VITA DI CASANOVA – Luigi Bàccolo

# 225 – Luigi Bàccolo – VITA DI CASANOVA (Rusconi Libri, 1994, ediz. orig. 1979, pagg. 367)

Nato a Venezia nel 1725, da madre talentuosa attrice di teatro e padre dubbio (forse anch’egli attore, ma di nessun talento, o forse membro della famiglia Grimani, tra le più in vista della Serenissima), Giacomo Casanova scopre ben presto il gusto per le belle donne ma, soprattutto, per la cultura raffinata e per la vita agiata. Dopo una giovinezza veneziana fatta di studi e di amanti, mantenuto da alcuni anziani nobiluomini (la madre se n’è andata molto presto lasciandolo alle cure della più amorevole nonna Marzia), Giacomo si mette nei guai e finisce oggetto di una delazione, che lo porta dritto dritto ai Piombi, il celebre carcere veneziano, dal quale evade rocambolescamente nel 1757, dopo un anno di prigionia. Forte del suo innegabile fascino – cui il gentil sesso non ha mai saputo resistere – e di una cultura vasta ed eclettica, che spazia dalla letteratura classica alla cabala, dall’architettura alla matematica, dalle arti alla retorica, Giacomo si mette a viaggiare per l’Europa e vive di consulenze e di truffe, di avventure e di espedienti, un po’ spia e un po’ (sedicente) diplomatico, tra belle donne e puttane da angiporto, stringendo amicizie che dureranno tutta la vita (come quella col librettista di Mozart, Lorenzo Da Ponte) e incrociando i destini di uomini potenti e straccioni, nobili e ruffiani, artisti e mascalzoni. Ottenuto il perdono e rientrato a Venezia, l’inquieto Giacomo non riuscirà a morirvi, e dovrà andare in esilio un’altra volta, l’ultima, per chiudere, nel 1798, uomo interamente settecentesco, una vita di avventure (galanti e non) nel tetro castello di Dux, in Boemia, dove scriverà l’interminabile (e difficilmente leggibile) Histoire de ma vie.     

Ogni tanto, lo sapete, mi piace trasgredire le regole e, se mi sono prefisso di recensire in questa sede solo opere di narrativa, di tanto in tanto mi piace buttarne dentro una che proprio narrativa al 100% non è, ma di cui per vari motivi mi va di scrivere. Questa “Vita di Casanova” ad opera dell’erudito Luigi Bàccolo è proprio uno di questi casi, e pretende un’eccezione, perché si tratta di un saggio dal piglio assolutamente narrativo, fresco, ironico e brioso come potrebbe essere un romanzo (e ne sono stati scritti diversi, belli e meno belli) su quel personaggio di nessuna importanza storica, ma di immenso fascino che fu Giacomo Casanova, autonominatosi Cavaliere de Seingalt. Bàccolo, giornalista e storico dalla penna delicata e ironica, sa raccontarne le (dis)avventure con il necessario distacco ma anche, ed è in questo che risiede la magia di questo libro, con la necessaria partecipazione, perché esiste attorno a Casanova un autentico culto, cristallizzatosi nella fondazione, nel 1958, dei “Casanova Gleanings”, rivista di studi casanoviani e settecenteschi, con sede a Nizza.

La bravura di Luigi Bàccolo è proprio quella di saper raccontare tanto Casanova quanto il “casanovismo”, tanto l’avventuriero ancor oggi sulla bocca di tutti per la sua facilità nella conquista del gentil sesso quanto la passione smisurata di alcuni studiosi (come Francis L. Mars, James Rives Childs, Charles Samaran) per la sua figura, che pure non ha – lo ripeto – alcun rilievo sul piano storiografico, culturale o politico. Casanova non fu un Metternich, né un Talleyrand. Non fu un Mozart, né un Leopardi, né un E.T.A. Hoffmann. Fu un “avventuriero”, nel vero senso della parola, un uomo in grado di trasferirsi per tutta la vita di città in città trovando sempre di che vivere (o chi truffare…), ma che, purtuttavia, ebbe per tutta la vita l’ambizione di dedicarsi solo alla scrittura e alle belle lettere, alla cultura e al Bello. A realizzare questa ambizione, Giacomo sarebbe arrivato solo negli ultimi, tristi anni della sua vita, recluso nel tetro castello di Dux, l’odierna Duchov, in Boemia, assunto come bibliotecario (l’unico impiego fisso che ebbe in tutta la sua lunga vita) da un nobilastro sciupafemmine e sperperadenaro.

Fine indegna del grande seduttore, cui anche Federico Fellini ha dedicato uno straordinario film. Ma perlomeno a Dux Casanova riuscì a scrivere, in dodici volumi, la storia di una vita d’avventure e di incontri illustri, di balli nei saloni del potere e di notti passate in postriboli fetidi in compagnia di gente assai dubbia. C’è tutto il Settecento nella vita di Casanova, puro distillato di quel grande secolo che, dopo aver raccolto in sé tanto la superstizione che la scienza, tanto la grande filosofia quanto la chiacchiera vacua da boudoir, sarebbe culminato nella Rivoluzione Francese, che lo avrebbe spazzato via aprendo la strada ai nazionalismi ottocenteschi, e ai razionalissimi incubi novecenteschi.

E anche Venezia, la Serenissima, non era destinata a sopravvivere al secolo dei Lumi: il trattato di Campoformio, nel 1797, la assegna all’Austria asburgica, e c’è un che di commovente nel fatto che Casanova abbia fatto in tempo a viverlo, questo passaggio epocale, la fine di quella città-stato in cui egli era nato, tanti anni prima, e nella quale sarebbe voluto morire. Ma si sa: la vita degli avventurieri non va sempre come essi vorrebbero.                  

(Recensione scritta ascoltando i Rondò Veneziano, “Casanova”)

PREGI:
una scrittura consapevole e colta, raffinata e gustosa, per una biografia-romanzo ben documentata (vedi le tante citazioni dei grandi esperti che, come l’Autore, facevano parte della ristretta cerchia dei casanovisti militanti, da Rives Childs a Samaran, da Francis Mars a Pierre Gruet). E un tono complessivo perfettamente calibrato, tra la rievocazione nostalgica e il freddo giudizio a posteriori  

DIFETTI:
se piace il genere, di difetti non ce ne sono. Forse, a ben vedere, un’ombra di autocompiacimento qui e là, del resto giustificato dalla cultura dell’Autore, e una quantità di riferimenti e di nomi che, chiarissimi agli esperti di cose casanoviane, fatalmente risulteranno un po’ oscuri, e tediosi, ai neofiti…    

CITAZIONE:
“Casanova non è il solito scapolo astuto che schiva la trappola del matrimonio in onore di una sua astratta libertà sessuale; è molto di più, è l’eroe che si crede predestinato dal Fato a grandi cose, e le paga in anticipo con la solitudine.” (pag. 210)

GIUDIZIO SINTETICO: ***

LEGENDA RECENSIONI
Sia per i libri che per i film, adotto nel giudizio sintetico il sistema Mereghetti, che va da 0 a 4 stelline: a 0, ovviamente, i giudizi più negativi, a 4 quelli più positivi, con tutti i possibili gradi intermedi…

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NON GIUDICABILE con i sistemi ìclassiciî di voto
PESSIMO
QUASI PESSIMO
BRUTTO
BRUTTINO
 
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**1/2
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***1/2
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ACCETTABILE
DISCRETO
BUONO
MOLTO BUONO
CAPOLAVORO