PROLETERKA – Fleur Jaeggy

# 174 – Fleur Jaeggy – PROLETERKA (Adelphi, 2014, ediz.orig. 2001, pagg. 114)

Usando come pretesto, e come fil rouge, i quattordici giorni di una crociera nel mar Egeo a bordo della nave Proleterka, l’anonima protagonista racconta il suo difficile rapporto con Johannes, un padre che non ha praticamente mai conosciuto, separatosi prestissimo dalla moglie (madre della protagonista) e finito sul lastrico per via di un rovescio finanziario. A bordo della nave i tempi (anche narrativi) si confondono, e così i ricordi infantili con la scostante nonna Orsola vengono a trovarsi accanto ai primi amori della protagonista, e la vicenda tormentata del padre Johannes viene rievocata a frammenti duri come granito, scaglie lancinanti di ricordo che forse verranno spazzate via da un finale a sorpresa, che costringerà la protagonista a cambiare completamente la prospettiva con cui guardare al passato di una famiglia (la sua) esplosa e parcellizzata.

Moglie (dal 1968) del compianto Roberto Calasso, co-fondatore di Adelphi da poco scomparso, Fleur Jaeggy è una scrittrice svizzera di lingua italiana, di cui ammetto di non aver letto, per ora, nient’altro che questo esile e deludente “Proleterka”. Chiarito (senza polemica) il motivo di fondo per il quale questa Autrice è interamente pubblicata da Adelphi, passiamo a dire due parole di questo libriccino, classico romanzo breve intimista e struggente (perlomeno nelle intenzioni).

Nulla di nuovo sotto il Sole: una voce femminile senza nome racconta, a strappi e a frammenti, un passato difficile fatto di abbandoni e mancanza di affetto, con i genitori separatisi molto presto, il padre malato, la nonna dalla sensibilità tutta particolare (Orsola di nome e di fatto), le amiche pressoché inesistenti. Un deserto anaffettivo, insomma, che si imbarca sotto forma di padre e figlia sulla nave Proleterka per una crociera di quattordici giorni nel mar Egeo, tra Creta, Santorini e la oggi gettonatissima Mykonos. Purtroppo non è dato sapere in che tempo il libro è ambientato, sicuramente non in anni recentissimi, vista l’assenza di telefoni cellulari e altre diavolerie. Ma questo non è certo un difetto; il vero difetto di “Proleterka” è il suo stile, paratattico all’estremo, in maniera quasi ossessiva, con frasi brevissime che spezzano continuamente il ritmo della lettura e il fluire dei ricordi. Effetto certo voluto dall’Autrice, non discuto, ma a mio avviso scarsamente piacevole per il lettore, che si ritrova proiettato in una specie di “anti-Recherche” (anche per dimensioni: appena 114 pagine rispetto alla fluvialità proustiana), in un viluppo un po’ sconfortante di lutti e rimorsi, di dubbi e rimpianti.

Per nulla simpatica, la protagonista è una voce senza nome e senza volto che, con una durezza a tratti lancinante, rievoca una vita trascorsa apparentemente senza vere emozioni, senza affetto e senza amore, senza ambizioni e senza soddisfazioni. Vista l’esiguità della durata, si arriva alla fine con una certa facilità, ma “Proleterka” è tutto tranne che uno di quei libri che mettono di buonumore o che appassionano, semplicemente perché non c’è nulla a cui appassionarsi, non certo ai destini di una protagonista che non si riesce neppure a immaginare (e che in una pagina ha sedici anni per averne magari quarantacinque alla pagina dopo e tornare ad averne sedici al paragrafo successivo) né a quelli degli altri, gelidi personaggi, tra i quali la palma della perfidia va a nonna Orsola, brusca come poche e certo non montessoriana nell’educazione della nipote.

Un piccolo libro raggelato e raggelante: ecco cosa ci propone Fleur Jaeggy coniugata Calasso. Una scrittura allo stesso tempo limpida e confusa, dura con punte di estrema dolcezza e lirismo; una scrittura, alfine, molto furba, che evoca più che narrare, e aggredisce il lettore con frasi brevissime, persino costrutti nominali, col chiaro intento non già di dare ritmo alla lettura, bensì al contrario di spezzarla, di renderla ardua come arduo sembra essere l’atto di ricordare per la protagonista. E alla fine, l’espediente narrativo dell’unità di spazio (la nave Proleterka) e tempo (i quattordici giorni di crociera) va a farsi benedire, abbattuto a colpi di tempi verbali che collidono (un po’ presente, un po’ passato), di punti di vista che oscillano (un po’ prima persona e un po’ terza, con protagonista la fredda “figlia di Johannes”) e di scene (fin troppo eterogenee) di un passato rievocato che non prende mai corpo né anima.

(Recensione scritta ascoltando Ludovico Einaudi, “Le onde”)

PREGI:
la brevità anzitutto, che denota perlomeno la chiara consapevolezza da parte dell’Autrice di uno stile che non poteva reggere le lunghe durate. Inoltre, per chi ama il genere dei drammi familiari un po’ disperanti, non è una cattiva lettura, caratterizzata da tocchi lirici non disprezzabili

DIFETTI:
estenuante nonostante le sole 114 pagine, confesso che ho fatto più fatica a leggere questo minuscolo libello che non tutto “Il conte di Montecristo” di Dumas (che sarà recensito a breve!). A giocare contro, uno stile spezzatissimo (che non fa per me, amante del bel periodare proustiano!) e un tono di fondo che definire lacrimogeno è dire poco  

CITAZIONE:
“Sono impaziente di tornare a bordo. La ‘Proleterka’, appena la si lascia, sembra un miraggio. Non bisogna voltarsi indietro. Da terra, sembra un residuato bellico, che circumnaviga il tempo.” (pag. 61)

GIUDIZIO SINTETICO:

LEGENDA RECENSIONI
Sia per i libri che per i film, adotto nel giudizio sintetico il sistema Mereghetti, che va da 0 a 4 stelline: a 0, ovviamente, i giudizi più negativi, a 4 quelli più positivi, con tutti i possibili gradi intermedi…

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NON GIUDICABILE con i sistemi ìclassiciî di voto
PESSIMO
QUASI PESSIMO
BRUTTO
BRUTTINO
 
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**1/2
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***1/2
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ACCETTABILE
DISCRETO
BUONO
MOLTO BUONO
CAPOLAVORO