IL MOSTRO DI BARGAGLI – Giorgio De Rienzo

# 315 – Giorgio De Rienzo – IL MOSTRO DI BARGAGLI (Rizzoli, 2007, pagg. 275)

Francesco, cronista di mezz’età originario di Bargagli, paesino ligure sui monti sopra Genova, teatro di diverse azioni partigiane durante la Seconda Guerra Mondiale, torna nel borgo natio con l’ambizione di fare luce sull’impressionante catena di delitti che, dai convulsi giorni della Liberazione, attorno al 25 aprile 1945, fino alla metà degli anni ’80, ha insanguinato la zona. Ma non basta: i delitti sembrano accomunati da una stessa matrice e compiuti da un’unica mano. Chi può andare in giro per la Val Bisagno a uccidere impunemente fin dal 1945? E soprattutto: qual è il movente dei delitti, le cui vittime sono tutti ex-partigiani o fiancheggiatori dei partigiani, comprese due ex-staffette che prestarono servizio sotto il comando di Aldo Gastaldi, il carismatico partigiano noto in tutto il genovese col nome di battaglia Bisagno? Che durante i decenni successivi alla fine della guerra a Bargagli sia andato in scena un lungo regolamento di conti tra fazioni opposte? E cosa c’entra la resa dei tedeschi nel bosco della Tecosa, e la sparizione di un ingente tesoro in banconote nuove di zecca? A Bargagli ha agito un serial killer inafferrabile come il Mostro di Firenze, destinato a rimanere senza volto, oppure la serie di omicidi è legata a fatti molto più banali e materiali, ovvero alla necessità di mantenere un imbarazzante segreto? Aiutato nelle ricerche dalla procace Marta, che sta scrivendo una tesi di laurea su Bisagno, e dall’enigmatico Professore, burbero studioso di storia locale, Francesco riuscirà, a prezzo di dolorose scoperte, ad alzare il sipario su una vicenda assai poco edificante per l’italico mito della Resistenza.

Rigorosamente basato su fatti realmente accaduti (la prima parte del libro non fa che ricostruire le modalità della morte di ogni vittima del Mostro), questo romanzo del professor Giorgio De Rienzo si colloca a metà tra il giallo (di cui però non ha la necessaria dose di suspense) e il libro-inchiesta (di cui però gli manca il rigore). Insomma, siamo in presenza di un ibrido poco riuscito che, ahimè, pecca sia sul piano contenutistico (alla fine le rivelazioni ci sono, ma appaiono annacquate e tutto sommato banali, scontate, e persino leggermente cerchiobottiste) che su quello formale (la scrittura di De Rienzo è a tratti elementare, francamente non degna dei suoi titoli accademici).

 Ma come? Un grande studioso di Manzoni che scrive in maniera così grezza? Il libro non ha finezze, né psicologiche né di trama, e si trascina stancamente tra le letture del giornalista che sacrifica le ferie per far luce su un mistero che dura da decenni (sai che emozione: per tre quarti di libro Francesco sta in camera sua a leggere!) e l’affiorare lento e calcolato di presunti ricordi che sarebbe anche la parte più interessante del libro, se non fosse che l’Autore la centellina e la dilaziona così tanto da riuscire a renderla indigesta. Se a questo si aggiungono alcune tra le scene di sesso più manieristiche e patinate che abbia mai letto, il quadro è chiaro: “Il mostro di Bargagli” ha il merito di sollevare la questione legata a delitti mai risolti (il più allucinante è quello dell’appuntato dei Carabinieri Carmine Scotti, torturato e ucciso forse perché aveva scoperto qualcosa sul tesoro trafugato ai tedeschi dai partigiani) e, per buona parte di racconto, ha anche il merito di non genuflettersi al dolciastro mito della Resistenza dietro il quale si sono nascosti gli assassini, per decenni.

Fra trafficanti di carne bovina sul mercato nero (la cosiddetta, temutissima “Banda dei Vitelli”) e grassatori di tesori che, in teoria, sarebbero stati da consegnare allo Stato, e ancora, tra delinquenti comuni camuffatisi da partigiani e repubblichini incapaci di accettare la sconfitta, il panorama umano descritto – o, meglio, rievocato – da De Rienzo è veramente desolante, e meriterebbe ben più seri approfondimenti, anche se ormai non è più in vita nessuno dei protagonisti di questa oscura vicenda.

Non manca neppure la giusta esaltazione del valore e dell’integrità, impersonati nella figura titanica di Aldo Gastaldi, il partigiano Bisagno, che si opponeva anzitutto alle logiche di partito, rifiutando di vedere la Resistenza soltanto come un’emanazione del PCI, e che per questo fu marginalizzato dai suoi stessi capi e, forse, eliminato in un incidente mai chiarito, e molto sospetto. De Rienzo riesce, in qualche modo, pur con una scrittura elementare e tagliata con l’accetta, a far percepire la grandezza morale di alcune figure e a far riflettere sull’impossibilità, a tanti anni di distanza, di ristabilire la verità e, al contempo, sulla necessità di non smettere mai di cercarla, perché quantomeno lo si deve alla memoria dei vari Bisagno, dei partigiani veri e idealisti; il libro, però, fallisce miseramente come giallo e approda a uno dei finali più fiacchi che mi sia capitato di leggere, privo di tensione nonostante il disperato tentativo di crearla.

Mancante di motivazioni e di profondità, e animato da personaggi monodimensionali come Marta, la umorale ricercatrice che, per scopi personali, affianca Francesco avviando la più telefonata delle liason sessuali, o da figure incoerenti come il Professore e lo stesso protagonista, per non parlare di sua moglie e sua figlia, che intervengono con telefonate futili e ripetitive, e di suo fratello Antonio, completamente superfluo, “Il mostro di Bargagli” è un testo goffo e arrancante, solo parzialmente riscattato dalle buone intenzioni, una lettura tutto sommato deludente che non sa scegliere tra contributi saggistici e inventiva romanzesca, e si autosospende – masochisticamente – nel limbo della mediocrità.  

PREGI:
la semplicità dell’impianto narrativo e il bizzarro fascino delle location suppliscono ad altre manchevolezze, mentre la consapevolezza che si sta parlando di delitti realmente avvenuti inietta nel libro un po’ di sano interesse

DIFETTI:
lo stile è grezzo e poco curato, i personaggi non hanno spessore e la costruzione dell’indagine è puerile: in pratica, il protagonista non fa che procurarsi documenti da leggere e girellare in auto per la valle, sperando di ricordare qualcosa di decisivo. Pessimo il finale.

CITAZIONE:
«Lei lo sa bene, caro signore, la storia la scrivono sempre quelli che vincono. E la storia della resistenza l’hanno scritta, fino a ora, soltanto i partigiani e per di più quelli di una parte.» (pag. 74)

GIUDIZIO SINTETICO:

LEGENDA RECENSIONI
Sia per i libri che per i film, adotto nel giudizio sintetico il sistema Mereghetti, che va da 0 a 4 stelline: a 0, ovviamente, i giudizi più negativi, a 4 quelli più positivi, con tutti i possibili gradi intermedi…

?
0
1/2
*
*1/2
NON GIUDICABILE con i sistemi ìclassiciî di voto
PESSIMO
QUASI PESSIMO
BRUTTO
BRUTTINO
 
**
**1/2
***
***1/2
****
ACCETTABILE
DISCRETO
BUONO
MOLTO BUONO
CAPOLAVORO