# 340 – Michael Crichton – JURASSIC PARK (Garzanti, 1993, pagg. 485)
Riportati in vita su un’isola al largo del Costa Rica grazie alla clonazione, i dinosauri rappresentano l’attrazione del fantasmagorico Jurassic Park, ideato e finanziato dal miliardario John Hammond. Animato da ottime intenzioni, Hammond vorrebbe lanciare il parco divertimenti definitivo, che unisca cultura e svago, e per un test di collaudo convoca su Isla Nublar i paleontologi Alan Grant e Ellie Sattler, nonché il matematico specializzato in teoria del caos Ian Malcolm, decisamente contrario a qualunque tentativo umano di forzare la mano alla natura. Il gruppetto di visitatori inaugurali è completato dal grifagno avvocato Donald Gennaro, che dovrebbe occuparsi degli aspetti economici della gestione del parco, e dai nipotini dello stesso Hammond, Tim e Lex che, in quanto bambini, dovrebbero rappresentare il vero campione di controllo della bontà del parco divertimenti. Ma tra l’imprevedibilità della natura (uomo e dinosauri sono specie mai venute a contatto, divise anzi da 65 milioni di anni di evoluzione) e i piani criminosi dell’informatico Dennis Nedry, che sta architettando un furto di embrioni di dinosauro a favore di un’azienda concorrente di Hammond, la visita si trasformerà in un incubo e gli scienziati dovranno dare fondo a tutte le loro competenze per cavarsela contro i tirannosauri e i tremendi velociraptor.
È francamente impossibile parlare del romanzo di Crichton senza citare il film che nel 1993 ne trasse Steven Spielberg, e che fu un immenso successo di pubblico. Libro e film, anzi, sembrano una cosa sola, per la rapidità con cui il primo si è trasformato nel secondo, ed è entrato nell’immaginario collettivo. Infatti, direi che si può sostenere senza problemi che chiunque conosca le immagini del film – in particolare quelle delle scene più iconiche, l’attacco del T-Rex, la caccia dei Velociraptor – ma ben pochi ricordino le parole e la struttura del romanzo che sta a monte di quello stesso film.
Nulla di male in questo: “Jurassic Park” è uno di quei casi in cui il cinema si è dimostrato di gran lunga il mezzo più efficace, perché volete mettere la magnifica pregnanza delle immagini (con la regia, peraltro, di uno Spielberg in stato di grazia) rispetto alla tortuosa difficoltà delle parole, che devono addentrarsi tanto in descrizioni d’ambiente quanto in costruzioni caratteriali, tanto in giustificazioni scientifiche quanto in efficaci effetti scenici per ritmo e trama? Forse Crichton avrebbe fatto meglio a dedicarsi fin da subito a scrivere una sceneggiatura, per un soggetto simile. È questa la sensazione che si ha leggendo, soprattutto a tanti anni di distanza, “Jurassic Park”.
Tutto sommato, però, è una sensazione ingenerosa, nei confronti del lavoro di Crichton, che non è affatto malvagio, soprattutto per quanto si sforza di essere documentato e puntuale. Spielberg, in riferimento a questo soggetto, parlò non di fantascienza bensì di “fanta-eventualità”, alludendo al fatto che, nei primi anni ’90, parlare di clonazione non era certo più un tabù. La celeberrima pecora Dolly sarebbe nata nel 1996, appena quattro anni dopo l’uscita del film, e se è vero che c’è una bella differenza tra clonare una pecora e riprodurre in laboratorio varie specie di dinosauri, la sensazione all’uscita del libro era che la scienza non ci fosse poi tanto lontana, e che le basi teoriche ben descritte da Crichton, ma ancora meglio sintetizzate da Spielberg nel suo film, fossero tutto sommato esatte.
Aiutandosi, come da sua abitudine, con grafici e schermate di computer, Crichton (che di formazione era medico) crea un thriller tecnologico su base genetica abbastanza avvincente e impreziosito da una trama indubbiamente solida e ben riuscita, da blockbuster. A spadroneggiare, come quasi sempre nei libri dell’Autore di Chicago, è l’idea di base, che mette d’accordo un po’ tutti e persuade anche i lettori più esigenti a sorvolare sul solito stile molto paratattico e sulla fondamentale classicità di una narrazione che non riserva grandi sorprese.
Il libro, suddiviso in varie parti introdotte da brevi considerazioni sulla matematica del caos, che insegna come non si possano dominare sistemi complessi, troppo soggetti a variazioni casuali e imprevedibili, è compatto e ben strutturato, professionale e non privo di snodi interessanti, a partire da un inizio non banale, che intavola già quelle che saranno le principali linee narrative, semplificate ma non eliminate dalla regia di Spielberg. I personaggi, pur non brillantissimi, non sono neppure beceri, come troppo spesso accade nella letteratura di puro consumo, soprattutto nel genere action, e se lo sforzo di rendere plausibile l’esperimento di Hammond è quasi commovente e anticipa certe linee di pensiero della narrativa contemporanea (che è sempre più scientifica e sempre meno fanta-scientifica) il vero punto di forza della scrittura di Crichton è il solito: la capacità di condurre il lettore di enigma in enigma, creando una quantità di “problemi” (informatici, biologici, genetici) che tutto sommato appassionano e, purché al libro non si chieda di rappresentare una lettura epocale, non lasciano con la sensazione di aver perso tempo.
(Recensione scritta ascoltando Max Richter, “Return 2”)
PREGI:
stile asciutto ed essenziale, trama ben ritagliata, temi di fondo molto interessanti, sia sotto il profilo scientifico che etico. Insomma, Crichton puro al 100%!
DIFETTI:
personaggi un po’ semplicistici, dal paleontologo nemico della tecnologia (e dei bambini) all’avvocato rapace e smanioso di guadagni, fino all’informatico infido e al cacciatore esperto di safari, e un arco narrativo tutto sommato abbastanza prevedibile, hollywoodiano e confezionato per l’inevitabile film
CITAZIONE:
«I sistemi viventi», disse Arnold, «non sono come i sistemi meccanici. I sistemi viventi non sono mai in equilibrio. Sono instabili per loro stessa natura. Sembrano stabili, ma non lo sono. Ogni cosa si muove e muta. In un certo senso, ogni cosa è sull’orlo del collasso.» (pag. 305)
GIUDIZIO SINTETICO: **½
LEGENDA RECENSIONI
Sia per i libri che per i film, adotto nel giudizio sintetico il sistema Mereghetti, che va da 0 a 4 stelline: a 0, ovviamente, i giudizi più negativi, a 4 quelli più positivi, con tutti i possibili gradi intermedi…