I RAGAZZI DEL MASSACRO – Giorgio Scerbanenco

# 78 – Giorgio Scerbanenco – I RAGAZZI DEL MASSACRO (Garzanti, 2018, ed. orig. 1968 – pag. 237)

La giovane maestra Matilde Crescenzaghi, in servizio presso una scuola serale di piazzale Loreto, a Milano, viene violentata e uccisa da un’intera classe di studenti “difficili”, ragazzi cresciuti in ambienti degradati: dal tredicenne Carletto Attoso al ventenne Vero Verini, dall’alcolizzato Ettore Ellusic al violento Benito Rossi, passando per i più problematici Carolino Marassi e Fiorello Grassi, sono tutti colpevoli e, allo stesso tempo, tutti innocenti, perché, accusandosi l’un l’altro, i “ragazzi del massacro” rendono impossibile agli inquirenti pervenire a una verità certa sui terribili accadimenti che hanno portato alla morte della giovane maestra. Ma Duca Lamberti, ex-medico radiato dall’albo ma assunto come investigatore alla Questura di Milano, ha l’idea risolutiva per affrontare questo atroce delitto e, soprattutto, intuisce la presenza di una “eminenza grigia” che ha guidato il branco. 

Si stenta a credere, per certi aspetti, che questo durissimo, brillante ed efficace romanzo poliziesco sia del 1968! Per tematiche, taglio e modernità, potrebbe benissimo venire dagli anni Novanta, o anche dai primi anni del XXI secolo, e in questo sta uno dei punti di forza di Scerbanenco: la sua scrittura, pur leggermente datata nello stile, è tremendamente attuale nel coraggio di mettere sulla carta temi scottanti e nella capacità di descrivere il cuore nero di una città – Milano – che è a tutti gli effetti una metropoli, con i suoi pregi, la sua ricchezza, le sue opportunità, ma anche con le sue brutture, le sue sperequazioni, le sue ingiustizie.

La Milano di Scerbanenco è un’arma a doppio taglio: da una parte dà lavoro, dall’altra crea malaffare; da una parte accoglie, avvolge nelle sue nebbie protettive, dall’altra pugnala, trafigge col suo gelo impenetrabile. Dei quattro romanzi con protagonista Duca Lamberti, “I ragazzi del massacro” è decisamente tra i migliori: duro, sconvolgente nel modo in cui descrive la violenza, attraversato però da un soffio di umanità e di compassione che non ha nulla di paternalistico o di assolutorio, è un libro che non  fa sconti ai suoi personaggi ma neanche al lettore, portando alle estreme conseguenze ogni linea narrativa (si veda la storia di Sara, la nipotina di Duca, oppure la convincente galleria di personaggi collusi a vario titolo coi ragazzi del massacro, dalla dottoressa che – ricattata per il suo lesbismo – fornisce loro droghe sottobanco alle terribili figure di ex-prostitute e uomini di malaffare, responsabili di aver “bruciato” sin da ragazzini i loro figli).

Scerbanenco non ha nulla degli spesso edulcorati giallisti di oggi, che cercano la morale in ogni dove e finiscono, il più delle volte, col salvare capra e cavoli, producendo letture gradevoli ma fondamentalmente innocue (sfido chiunque a distinguere l’uno dall’altro la maggior parte dei gialli scandinavi che escono oggidì e che si trovano, a quintali, sugli scaffali delle librerie).  Scerbanenco non è mai innocuo, non lascia mai indifferenti, soprattutto se si è (o ci si sente) milanesi! Poche esperienze sono sconvolgenti come leggere un romanzo di Scerbanenco mentre si viaggia sui mezzi di Milano: provare per credere! Si leggono tre, quattro pagine, poi si alza la testa e si vedono, al di là dei finestrini del tram o dell’autobus, quegli stessi edifici di cui si è appena letto, quegli stessi portoni, quei locali che una volta erano “trani” e che oggi, forse, sono diventati pub, locali per aperitivi o “apericena”, oppure chissà, punti vendita di telefonia mobile, o di sigarette elettroniche.

Milano è cambiata, e cambia continuamente; ma nella scrittura di Scerbanenco, misteriosamente e magicamente, rimane come fissata, eternata, una Milano intramontabile, ancora visibile sotto una pelle tanto diversa, perché è la Milano costruitasi nel Tempo, la Milano delle giornate grigie e nebbiose, del freddo pungente d’inverno e della canicola estiva, la Milano del traffico e della fretta, del denaro e dei diseredati. Scerbanenco fissa sulla carta proprio l’atto di cambiare di questa città unica, la sua mobilità, la sua capacità di essere sempre all’avanguardia, di recepire il massimo del Bene come forse, anche, il massimo del Male. E alla fine, nei romanzi su Duca Lamberti, non c’è scampo per nessuno, neanche per la figura dell’investigatore, costretto a fare i conti coi limiti della sua stessa morale, costretto a rapportare il proprio individuale senso della giustizia con un ambiente sociale, politico ed economico in continua evoluzione, e attraversato da tensioni inenarrabili, tensioni delle quali il terribile branco della scuola “Andrea e Maria Fustagni” di piazzale Loreto non è che un esempio.               

(Recensione scritta ascoltando Max Richter, “November”)

PREGI:
perfetto nello sviluppo narrativo, il libro è un giallo già risolto in partenza (non c’è dubbio che i ragazzi abbiano ucciso la loro maestra) che riesce però a tenere l’attenzione del lettore per duecento e passa pagine grazie a continui rilanci e a una tensione interna a tratti quasi insostenibile. Originale e durissimo, moderno nella concezione, desta meraviglia che Gianni Canova lo consideri “esempio di scrittura televisiva”: io direi, piuttosto, cinematografica, e di primo livello!    

DIFETTI:
lo stile è fatalmente un po’ datato in certe espressioni, e richiede un minimo di capacità adattativa da parte del lettore per calarsi nella realtà raccontata

CITAZIONE:
“… era una vecchia e povera Milano, ma genuina, c’erano perfino due «trani», autentiche osterie che non avevano fatto nulla per tramutarsi in «bar», avevano soltanto cambiato i tappeti verdi sui tavoli, con tavoli dal ripiano di plastica sul quale gli ubriachi si addormentavano ancora, come ai tempi del Porta, con la testa appoggiata al braccio, e c’erano le prostitute anziane che venivano anche loro a bere un bicchiere per rilassarsi, dopo un lungo battere per le vicine vie Fabio Filzi o Vittor Pisani, e c’era la fioraia stanca e gentile, dolcemente claudicante, che sotto un ombrellone davanti alla chiesa di San Gioachimo vendeva fiori con lo stesso stile dell’epoca della scapigliatura, di Praga, di Rovani, di Boito.” (pag. 91)

GIUDIZIO SINTETICO: ***½

LEGENDA RECENSIONI
Sia per i libri che per i film, adotto nel giudizio sintetico il sistema Mereghetti, che va da 0 a 4 stelline: a 0, ovviamente, i giudizi più negativi, a 4 quelli più positivi, con tutti i possibili gradi intermedi…

?
0
1/2
*
*1/2
NON GIUDICABILE con i sistemi ìclassiciî di voto
PESSIMO
QUASI PESSIMO
BRUTTO
BRUTTINO
 
**
**1/2
***
***1/2
****
ACCETTABILE
DISCRETO
BUONO
MOLTO BUONO
CAPOLAVORO