esercito, amato dalle truppe e dai pretoriani, idolatrato dalle popolazioni sottomesse per via del tocco gentile, del rispetto per i culti e le culture locali, della capacità di dialogare.

Quello che emerge è il ritratto di un uomo complesso e moderno, un uomo che ci racconta il suo mondo – l’Impero Romano a poco più di un secolo dalla nascita – con una vividezza e una proprietà uniche, tanto che si viene tentati spesso di considerare storico ogni sviluppo di trama, ogni dettaglio, ogni citazione e ogni considerazione. Non è così, ovviamente: a parlare è l’abile penna di Marguerite Yourcenar, sorretta da decenni di studi minuziosissimi, e il risultato è un libro che non somiglia a nessun altro, se non forse a una specie di “Recherche” ambientata nel mondo antico, un libro spettrale e calcolatissimo, senza una parola fuori posto, senza un dettaglio che non venga da una fonte ben precisa, dichiarabile e rintracciabile.

Privo di una trama propriamente detta (in fondo Adriano non fa che rievocare i fatti che l’hanno portato sul trono e, poi, le campagne militari e le iniziative che hanno caratterizzato il suo regno, nonché gli amori, perlopiù omosessuali, che l’hanno accompagnato nel corso degli anni), il libro è piuttosto una confessione filosofica, un testamento politico e spirituale immaginario ma plausibile, diabolico nella sua capacità di contrabbandarsi per autentico, dolce e malinconico nel suo riflettere sulla vita e sulla morte, abilissimo nel giocare sugli echi e sulle differenze tra il mondo di Adriano e il nostro: basti pensare ai conflitti di religione e al modo di pensare la morte e il potere, l’amore e l’ambizione.                       

(Recensione scritta ascoltando Damien Rice, “I Remember”)

PREGI:
rinunciando del tutto al discorso diretto (il libro non contiene dialoghi: scelta saggia, risulterebbero fatalmente un po’ fasulli), la Yourcenar costruisce un meccanismo narrativo perfetto e levigato, un concerto per voce sola dominato dalla figura allo stesso tempo umana e titanica di Adriano, un libro dallo stile impeccabile che fonde saggismo e narrativa in un equilibrio veramente ben riuscito   

DIFETTI:
molto consapevole di sé e della propria efficacia, è un racconto che non può non piacere ai classicisti, per la perizia con cui evoca il mondo antico, senza didascalismi e senza abbellimenti, ma anche senza luoghi comuni. La lettura, però, così dominata dalla riflessione e dal ricordo, ha poco ritmo e funziona bene solo nei confronti dei lettori fortemente interessati alla figura del protagonista o all’ambientazione antica. Inoltre, l’Adriano di Marguerite Yourcenar è forse un filo troppo progressista per essere convincente fino in fondo (vedi le opinioni sulle donne e sulle religioni)    

CITAZIONE:
“Ripresi gli studi di anatomia, tentati appena nella mia giovinezza […]: mi aveva riafferrato la curiosità di quelle zone intermedie dove l’anima e la carne si confondono, dove il sogno si adegua alla realtà, e a volte la previene, dove la vita e la morte si scambiano attributi e sembianze. […] Se le anime possiedono una loro identità propria, possono scambiarsi, andare da un essere a un altro, come la parte d’un frutto, come il sorso di vino che due amanti si passano in un bacio?” (pag. 171)

GIUDIZIO SINTETICO: ***½

LEGENDA RECENSIONI
Sia per i libri che per i film, adotto nel giudizio sintetico il sistema Mereghetti, che va da 0 a 4 stelline: a 0, ovviamente, i giudizi più negativi, a 4 quelli più positivi, con tutti i possibili gradi intermedi…

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NON GIUDICABILE con i sistemi ìclassiciî di voto
PESSIMO
QUASI PESSIMO
BRUTTO
BRUTTINO
 
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**1/2
***
***1/2
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ACCETTABILE
DISCRETO
BUONO
MOLTO BUONO
CAPOLAVORO