PER ALLEVIARE INSOPPORTABILI IMPULSI – Nathan Englander

# 326 – Nathan Englander – PER ALLEVIARE INSOPPORTABILI IMPULSI (Einaudi, 1999, pagg. 211)

Nove racconti intrisi di ebraismo. Ne “Il ventisettesimo uomo”, una terribile purga staliniana vede arrestati ventisei noti scrittori che si sarebbero macchiati di imprecisate colpe e, assieme ad essi, chissà perché, un signor nessuno che scrive solo per sé stesso, e che avrà poco tempo per gustarsi la compagnia dei suoi idoli; ne “Gli acrobati” un gruppo di ebrei rastrellati durante la Seconda Guerra Mondiale si ritrova per errore su un treno di saltimbanchi e artisti. Per evitare il campo di concentramento non resta loro che fingersi acrobati! Ne “Il ricongiungimento” l’amicizia tra due ricoverati in manicomio si concretizzerà in un piano per riconquistare le rispettive famiglie. Ne “La parrucca” la parrucchiera ed ex-modella Ruchama non resiste alla tentazione di farsi una parrucca per sé, la più bella e costosa mai fatta; ne “Il gilgul di Park Avenue” un comune cittadino newyorkese con una bella casa, un buon lavoro e una moglie affezionata scopre improvvisamente… di sentirsi ebreo! In “Reb Kringle” un rabbino deve sottoporsi, annualmente, a una terribile umiliazione, fino a quando non ne potrà più. In “Nell’altro senso” una donna ebrea, sposata grazie all’intercessione di un sensale a un uomo che da diciott’anni non dà più notizie di sé, pretende l’annullamento del matrimonio, nella speranza di poter vivere magari un ultimo amore. In “Per alleviare insopportabili impulsi” un rabbino, a Gerusalemme, consiglia un neo-sposo, rifiutato a letto dalla giovane moglie, su come rinsaldare il matrimonio: ma non tutto andrà per il verso giusto; infine, in “La nostra saggezza”, un ragazzo e una ragazza vivono il loro amore in una Gerusalemme dilaniata dalle bombe e dai kamikaze.

Nessun dubbio che Nathan Englander, classe 1970, sia cresciuto a New York e abbia vissuto a Gerusalemme: queste due città, infatti, si spartiscono le ambientazioni dei nove racconti che compongono questa piccola e gustosa raccolta, attraversata da tematiche squisitamente ebraiche ma non per questo incomprensibili ai lettori che non conoscano l’ambiente dell’ebraismo ortodosso.

Anzi, il principale merito dell’Autore è proprio quello di riuscire a calare un po’ tutti nelle atmosfere a tratti drammatiche, a tratti francamente comiche delle sue vicende, in ossequio a una letteratura – quella ebraica, appunto – che è sempre stata capace di far coesistere un’anima scherzosa e irriverente con una profonda capacità di riflettere su temi quasi irraccontabili (l’Olocausto in primis, ma anche la spaventosa situazione di Gerusalemme, divisa tra arabi e israeliani, nonché le assurdità di un codice di comportamento, quello ortodosso, che ancor oggi non permette a una donna di divorziare neppure se il marito si fa i fatti suoi da diciotto anni).

Con un tocco tutto sommato leggero, Englander evoca vicende e personaggi che si fanno carico di rappresentare, in condensato, un’intera cultura, con le sue bizzarrie e le sue storture, ma anche con la sua joie de vivre, vera cifra stilistica di tutto l’ebraismo della diaspora e della sopravvivenza. Nella raccolta ben convivono le punte più drammatiche rappresentate da “Gli acrobati” e “La nostra saggezza” con quelle decisamente comicheggianti del “Gilgul di Park Avenue” (a proposito: gilgul, in ebraico, è una persona dal comportamento strano, che potrebbe ospitare un’anima reincarnata), di “Reb Kringle” (quasi una barzelletta) e de “La parrucca”. E poco male se un racconto come “Il ventisettesimo uomo” va un po’ sopra le righe e mette in scena una schiera vagamente macchiettistica di scrittori ebrei di epoca staliniana, epurati proprio in quanto ebrei, e se “Il ricongiungimento” è forse leggermente troppo lungo per la storia che narra; sono peccati veniali, ampiamente riscattati dalla brillantezza di testi come “Per alleviare insopportabili impulsi”, che dà peraltro il titolo alla raccolta e che è una beffarda e riuscita rappresentazione delle difficoltà a far coesistere l’ortodossia religiosa con una sana sessualità, e “Il gilgul di Park Avenue”, divertentissima avventura tra fisica e metafisica che ironizza su cosa voglia dire essere ebrei, e su quanto spesso gli ebrei stessi non ne abbiano idea!

A completamento, non deludono testi come “La parrucca” e “Reb Kringle”, caratterizzati da un perfetto senso della misura, come anche “Nell’altro senso” e “Gli acrobati”, che indubbiamente – il paragone cinematografico può essere un film come “Train de vie” – si spingono forse un po’ troppo in là nel chiedere al lettore la sospensione dell’incredulità e cedono a un certo macchiettismo, ma non si possono certo definire mal scritti o sgradevoli. Se il tema e le ambientazioni interessano, la lettura di questa piccola silloge non potrà che essere piacevole, e attraversata – in alternanza – da momenti di acuta malinconia e da altri di grasso e ghignante divertimento.            

(Recensione scritta ascoltando Philip Sparke, “A Klezmer Karnival”)

PREGI:
il livello dei testi è generalmente alto, non ci sono sbalzi tra un racconto e l’altro e tutto il libro è caratterizzato da uno stile incisivo e sapiente. Ovviamente sulla scelta dei racconti migliori subentra il gusto di ogni singolo lettore. Per me, il podio ideale, dal primo posto a scendere, è composto dal “Gilgul di Park Avenue”, da “Per alleviare insopportabili impulsi” e da “Gli acrobati”

DIFETTI:
una certa monotematicità di fondo, inevitabile, del resto, vista l’intenzione dell’Autore di comporre, con la raccolta, un piccolo caleidoscopio ebraico che racconta sia la guerra che le purghe staliniane, sia la comoda vita a New York che la paura strisciante di Gerusalemme. Se proprio devo scegliere il racconto meno riuscito, potrei dire “Il ventisettesimo uomo”, decisamente farsesco per quanto, ribadisco, non scritto male

CITAZIONE:
“Il giorno ebraico inizia nella calma della sera, quando non sconvolgerà il sistema col suo arrivo. Così, mentre nel cielo di Manhattan brillavano tre stelle e una nuova giornata moriva, Charles Morton Luger comprese di contenere un’anima ebrea.” (pag. 108 – dal racconto “Il gilgul di Park Avenue”)

GIUDIZIO SINTETICO: ***

LEGENDA RECENSIONI
Sia per i libri che per i film, adotto nel giudizio sintetico il sistema Mereghetti, che va da 0 a 4 stelline: a 0, ovviamente, i giudizi più negativi, a 4 quelli più positivi, con tutti i possibili gradi intermedi…

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NON GIUDICABILE con i sistemi ìclassiciî di voto
PESSIMO
QUASI PESSIMO
BRUTTO
BRUTTINO
 
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**1/2
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***1/2
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ACCETTABILE
DISCRETO
BUONO
MOLTO BUONO
CAPOLAVORO