# 51 – Murakami Haruki – L’ASSASSINIO DEL COMMENDATORE. LIBRO SECONDO: METAFORE CHE SI TRASFORMANO (Einaudi, 2019, pagg. 430)
Dopo aver scoperto, con l’aiuto dell’ineffabile signor Menshiki, l’origine del suono che lo sveglia ogni notte (una campanella che tintinna nei boschi circostanti la casa), il pittore di ritratti protagonista del libro si ritrova attorniato da strani personaggi, alcuni dei quali sembrano i protagonisti di un quadro che hanno preso vita! E mentre le relazioni attorno a lui vanno stringendosi e intrecciandosi in modi non sempre chiari e con finalità non sempre cristalline, il protagonista si riavvicina alla moglie e compie un viaggio sconvolgente in un mondo parallelo al termine del quale nulla sarà più come prima… O forse tutto tornerà esattamente come prima?
La seconda parte de “L’assassinio del Commendatore”, pur non deludendo, non conserva tutta la freschezza e la brillantezza della prima, perché se nella prima parte Murakami si dedicava – con grande sapienza e con un’arte ormai consolidata – a seminare indizi e tessere relazioni, nella seconda, dovendo portare questi indizi e queste relazioni a un punto finale, l’Autore giapponese si accartoccia un po’ e, pressato dalle aspettative sempre più elevate dei suoi tanti lettori, finisce per rifugiarsi in calcio d’angolo. Infatti, la parte in assoluto meno interessante del libro è proprio il viaggio del protagonista in un “altro mondo” metafisico e popolato da malvagie “doppie metafore” (!).
Insomma, il tratto caratteristico della letteratura murakamiana, il contatto con un mondo nascosto dietro la realtà oggettiva, appare in questo libro – comunque nel complesso notevole – come un espediente un po’ facile e gratuito: un calcio d’angolo concesso alla squadra avversaria, appunto, perché si è sotto pressing e non si sa dove sparacchiare il pallone! Dopo un’ottima costruzione di personaggi e situazioni, Murakami mi ha dato l’impressione di non saper bene dove andare a parare. La cifra principale di questo lungo romanzo – come del resto anche di altri del celebre Autore – è l’ambiguità: Menshiki è ambiguo, molti fatti sono ambigui e possono essere letti e interpretati in modi diversi e diametralmente opposti, e l’intera vicenda sembra una sorta di excursus in un mondo sospeso (di cui il matrimonio “congelato” del protagonista non è che la mise en abyme) al termine del quale possono trovarsi solo la distruzione finale o la ricomposizione dell’armonia perduta.
Quelle di Murakami sono, alfine, vicende esistenziali di personaggi che affrontano una profonda crisi a modo loro, allontanandosi dal lavoro, dalla società, dalle consuetudini, e cercando il contatto non tanto con un altro mondo, quanto piuttosto con un mondo “altro”, che restituisca un senso alla realtà quotidiana, divenuta alienante e incomprensibile, permeata da coazione a ripetere e nevrosi. Le salutari “pause” di questi personaggi un po’ trasognati e fondamentalmente innocui, veri e propri “wrong men” che si ritrovano al centro di intrighi metafisici, sono l’anima stessa dei romanzi di Murakami, e “L’assassinio del Commendatore” non fa eccezione.
In un dipanarsi complessivo della scrittura e della trama molto armonico e privo di cambi di ritmo, la seconda parte esce leggermente peggio della prima in virtù delle aspettative che si erano create, di un finale un po’ lasco, che sembra lasciare troppi fili pendenti, e di una fondamentale sensazione di “déjà vu” (anzi, “déjà lu”!) che non può non impossessarsi del lettore durante i capitoli ambientati nel “mondo delle doppie metafore”. Libro complesso e pieno di sfumature, “L’assassinio del Commendatore” è comunque una lettura molto gradevole, che accompagna nel corso dei giorni e – se ben ponderata – porta a riflessioni nient’affatto banali sull’atto di creare (un quadro come un romanzo, una poesia, una sinfonia o un’opera lirica) e su quel groviglio di “correlazioni”, perlopiù nascoste ai sensi, che è il mondo.
(Recensione scritta ascoltando Franz Schubert, “Sinfonia n. 5 in si bemolle maggiore D 485”)
PREGI:
Una scrittura piana e “amichevole”, che non aggredisce mai il lettore e lascia tutto il tempo e l’agio di riflettere e pensare, con un’ambiguità e una complessità di fondo non disprezzabili
DIFETTI:
La totale mancanza di effettivi “colpi di scena” che, per quanto mi guardi bene dal definire irrinunciabili nella costruzione di un libro, certamente avrebbero giovato nella seconda parte, un po’ più faticosa della prima
CITAZIONE:
“Tutti quanti abbiamo nel cuore segreti che non possiamo svelare.” (pag. 406)
GIUDIZIO SINTETICO: **½
LEGENDA RECENSIONI
Sia per i libri che per i film, adotto nel giudizio sintetico il “sistema Mereghetti”, che va da 0 a 4 “stelline”: a 0, ovviamente, i giudizi più negativi, a 4 quelli più positivi, con tutti i possibili gradi intermedi…