LA CONQUISTA DELL’INUTILE – Werner Herzog

# 261 – Werner Herzog – LA CONQUISTA DELL’INUTILE (Mondadori, 2007, pagg. 347)

Dal giugno del 1979 al novembre del 1981, il grande regista tedesco Werner Herzog tenne un diario nel quale registrò le avventure (e, più spesso, le disavventure) della produzione e della lavorazione di quel film colossale e smisurato che è “Fitzcarraldo”: mesi e mesi di riprese nella giungla, a bordo di un vecchio battello che, secondo la sceneggiatura, doveva essere trascinato sulla fiancata di una montagna, per realizzare il sogno allo stesso tempo commerciale e artistico del protagonista, l’avventuriero Brian Sweeney Fitzgerald (interpretato da un memorabile Klaus Kinski): diventare ricco col caucciù e portare il grande teatro d’opera nel cuore dell’Amazzonia. Fitzcarraldo, nella finzione, ed Herzog, nella realtà, non sono che le due facce dello stesso personaggio, il sognatore senza confini che il regista ha sempre amato mettere in scena. E il diario di lavorazione, pubblicato molti anni dopo, è la straordinaria testimonianza di un’impresa ai limiti dell’impossibile: quella di fare un film che non simuli nulla, ma che aderisca perfettamente al sogno folle del suo protagonista, non mettendo in scena, ma realizzando nella realtà la trama del film, la cui mise en abyme è proprio il battello che – incredibilmente – scala una montagna.

Si può considerare narrativa un diario di lavorazione o, meglio, di produzione? Ovviamente no, o almeno non in senso stretto, visto che Herzog non inventa nulla e nelle pagine del libro non fa che raccontare i colloqui coi finanziatori del film, i momenti di tensione con la troupe e con gli attori, nonchè con le tribù di indios assoldate per le riprese, e le immense difficoltà logistiche incontrate durante una lavorazione folle alla ricerca di un film visionario e assoluto, non replicabile e avvolto nel suo stesso mistero di fondo. Parlare del libro e parlare del film è un po’ la stessa cosa, come parlare di Brian Fitzgerald (il personaggio) e di Werner Herzog (il regista) è, a sua volta, la stessa cosa: più ancora di Kinski, che gli ha prestato il suo volto allucinato e sognante, è infatti Herzog a rispecchiarsi nell’idealista Fitzcarraldo, uomo dalle mille idee, incapace di star fermo, votato al fallimento ma inarrestabile nella volontà di potenza (“Chi sogna può spostare le montagne!”).

Come Fitzcarraldo viene sbertucciato dai baroni del caucciù per la sua folle idea di andare a prendere la preziosa sostanza in un territorio infestato da indios ostili, e portando una nave su una montagna per aggirare delle pericolosissime rapide, allo stesso modo Herzog veniva sbertucciato dai produttori, che gli proponevano di finire il film in studio, ricostruendo la nave nei comodi teatri di posa di Hollywood, e girando gli esterni nei confortevoli boschi fuori San Diego, e non in Amazzonia, lungo i pericolossimi affluenti del Rio delle Amazzoni, facendo base nell’impossibile città di peruviana di Iquitos, sperduta in mezzo a una giungla lussureggiante e maledetta, la cui descrizione letteraria più fededegna si può forse ravvisare ne “La Casa Verde” di Vargas Llosa (non a caso un romanzo estremo incentrato su un personaggio che, alla Fitzcarraldo, nella giungla trova il suo destino).

Herzog non poteva girare “Fitzcarraldo” in studio, perché mai come in questo caso il film è la sua lavorazione, l’impresa del personaggio non può essere scissa da quella del regista, e il cinema si pone non più come arte dell’intelletto, ma come arte puramente e oscenamente fisica, sfibrante e logorante, vera e propria missione i cui esiti non sono preventivabili (infatti il budget del film volò alle stelle, e gli attori inizialmente scritturati per i ruoli principali – Jason Robards, Mario Adorf e, udite udite, Mick Jagger! – dovettero gettare la spugna, piegati dalla follia di un regista unico e visionario, che fu costretto a rigirare tutto con Kinski, ma che non si fermò davanti a nessuna difficoltà e, in qualche maniera, il film lo concluse). “La conquista dell’inutile” è il racconto, diaristico e dall’interno, sincero e immediato di un’ossessione che si chiama cinema, è l’ammissione di un bisogno estremo (quello di “sognare”) che Herzog non ha mai potuto scindere dalla sua attività di regista.

Libro unico e originalissimo, che sotto l’aspetto diaristico cela, questo sì, una profonda anima narrativa (in fondo un regista e sceneggiatore è anche, e soprattutto, un narratore), “La conquista dell’inutile” si legge con passione e meraviglia, ed è indicato sia a chi, come il sottoscritto, ha visto il film a quindici anni e segue Herzog da quand’era al Liceo, sia a chi non conosce la travagliata lavorazione di “Fitzcarraldo” e non ha mai neanche visto il film. La lettura resta comunque una scoperta, un viaggio allucinante e appassionato tra difficoltà produttive e vita nella giungla, rapporti con gli attori e problemi tecnici; un viaggio certo malsano e pericoloso, ai limiti dell’incoscienza, ma proprio per questo straordinario e irripetibile, ipnotico e venato di follia.            

Il regista Werner Herzog, Claudia Cardinale (Molly) e Klaus Kinski (Brian Sweeney Fitzgerald) sul set di “Fitzcarraldo”

(Recensione scritta ascoltando Rania Hani, “Now, Run”)

PREGI:
originale e diverso da ogni altro diario di lavorazione, è un libro che va oltre il racconto della realizzazione di un film, e diventa riflessione sulla vita e sulla morte, sul senso dei sogni e delle aspirazioni, sulla necessità di sfidare prima di tutto sé stessi. Il cinema, in questo senso, non è che un mezzo, come potrebbe essere l’alpinismo o qualunque altro sport estremo! 

DIFETTI:
pur non contenendo pagine strettamente “tecniche”, che potrebbero disturbare il lettore non esperto di cinema, non c’è dubbio che molti siano i personaggi e gli sviluppi legati al mondo del cinema che chi non ne è mai stato addentro potrebbe trovare un po’ ostici o noiosi. Ammesso che questo sia un difetto, comunque, è l’unico che mi sento di ravvisare in un testo per altri aspetti più che godibile, soprattutto se si conosce un minimo Werner Herzog!  

CITAZIONE:
“Incontro con i soci e i finanziatori. […] La domanda a cui tutti volevano una risposta era se avrei avuto il coraggio e la forza di ricominciare di nuovo tutto dall’inizio. Risposi di sì, perché altrimenti sarei stato un uomo che non aveva più sogni, e senza sogni non volevo vivere.” (pag. 171)

GIUDIZIO SINTETICO: ***½

LEGENDA RECENSIONI
Sia per i libri che per i film, adotto nel giudizio sintetico il sistema Mereghetti, che va da 0 a 4 stelline: a 0, ovviamente, i giudizi più negativi, a 4 quelli più positivi, con tutti i possibili gradi intermedi…

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NON GIUDICABILE con i sistemi ìclassiciî di voto
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QUASI PESSIMO
BRUTTO
BRUTTINO
 
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***1/2
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ACCETTABILE
DISCRETO
BUONO
MOLTO BUONO
CAPOLAVORO