LECTIO BREVIS / 103

Testi, pre-testi, divagazioni e spunti minimi intorno a libri letti, riletti, sfogliati

A cura di Roberto Mandile

PUNTATA 103
GLI USA VISTI DA QUESTA PARTE DELL’OCEANO
Quando gli Europei raccontano l’America

James Hadley Chase – INCENDIO A BORDO (1950)

Di cosa parla: L’investigatore privato Vic Malloy gestisce la rinomata agenzia Universal Services, che vanta come clientela di riferimento i milionari della zona di Orchid City. Non è dunque il caso di lasciarsi sfuggire un incarico: eppure è quanto è successo a Vic, allorché rinviene, nella tasca di un impermeabile, una lettera dimenticata più di un anno prima, in cui una ragazza, Janet Crosby, chiedeva la consulenza dell’agenzia per trovare le prove contro qualcuno che ricattava sua sorella. Il fatto è che, lo stesso giorno in cui aveva spedito la lettera, Janet ha trovato la morte, ufficialmente per un attacco di cuore. Per Vic ce n’è abbastanza per avviare un’indagine…

Commento: Orchid City (che il nome sia un omaggio dell’autore al suo primo bellissimo libro No Orchids for Miss Blandish?) non esiste, ma non sussistono dubbi sulla sua collocazione sulla carta geografica. Siamo in America, negli Stati Uniti: potenza di James Hadley Chase, il più americano degli scrittori europei di polizieschi. La storia è coinvolgente il giusto, complicata quanto basta e sufficientemente cupa: certo, nella fluviale opera di Chase, contrassegnata dalla netta predilezione per il giallo all’americana, non spicca per il pessimismo del tono né per le trovate narrative (quella su cui si regge lo scioglimento della storia è ben centrata ma non originalissima), però sa dipanarsi con apprezzabile scioltezza, facendo della simpatia del protagonista (che compare qui nell’ultimo dei tre libri incentrati su di lui) e della brevità i suoi punti di forza.

GIUDIZIO: **½

Joël Dicker – LA VERITÀ SUL CASO HARRY QUEBERT (2012)

Di cosa parla: 2008. In preda alla sindrome della pagina bianca, lo scrittore Marcus Goldman decide di rivolgersi al suo maestro Harry Quebert, a sua volta scrittore e autore, ormai più di trent’anni fa, di un libro di grande successo. Quebert invita Goldman nella sua villa sull’oceano, ad Aurora, in un paesino del New Hampshire, per un soggiorno che dovrebbe rigenerarlo, se non fosse che di lì a poco, nel giardino della casa, vengono ritrovati i resti di Nola Kellergan, che era scomparsa nel 1975 all’età di quindici anni in modo misterioso (alla vicenda era collegato anche l’omicidio di una donna anziana). Quel che Goldman, come tutti d’altronde, ignora è che tra Harry Quebert e Nola c’era stata, all’epoca, una relazione, la cui rivelazione, anche a causa della differenza d’età, diventa un vero e proprio caso…

Commento: Caso editoriale di una decina d’anni fa, il romanzo d’esordio del ginevrino Dicker, allora neanche trentenne, è la conferma che la letteratura vive di modelli per potersi riplasmare in infinite variazioni. Alla base della vicenda, diranno i critici, nulla di nuovo: un delitto, anzi un cold case, di una ragazzina nella provincia americana (e il ricordo va a Laura Palmer e a Twin Peaks), con, in più, la questione della morbosa storia d’amore tra un trentenne e una quindicenne (e qui non c’è bisogno dello sforzo del lettore: ci pensa Dicker stesso a rimandarci più volte a Nabokov, fin dalla scelta del nome, qui Nola, là Lola/Lolita). Volendo, ma non ci sbilanciamo troppo per non togliere il gusto della sorpresa, c’è spazio anche per una reminiscenza di Psyco, il capolavoro di Hitchcock. Nulla di nuovo, forse, ma gli incubi da quando l’uomo racconta storie sono un po’ sempre gli stessi e, se ben narrati, continuano a fare paura. O, per il lettore che li vive (solo) attraverso le parole, aiutano a far scorrere le 770 pagine senza uno sbadiglio, un accenno di noia, la percezione di una lentezza di troppo o di un vezzo stilistico non richiesto. I consigli di Quebert a Goldman, che scandiscono, alla rovescia (dal 31 all’1), i capitoli del romanzo, offrono anche preziose indicazioni metaletterarie su come si scrive un libro: il 10°, ad esempio, spiega che i bravi scrittori sono quelli che trasmettono emozioni che non hanno vissuto (“se ogni scrittore dovesse limitarsi a se stesso, la letteratura sarebbe di una tristezza spaventosa e perderebbe il proprio senso”), il che va a ulteriore merito di un autore svizzero che racconta l’America come se fosse casa sua.  

GIUDIZIO: ***½

PRE-TESTI, DIVAGAZIONI
E SPUNTI MINIMI

Nel gennaio 1939 il grande poeta britannico Wystan Hugh Auden arriva a New York: deciderà di trasferirsi definitivamente in America. Prenderà la cittadinanza degli Stati Uniti nel 1956. Proprio al 1939 risale la composizione di una delle poesie più significative della sua raccolta più celebre, Another Time. Si intitola Il cittadino ignoto e secondo Sandro Veronesi è “la poesia più illuminante sull’arte americana del XX secolo”, presentandosi come una ambigua celebrazione dell’“epica dell’anonimato”, ossia della tendenza a fare dell’uomo comune (e del contraddittorio rapporto con la comunità e lo Stato in cui è introdotto) il centro di interesse della rappresentazione non solo letteraria, ma anche pittorica e cinematografica.   

A JS/07/M/378
LO STATO DEDICA
QUESTO MONUMENTO MARMOREO

L’Ufficio Statistico attesta
che mai fu fatta contro di lui querela,
e rapporto sulla sua condotta non si dà
che non lo giudichi un santo nel senso moderno di un termine antiquato,
perché in ogni atto egli servì la Comunità.
Tranne che in Guerra, finché andò in pensione
lavorò in una fabbrica e mai fu licenziato,
ma piaceva ai padroni, Fudge Motors Inc.

Eppure non era un crumiro né aveva idee bizzarre,
perché il sindacato attesta che pagava le sue quote
(e ci è attestato che il Sindacato non mente)
e i nostri Assistenti Sociali hanno rilevato
che era popolare tra i suoi compagni e beveva di gusto.
La Stampa è convinta che comprasse ogni giorno un quotidiano
e che non reagisse alla pubblicità in modo strano.
Le polizze a suo nome mostrano che era assicurato a vita,
e il suo Libretto Sanitario prova che fu in ospedale una volta ma ne uscì guarito.
Le varie Ricerche di Mercato dichiarano
che sapeva usufruire dei Piani Rateali
e che aveva tutto quanto occorre all’Uomo Moderno,
un grammofono, una radio, un’auto e un frigo.
I vari Sondaggi d’Opinione rilevano soddisfatti
che aveva l’opinione giusta al momento giusto;
quando c’era la pace, voleva la pace; quando c’era la guerra, partiva.
Era sposato e accrebbe di cinque figli la popolazione,
numero perfetto secondo il nostro Eugenista per un padre della sua generazione,
e i nostri insegnanti riportano che non ostacolò mai i loro programmi.
Era libero? Felice? Che domande assurde:
se qualcosa non avesse funzionato, di certo ne saremmo stati informati.

Tra le tante osservazioni sugli Stati Uniti lasciateci da scrittori europei che li hanno visitati, più o meno approfonditamente, spiccano quelle di Ennio Flaiano, che vi andò negli anni Sessanta (la testimonianza più significativa è nel racconto lungo Melampus, a cui approdò dopo il fallimento del progetto di realizzarne un film). Così, ad esempio, Flaiano parla di New York nel Diario degli errori, in una pagina datata estate 1964:

“New York ha molti grattacieli Pirelli
alcuni più alti, altri meno belli.

A New York tutti sentono il bisogno di essere uguali, perché l’eguaglianza è una sicurezza che esclude la fraternità e la libertà.

A New York attenti al comunista quasi sempre è un intellettuale che ama l’Italia la France, e pensa che ci sia molto da fare in un paese dove il potere è in mano alla Borsa, ma in realtà ai sindacati, dove il povero non va in Florida, e dove i gatti abituati al cibo in scatola non mangiano che biscottini secchi e fanno i loro bisogni su un preparato che si chiama Kitty – un miscuglio di sabbia e di pietrisco che si vende in pacchi a 35 cents e che loro raspano tutto il giorno, poverini. Il pane a New York non è più il pane del vangelo, il corpo del signore, l’odore fresco del pane, la prima offerta all’ospite, è un prodotto che si tiene in frigorifero e contiene: lievito, vitamina D, pura farina di grano, nitrato di sodio, calcio, acqua e materie antideperibili come il carbonidrato di calcio. Il pane fa bene, dice la pubblicità, è l’alimento sano, adatto ai bambini e alle persone anziane. Come ridono gli americani quando vedono in un film francese la ragazza che torna a casa con la sua baguette di pane, unwrapped! – nemmeno incartata, così, pane anonimo. I bambini delle scuole vengono portati a vedere le mucche, che non hanno mai visto. In Italia, diceva un americano a un altro, i polli girano crudi per strada. Ogni pederasta qui ha un cane. Una ragazza si è spostata un pederasta perché le piaceva il suo cane. Migliaia di ragazze nei loro appartamentini art-nouveau discutono di cose tipo King Kong con tipi come i Beatles. Il prezzemolo cresce a forma di pino marittimo, ma ora nei sandwich, lo servono di plastica, è solo decoration, e nessuno lo mangia. La natura ha fatto il passo necessario per cedere all’arte le sue mansioni.”

Testi citati
Wystan Hugh Auden – IL CITTADINO IGNOTO, in “Un altro tempo” – traduzione di Nicola Gardini (1939)
Ennio Flaiano – DIARIO DEGLI ERRORI (1964)