# 43 – Pier Vittorio Tondelli – PAO PAO (Feltrinelli, 2013, ed. orig. 1982 – pag. 185)
L’anno di servizio militare – tra l’Umbria e Roma – per un gruppo di svogliate reclute si trasforma in una sarabanda di amori e amorazzi (anche e soprattutto omosessuali), di separazioni e reincontri, di bagordi in barba ai superiori e alle regole di caserma, il tutto però in una salsa malinconica all’insegna della giovinezza che vola via, e dell’inafferrabilità dell’amicizia – come dell’amore.
Scrittore tra i più rappresentativi del panorama narrativo italiano degli anni ’80, Pier Vittorio Tondelli (gay dichiarato, intelligente e colto, morto purtroppo di AIDS a soli trentasei anni) divenne noto per il tono sarcastico e libertino dei suoi romanzi. “Pao Pao” non sfugge alla regola: l’esercito viene costantemente messo alla berlina, con le sue assurde e marziali regole aggirate da tutti con nonchalance, con la sua cupa tetraggine fatta di uniformi, turni di guardia estenuanti quanto inutili (Pao sta per Picchetto Armato Ordinario), esercitazioni, marce e trasferimenti da una caserma all’altra. Pensato – almeno in chiave di naja – come un contenitore etico e morale, l’esercito, come un palloncino gonfiato all’eccesso, non riesce a trattenere l’esplosione vitalistica delle sue stesse reclute, completamente disinteressate al mestiere di soldato e costrette solo per legge a immolare dodici mesi della loro vita per una Patria di cui non hanno chiari i termini, pur in anni di severa contrapposizione tra blocchi e Potenze.
Tutto decade in farsesco sotto la penna di Tondelli, ma è un farsesco sempre a suo modo amaro, come se la risata – costantemente covata – non potesse mai erompere davvero, schiacciata dal peso di un futuro nebuloso e verosimilmente grigio, fatto di convenzioni e tempo perduto, amicizie dimenticate e amori appassiti. Sin qui, “Pao Pao” sarebbe un libro più che interessante, sorta di saga giovanilistica polifonica e sboccata, irriverente e scatenata. Dove però il romanzo cade malamente è proprio sul trattamento dell’omosessualità, tema ovviamente molto caro all’Autore. Perché trovo ci sia un che di profondamente artificioso in questo florilegio di amori gay tra soldati, e non perché i gay nell’esercito non possano esistere, ci mancherebbe! Il racconto, però, è oggettivamente troppo programmatico e calcolato, troppo scoperto e sbandierato, al punto da risultare fastidioso anche quando ci si avvicina ad esso senza alcun preconcetto morale (altrimenti, del resto, non si sarebbe deciso di leggere proprio un libro di Tondelli, Autore dalle tendenze sessuali ben note e dall’altrettanto noto stile dissacrante nel mettere in scena la cultura gay).
Il problema – voglio essere chiaro – non sono certo i soldati omosessuali, che non mi sconvolgono neanche un po’. Il problema è la continua, ossessiva ricerca dell’eccesso, non solo contenutistico ma anche linguistico e stilistico. Tondelli “stira” la materia – e la lingua – del suo libro in cerca di uno stile dirompente e innovativo, che però, dopo poche pagine, diventa già stucchevole! Esattamente come le provocazioni, reiterate all’estremo, non appaiono neanche più come provocazioni, ma come una sorta di strana “norma” che ci fa sorridere senza smuoverci veramente la coscienza, senza sollecitare alcuna vera reazione che non sia un generico fastidio per la decisa improbabilità di molti snodi di trama, e di molti personaggi. Peccato, perché l’originalità e il coraggio dell’Autore non sono in discussione. Trovo inevitabile, però, giudicare “Pao Pao” un libro fondamentalmente sbagliato, uscito dai binari e finito preda della sua stessa voglia di spiazzare e disturbare i lettori “borghesi”.
(Recensione scritta ascoltando Wolf Alice, “Silk”)
PREGI:
il coraggio di scegliere forme narrative inusuali e difficili, con un Io narrante tra i più “spezzati” ed espressivi che ricordi, e il tono sarcastico di fondo, che smitizza l’Esercito e le Istituzioni in favore di concetti ben più “umanistici” come l’amore, l’amicizia, la gioventù
DIFETTI:
la lettura è complicata proprio dal tono profondamente espressivo e personale dell’Io narrante, e il continuo ricorrere a figure di spiazzamento, come a squarci di improvvisa fisicità e di innegabile volgarità, rendono il libro piuttosto stucchevole
CITAZIONE:
“Ma le occasioni della vita stupiscono mai abbastanza nella loro insensata frammentarietà che poi un bel giorno miracolosamente si salda in una sottile e delicata vibrazione che riaccorda e riannoda e uniforma il tono di diversi percorsi e allora, nonostante i dolori e le precarietà dei nostri anni giovanili la vita sembra rivelarsi come una misteriosa e armonica frequenza che schiude il senso e fa capire; e allora in quell’attimo abbagliante tutto pare ricomporsi nella gioia di sentirsi finalmente presenti agli occhi della propria storia…” (pag. 157)
GIUDIZIO SINTETICO: *½
LEGENDA RECENSIONI
Sia per i libri che per i film, adotto nel giudizio sintetico il “sistema Mereghetti”, che va da 0 a 4 “stelline”: a 0, ovviamente, i giudizi più negativi, a 4 quelli più positivi, con tutti i possibili gradi intermedi…