LECTIO BREVIS / 161

Testi, pre-testi, divagazioni e spunti minimi intorno a libri letti, riletti, sfogliati

A cura di Roberto Mandile

PUNTATA 161
I VIAGGI TRA AVVENTURA E RICERCA
Perché il viaggio è l’essenza stessa della letteratura

Agatha Christie – L’UOMO VESTITO DI MARRONE (1924)

Di cosa parla: La giovane Ann Beddingfeld, rimasta orfana, lascia il paesino dell’Inghilterra dove ha sempre vissuto per trasferirsi a Londra, ospite di un amico del padre. È intenzionata a cercarsi un lavoro, ma si trova ad assistere a un incidente in metropolitana: un uomo, sopraggiunto di corsa, cade sui binari. A soccorrerlo sopraggiunge un sedicente medico, dall’abito marrone. È solo l’inizio di un’avventura che porterà Ann a imbattersi nell’omicidio di una donna e la indurrà, seguendo una pista che porta ad alcuni diamanti rubati, a imbarcarsi per il Sudafrica, insieme a una compagnia assortita, tra un deputato e i suoi due segretari, una ricca signora in vacanza, un colonnello amante della caccia grossa e un missionario dall’aria apparentemente pacifica…

Commento: È il quarto romanzo di Agatha Christie, pubblicato appena quattro anni dopo il suo fenomenale esordio nella narrativa poliziesca con Poirot a Styles Court. La futura Regina del Delitto, allora trentaquattrenne, era reduce da un viaggio di dieci mesi intorno al mondo insieme al primo marito, Archie Christie, ex militare e allora impegnato come consigliere finanziario in un tour promozionale per promuovere l’Esposizione dell’Impero Britannico (i due divorzieranno nel 1928 quando lui le dichiarò di essersi innamorato di un’altra: ad Agatha lasciò comunque il suo cognome). Il libro è un poliziesco d’avventura, che mostra una certa freschezza di scrittura e un ritmo della narrazione piuttosto sostenuto, ben lontano dal passo meditativo dei gialli a enigma che hanno consacrato l’autrice e le hanno fruttato successo e fama. Nel solco della tradizione del giallo classico, il colpevole, come ammette uno dei personaggi, è il più insospettabile, ispirato forse (se dobbiamo credere a quanto rivela la stessa Christie nella sua autobiografia) a un personaggio reale, incontrato durante il viaggio fatto con il marito. Il difetto maggiore del libro è nel finale, alquanto fiacco e dalle tinte un po’ troppo rosa. 

GIUDIZIO: **

Graham Greene – IN VIAGGIO CON LA ZIA (1969)

Di cosa parla: La regolare e monotona esistenza di Henry Pulling, cinquantenne impiegato di banca già in pensione, meticoloso coltivatore di dalie nel tempo libero, viene stravolta durante il funerale della madre dall’incontro con la zia Augusta, che, scomparsa fin dalla nascita del nipote, ha deciso di rifarsi viva proprio in occasione del funerale della sorella. L’anziana donna insinua in Henry dubbi sul fatto che la madre fosse davvero la sua genitrice. Ma per Mr Pulling è solo l’inizio di una serie di stravolgimenti che lo porteranno ad accompagnare la zia nei suoi viaggi prima in Europa, a bordo dell’Orient Express, e poi in America Latina, insieme a personaggi stravaganti o ambigui, come il valletto di colore Wordsworth e l’italiano Visconti…

Commento: Romanzo o divertimento? Graham Greene aveva, inizialmente, distinto la sua opera in queste due categorie. Questo libro, “l’unico che io abbia scritto per puro divertimento” come ebbe a dire l’autore, rientrerebbe naturalmente nel secondo gruppo. La distinzione, fondata sull’idea che i romanzi sarebbero le opere più serie, verrà abbandonata dallo stesso Greene. E a ben vedere ben poco si attaglia a buona parte dei suoi libri. Che, sia chiaro, sono quasi sempre divertenti, pieni come sono di ritmo, avventura, senso dell’umorismo. E divertente al massimo grado è senz’altro questo romanzo, specie nella prima parte. Ma, pur nella sostanziale leggerezza della storia (per quanto il finale si tinga anche di tragedia), Greene riesce a dare spessore e profondità mediante il gioco di contrasti, che percorre tutto il libro, tra i due personaggi principali: Mr Pulling, l’io narrante, e la zia Augusta. Attraverso gli occhi del primo, campione di normalità che si ritrova travolto dalla vitalità irriverente e anticonformista della zia Augusta, la vicenda, pagina dopo pagina, acquista un interesse del tutto inedito rispetto ai parametri sperimentati nella sua ordinaria e precedente esistenza dal protagonista. Ma, come ben sa Greene, in questo appunto (nell’evitare cioè la noia e il grigiore dell’anonimato) risiede l’essenza stessa di un romanzo che si rispetti, e la limpidezza stilistica dello scrittore inglese ne è, anzi, la migliore conferma: il lettore che si diverte non può chiedere di più. 

GIUDIZIO: ***

PRE-TESTI, DIVAGAZIONI
E SPUNTI MINIMI

Il viaggio è la letteratura. Non solo per l’ovvia considerazione che, a partire dall’Odissea e passando per la Divina Commedia o per il Don Chisciotte, giusto per limitarci ai primi libri che ci sovvengono, il viaggio ha sempre costituito il pretesto ideale per raccontare. C’è qualcosa di più, però: è la letteratura stessa, con il suo movimento continuo, con il suo stesso flusso narrativo, con il banale scorrere delle parole o delle pagine, a essere spazio. Da percorrere, da attraversare secondo la direzione indicata dall’autore, certo, ma anche, come ha dimostrato Calvino in Se una notte d’inverno un viaggiatore, da ripercorrere infinite volte secondo sentieri, strade o direzioni impreviste e sorprendenti.

È per questo che leggendo le memorabili pagine che, nella Recherche, Marcel Proust dedica ai viaggi, rigorosamente in treno (da quelli immaginati dal Narratore, grazie all’orario ferroviario, a Balbec o a Venezia, a quelli che portano, stazione dopo stazione, verso la Normandia), si ha l’impressione che l’equivalenza viaggio-letteratura sia inevitabile:

“Il piacere specifico del viaggio non consiste nel poter scendere durante il tragitto e nel fermarsi quando si è stanchi; sta nel rendere la differenza tra la partenza e l’arrivo non già la più inavvertita, ma la più profonda possibile, nel farla sentire nella sua totalità, intatta, qual era in noi quando la nostra immaginazione ci portava dal luogo dove si viveva fin nel cuore d’un luogo desiderato, in un balzo che ci sembrava miracoloso più che per il fatto di valicare una distanza per quello di unire due individualità distinte della terra, di condurci da un nome a un altro nome; un balzo che viene schematizzato (meglio che da una passeggiata, in cui, dato che si scende dove si vuole, non esiste più arrivo) dall’operazione misteriosa che si effettua in quei luoghi speciali, le stazioni, i quali non fanno parte per dir così della città ma contengono l’essenza della sua personalità, allo stesso modo che ne portano il nome su un cartello segnaletico.”

È, seppure più in piccolo, una sensazione analoga quella che tratteggia Sandro Penna in una sua breve poesia, raffinata come sempre nel cogliere nel viaggio, ancora una volta in treno, non tanto l’avventura dell’andare verso una meta quanto il poter percepire, attraverso l’esperienza stessa del viaggio e delle sue pause soprattutto, l’essenza di un che di misterioso destinato a dileguarsi con la ripresa del tragitto:

Il viaggiatore insonne
se il treno si è fermato
un attimo in attesa
di riprendere il fiato
ha sentito il sospiro
di quel buio paese
in un accordo breve…

Testi citati
Marcel Proust – ALL’OMBRA DELLE FANCIULLE IN FIORE – traduzione di Franco Calamandrei e Nicoletta Neri (1919)
Sandro Penna – IL VIAGGIATORE INSONNE, in “Confuso sogno” (1980)

LEGENDA RECENSIONI
Sia per i libri che per i film, adotto nel giudizio sintetico il sistema Mereghetti, che va da 0 a 4 stelline: a 0, ovviamente, i giudizi più negativi, a 4 quelli più positivi, con tutti i possibili gradi intermedi…

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NON GIUDICABILE con i sistemi ìclassiciî di voto
PESSIMO
QUASI PESSIMO
BRUTTO
BRUTTINO
 
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**1/2
***
***1/2
****
ACCETTABILE
DISCRETO
BUONO
MOLTO BUONO
CAPOLAVORO