LA DIFESA DI LUŽIN – Vladimir Nabokov

# 12Vladimir Nabokov – LA DIFESA DI LUŽIN (Adelphi, 2001, ed. orig. 1964 pag. 231)

La tormentata vita del campione di scacchi Aleksandr Ivanovič Lužin, da un’infanzia anaffettiva segnata in positivo solo dalla scoperta degli scacchi fino ad una età adulta fatta di ossessioni e nevrosi (scacchistiche ma non solo) che l’amore, apparentemente del tutto disinteressato e puro, di una ragazza russa di buona famiglia in esilio a Berlino cercherà di curare.

Scritto nel 1929, in russo, ma giunto ad una edizione in inglese solo negli anni ’60, “La difesa di Lužin” è un romanzo raffinato ed elegantissimo, non solo per lo scavo psicologico sul protagonista, descritto a partire dall’infanzia, ma anche e soprattutto per lo stile letterario, veramente elevato. Del resto, che dire? Nabokov è sempre Nabokov, non ci sono dubbi sulla caratura dello scrittore! Certo, è lecito trovarlo qui e là un po’ lezioso (e non mi riferisco solo alla “Difesa di Lužin”, ma anche al ben più celebrato “Lolita”!), ma le sue pagine, i suoi costrutti, sono di una ricercatezza a volte impressionante.

Anzi, visto che si parla di scacchi, preferisco dire che i costrutti della “Difesa di Lužin” sono precisi all’inverosimile, un po’ come le mosse di un grande campione sulla scacchiera, quando gioca una partita immortale e sviluppa una variante micidiale il cui valore si scopre solo alla fine, esattamente come il valore – indubbio – di questo libro viene fuori piano piano, sino ad un finale che in mani meno esperte sarebbe potuto diventare banalmente allucinatorio, e che invece sotto la penna di Nabokov resta lucidissimo, come un attacco di Donna e Alfiere su un Re chiuso nell’angolo. E il Re è il povero Aleksandr Lužin, personaggio disperato e disperante, irrimediabilmente perso nel vasto mondo e capace di dominare angosce ed emozioni solo quando si trova davanti alle 64 caselle di una scacchiera. Lì, nel mondo per lui più “vero” degli scacchi, riesce ad elaborare combinazioni meravigliose, costrutti scacchistici elegantissimi cui Nabokov dà l’impressione di voler rispondere con l’eleganza della sua scrittura, perché ci vuole una scrittura raffinata per dare conto della bellezza di una variante o della terribile forza di una spinta inattesa di pedone. Quella che Lužin elabora, nelle sue notti insonni e nelle lunghe passeggiate, è dunque più una difesa dalla vita che dal gioco aggressivo del suo grande rivale, l’italiano Turati; ma è una difesa che non riesce mai a mettersi alla prova della scacchiera, puramente immaginata e immaginaria, e forse per questo ancor più bella e struggente.

Tutto nella vita di Lužin è una partita a scacchi, la vita stessa gli appare imprigionata in una serie di mosse reiterate, di posizioni che si ripresentano, di inquietanti combinazioni iterative. E questa terrificante consapevolezza finisce per schiacciarlo, con lo stesso peso di un enigma scacchistico irrisolvibile, o viziato da un errore, oppure – ancora – con l’insopportabile fatalità di una partita ormai impossibile da vincere, per quante varianti si studino. Senza rinunciare a interessanti e gustosi tocchi sociali e politici (in fondo il romanzo riflette sul passaggio storico della Rivoluzione Sovietica, con le famiglie di russi emigrati perché non graditi al nuovo Regime comunista), “La difesa di Lužin” è soprattutto la storia di un bambino mai cresciuto, diviso tra una madre isterica e un padre debole, scrittore di scarso successo e ancor più scarsa fama; di un bambino che, suo malgrado, diventa uomo ma rimane completamente disarmato nei confronti del mondo e della vita, se non può disporre di Torri e Cavalli, Alfieri e pedoni.

Prigioniero del suo stesso gioco, Lužin non può che essere seguito fino alla fine dalla penna inesorabile di Nabokov, capace di trovare soluzioni narrative e stilistiche eccezionali (si veda, ad esempio, la sovrapposizione tra la visita dentistica e la seduta dal fotografo per il rinnovo del passaporto: due scene completamente diverse che si mescolano perfettamente nella mente del protagonista, generando un piccolo, straordinario snodo narrativo). Libro denso e di non facile lettura, ma indubbiamente appagante. Certo, purché non si detestino gli scacchi…                      

(Recensione scritta ascoltando Johann Sebastian Bach, “Toccata e fuga in Re minore”, nell’esecuzione all’organo di Karl Richter)

PREGI:
una scrittura splendida, incisiva come le mosse di un Garry Kasparov o di un Bobby Fischer, eppure allo stesso tempo ondivaga, quasi irrisolta, un po’ come il protagonista, incapace di prendere decisioni che non siano mosse di scacchi

DIFETTI:
Nabokov a tratti richiede molto impegno nella lettura, perché non sfuggano finezze e rimandi interni al romanzo, tutto costruito come la reiterazione delle posizioni su una scacchiera. Di certo una lettura non semplicissima

CITAZIONE:
“Ogni futuro è ignoto, ma a volte assume una nebulosità particolare, come se altre forze venissero in soccorso alla naturale riluttanza del destino, spargendo un’elastica caligine contro la quale il pensiero rimbalza” (pag. 158)

GIUDIZIO SINTETICO: ***

LEGENDA RECENSIONI
Sia per i libri che per i film, adotto nel giudizio sintetico il “sistema Mereghetti”, che va da 0 a 4 “stelline”: a 0, ovviamente, i giudizi più negativi, a 4 quelli più positivi, con tutti i possibili gradi intermedi…

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NON GIUDICABILE con i sistemi “classici” di voto
PESSIMO
QUASI PESSIMO
BRUTTO
BRUTTINO
 
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**1/2
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***1/2
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ACCETTABILE
DISCRETO
BUONO
MOLTO BUONO
CAPOLAVORO