LA PARTE DELL’ALTRO – Eric-Emmanuel Schmitt

# 240 – Eric-Emmanuel Schmitt – LA PARTE DELL’ALTRO (Edizioni e/o, 2005, pagg. 470)

Cosa sarebbe successo se un certo Adolf Hitler, anziché essere respinto per ben due volte, avesse passato l’esame preliminare e fosse stato, invece, ammesso all’Accademia di Belle Arti di Vienna? Pittore di scarso talento, ma caratterizzato da un ego di notevoli dimensioni, Adolf prese malissimo quella doppia bocciatura, e di lì a pochi anni – dopo aver combattuto con l’esercito della Baviera durante la Prima Guerra Mondiale – si sarebbe dato alla politica, con i risultati che tutti conosciamo: avrebbe guidato un partitino di nessun peso fino al governo in Germania e lui stesso sarebbe diventato Cancelliere del Reich, carica che poi non avrebbe più lasciato fino al disastro della Seconda Guerra Mondiale, da lui scatenata. Ma se invece Adolf H. fosse diventato pittore? Se avesse studiato quell’arte che tanto gli piaceva, da giovane, anziché entrare nel tritacarne della politica mitteleuropea del primo Novecento? Quale storia avremmo raccontato, allora? Le sue turbe mentali, il suo autoritarismo e la sua intransigenza avrebbero comunque deciso il destino di milioni di persone, o le cose sarebbero andate diversamente?

Raccontando in parallelo (a capitoli alternati) le storie di Adolf Hitler, dittatore, e di Adolf H., modesto ma dignitoso pittore, Eric-Emmanuel Schmitt non scrive proprio un’ucronia, ma piuttosto una specie di “controstoria sinottica”, un confronto tra la storia com’è stata e come la conosciamo (con, però, la descrizione di un Hitler a tratti imbarazzante per banalità e luoghi comuni) e una controstoria in cui quello stesso Hitler è diventato tutt’altra persona, non priva di lati oscuri e di contraddizioni, ma fondamentalmente una persona “risolta”, in pace con sé stessa e con gli altri, e capace di esprimersi artisticamente, con risultati magari discutibili, ma pur sempre accettabili e financo piacevoli. Come se alla fine la Seconda Guerra Mondiale fosse dipesa solo e unicamente dalla psicopatia di un uomo, tesi che francamente non mi sento di sposare.

Ecco, questo arguto e interessante romanzo di Schmitt funziona abbastanza bene quando cerca di immaginare un Hitler appianato e risolto, pittore tra Vienna, Parigi e gli Stati Uniti (!), ma non funziona per niente quando gli contrappone il dittatore, descritto con effettacci da horror gotico e con cadute nella banalità più vieta. Non è facile, del resto, far parlare e agire i personaggi storici, e ancor meno facile è far parlare un personaggio impressionante come Hitler, indecifrabile anche per la maggior parte dei tedeschi, ancora enigmatico a distanza di tanti anni. Ecco perché l’Hitler “ipotetico” funziona meglio di quello “reale”: nel formulare l’ipotesi di un pittore di un qualche talento che, anziché farsi divorare il cuore dallo scontro politico, si dedica alle sue tele e coltiva amicizie nel campo dell’arte, Schmitt si dimostra un buono scrittore e ci offre una figura tutto sommato plausibile, che a tratti strappa anche la lacrima, non tanto per la compassione quanto per il desiderio retroattivo: magari le cose fossero andate così! Magari ci ricordassimo di un certo Hitler solo per i suoi quadri appena decenti, e per la puntata dedicatagli da Philippe Daverio in una delle sue bellissime trasmissioni.

Invece di Hitler ci tocca avere ben altro ricordo, e qui casca l’asino, perché Schmitt si sforza di entrare nel cuore del mostro ma non ha gli strumenti, né stilistici né – mi perdoni – intellettuali. Il suo Hitler è macchiettistico e superfluo, non aggiunge nulla a quanto si possa aver già letto cento volte in libri ben più documentati ed efficaci (uno su tutti, la monumentale biografia di Ian Kershaw, oppure uno dei tanti libri che il grande Joachim Fest ha dedicato a Hitler). E poi, che bisogno c’era di evocare così pesantemente (e pedissequamente) l’Hitler-mostro che tutti conosciamo dai libri di storia o, nella peggiore delle ipotesi, dai libri di testo delle scuole medie? Davvero Schmitt credeva di poter dare una sua immagine personale, efficace e riuscita, di un personaggio tanto oscuro e ambiguo?

Interrogarsi sul possibile Hitler pittore è più che lecito e costituisce la parte di più interessante di questo libro perfettamente (e anche un po’ noiosamente) bipartito; analizzare l’Hitler Cancelliere descrivendolo con toni cupi che più cupi non si può, come una figura malata e marcescente, è francamente ridondante, senza considerare che la parte “storica” del romanzo (rispetto a quella controstorica) contiene errori e banalità anche nel racconto dei rapporti tra Hitler e i suoi fedelissimi. Peccato, perché l’idea non era malvagia e il libro dopotutto si lascia leggere; ma la differenza di potenziale tra le due “parti”, tra i due Hitler, è troppo evidente e – anche ammettendo che fosse intenzione dell’Autore creare questo effetto – si va oltre il lecito e, da un certo momento in poi, la narrazione (di entrambe le parti) non regge più e cede a volte al ridicolo involontario.

(Recensione scritta ascoltando gli Iron Maiden, “Fear of the Dark”)

PREGI:
l’idea, non nuovissima, è comunque buona e i capitoli dedicati all’Hitler pittore sono decisamente più riusciti di quelli che descrivono l’Hitler folle politico. Nel complesso, un libro che si può leggere, soprattutto se si è interessati alla figura del Führer e alla temperie politica e sociale di quegli anni  

DIFETTI:
l’Hitler storico è goffo e banale, tutto incentrato sulle (possibili) patologie di cui (forse) soffriva. E il “rimbalzo” da un Hitler all’altro, se funziona fino a un certo punto, dopo la metà del libro diventa stucchevole e non evita cadute nel ridicolo, da una parte come dall’altra (un esempio su tutti: Hitler in cura da Freud a Vienna!)

CITAZIONE:
“Hitler è una verità nascosta nel profondo di noi stessi che può risorgere in qualsiasi momento.” (pag. 469)

GIUDIZIO SINTETICO: **

NOTA
Tutti i dipinti e gli acquerelli riprodotti nel testo sono di Adolf Hitler

LEGENDA RECENSIONI
Sia per i libri che per i film, adotto nel giudizio sintetico il sistema Mereghetti, che va da 0 a 4 stelline: a 0, ovviamente, i giudizi più negativi, a 4 quelli più positivi, con tutti i possibili gradi intermedi…

?
0
1/2
*
*1/2
NON GIUDICABILE con i sistemi ìclassiciî di voto
PESSIMO
QUASI PESSIMO
BRUTTO
BRUTTINO
 
**
**1/2
***
***1/2
****
ACCETTABILE
DISCRETO
BUONO
MOLTO BUONO
CAPOLAVORO