LA SCUOLA DELLA CARNE – Yukio Mishima

# 76 – Yukio Mishima – LA SCUOLA DELLA CARNE (Feltrinelli, 2019, ed. orig. 1963 – pag. 238)

Taeko, Suzuko e Nobuko sono tre amiche, tutte reduci da divorzi, nel Giappone del secondo dopoguerra. Donne emancipate, moderne, colte ed eleganti, amano frequentare i locali alla moda e condividere le conquiste sentimentali, tutte obbligatoriamente “mordi e fuggi”, onde evitare complicazioni nelle quali tutte e tre sono già cadute, in passato. Il giovane e ambiguo Senkichi, però, barman in un locale gay, finirà per portare la solida e compassata Taeko su una via che forse non avrebbe mai voluto percorrere…

Non è mai semplice avvicinarsi a un libro di Yukio Mishima, scrittore giapponese “maledetto” per antonomasia, morto suicida nel 1970 e autore di alcuni dei più interessanti romanzi della letteratura nipponica. Autore attraversato da una forte vena tradizionalista e nazionalista (il suo suicidio avvenne in ossequio al codice dei Samurai, mediante seppuku, lo sventramento rituale), Mishima è stato accostato dalla critica, nel corso degli anni, a posizioni fasciste e violentemente conservatrici.

Ora, siamo alle solite: quando la politica incontra la letteratura, quest’ultima di solito ne esce con le ossa rotte! Bisogna, a mio avviso, avere la forza di scindere la persona dall’opera, e valutare i libri con correttezza ed equanimità, senza farsi condizionare eccessivamente dalle vicende personali o dalle opinioni politiche. Mishima rimpiangeva di certo il Giappone Imperiale prebellico, ma questa è forse una colpa? Anch’io rimpiango l’Austria-Ungheria degli Asburgo! Parlando esclusivamente di letteratura, non si può fare a meno di sottolineare che “La scuola della carne” è un libro sottile ed elegante, quasi dannunziano nella delicatezza – ma allo stesso tempo nella profondità – con cui descrive i piaceri “proibiti” di queste tre donne belle, colte e mature che, sfoggiando un’autoconsapevolezza fuori del comune, nel Giappone postbellico, conducono una vita che unisce le trasgressioni “all’occidentale” alla confortante formalità della tradizione giapponese.

Senza afflato moralistico (contrariamente a quello che si potrebbe pensare, facendo troppo caso alla biografia dell’Autore), Mishima descrive l’avventura pericolosa di Taeko col giovane Senkichi concentrandosi soprattutto sulla psicologia dei personaggi, in particolare sulla protagonista, e tratteggiando una Tokyo che sembra stare perdendo la bussola morale, attratta dal gusto occidentale dei vincitori, ma non ancora pronta – se mai lo sarà – ad abbandonare la propria storia millenaria, quella storia in onore della quale Mishima ha deciso di morire. Malinconico come un canto del cigno, ma anche vitalistico e non privo di ironia e graffiante divertimento, “La scuola della carne” tiene a bada la “pruderie” con una forma impeccabile, ma lascia intuire un panorama sottostante fatto di corruzione e dannazione, panorama di cui la doppiezza e l’ambiguità morale del giovane Senkichi, gigolo per gay che però ama le donne, non è che l’emblema, o la “mise en abyme”.

È come se, nonostante tutti i formalismi e le belle maniere, la società giapponese, secondo Mishima, andasse progressivamente corrodendosi dall’interno, forse per il veleno iniettato in essa con la guerra, o forse per un virus endogeno: Autore troppo intelligente e raffinato per lanciarsi in assurde filippiche contro l’Occidente (che anzi per molti aspetti ammirava), Mishima riesce a sospendere ogni giudizio e a regalare al lettore la storia, elegante e maledetta, di una passione bruciante condannata al fallimento. Ma ci sono diversi gradi di fallimento: quale sceglierà Taeko?                

(Recensione scritta ascoltando Philip Glass, “The Hours”)

PREGI:
una scrittura chiara e nitida, che cela una profonda ambiguità di fondo, senza mai ricorrere a effettacci e cadute di stile     

DIFETTI:
incentrato sui ricorrenti incontri delle tre amiche divorziate, il libro è fatalmente un po’ ripetitivo e a tratti si ha l’impressione che la vicenda non proceda, bloccata in una impasse che è anche – se vogliamo – un riflesso dell’impasse morale dei personaggi

CITAZIONE:
“A pensarci bene, gli uomini non mostrano mai atteggiamenti dettati dal desiderio nei confronti di una donna, appaiono stranamente privi di carica animalesca. In effetti, non c’è dubbio: l’istinto animalesco non conosce artifici.” (pag. 171)

GIUDIZIO SINTETICO: **½

LEGENDA RECENSIONI
Sia per i libri che per i film, adotto nel giudizio sintetico il sistema Mereghetti, che va da 0 a 4 stelline: a 0, ovviamente, i giudizi più negativi, a 4 quelli più positivi, con tutti i possibili gradi intermedi…

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NON GIUDICABILE con i sistemi ìclassiciî di voto
PESSIMO
QUASI PESSIMO
BRUTTO
BRUTTINO
 
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**1/2
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***1/2
****
ACCETTABILE
DISCRETO
BUONO
MOLTO BUONO
CAPOLAVORO