MATCH BALL – Antonio Skármeta

# 180 – Antonio Skármeta – MATCH BALL (Garzanti, 1994, ediz. orig. 1989, pagg. 191)

Appassionato di tennis e “costretto” a giocare ogni giorno in un importante club berlinese con suo suocero, il cinquantaduenne medico americano Raymond Papst, sposato con la bella avvocatessa Ana von Bamberg, incontra un giorno per caso, mentre si allena, la chiacchieratissima campionessa in erba Sophie Mass, quindicenne talentuosa che promette di vincere tutti i Tornei dello Slam. Assistita da sua madre Diana, la giovane Sophie entra nel circuito del tennis mondiale come un fulmine di talento e malizia: ninfetta impenitente, ama sedurre e illudere gli uomini. Anche il dottor Papst cade nella sua rete, al punto di accettare l’incarico di suo medico personale e, in barba al matrimonio e alla famiglia, seguirla a Parigi per il prestigiosissimo Roland Garros. Ma anche un giovanotto spagnolo fumantino e teatrale, Pablo Braganza, è perdutamente innamorato della volubile Sophie, e tra lui e Papst saranno presto scintille. Quando poi anche la stampa viene a sapere tutto, la frittata è fatta!

Datato 1989, e figlio degli anni d’oro di un certo Boris Becker, che portò il tennis ad essere popolarissimo soprattutto in Germania, questo romanzo di Skármeta – l’Autore del “Postino di Neruda” – si presenta come una commedia sexy ambientata nel mondo dello sport professionistico, un curioso ibrido tra “Lolita” e un racconto di epica sportiva, insomma… tra Nabokov e Gianni Clerici!

Storia di una ossessione sentimentale, “Match Ball” si fa leggere con un certo piacere grazie soprattutto all’arguzia della penna di Skármeta, che sdrammatizza tutto e riesce a conferire una patina di commedia anche a temi che farebbero tremare i polsi a molti scrittori, come il rapporto oggettivamente pedofilo tra il protagonista e la giovane Sophie. Scritto oggi, un romanzo simile sarebbe diventato probabilmente un dramma; non che manchino i punti drammatici e intensi nel libro di Skármeta, ma la scelta dell’Autore è quella di imboccare sempre, anche quando non sembra la scelta migliore, la via del sorriso – anche amaro – e mai quella della tragedia, qui e là sfiorata ma mai fatta esplodere, sempre trattenuta con estrema cautela in punta di penna.

Rinunciando a una suddivisione classica in capitoli (il libro è un blocco narrativo unico, raccontato dal punto di vista del protagonista, Raymond Papst) e puntando tutto sull’autoironia di questa sorta di Humbert Humbert per nulla pentito di aver allegramente mandato all’aria la sua vita comoda e agiata per rincorrere le bizze di una ragazzina capricciosa, Skàrmeta riesce a portare la trama fino alle estreme conseguenze (con un certo stupore del lettore, soprattutto odierno, abituato a libri più “politicamente corretti” e – purtroppo – spesso filtrati da un moralismo insopportabile) ma è costretto poi a troncare la vicenda sul più bello, quando finalmente il dottor Papst avrebbe dovuto fare i conti con la sua stessa ossessione e, in qualche modo, superarla. Contentandosi di una chiusa a suo modo tragicomica, “Match Ball” si conferma un puro libro degli anni ‘80, figlio di un tempo edonista e un po’ superficiale, affascinato dai vip e dai campioni dello sport, vittima della moda e di una certa “piacioneria” che oggi un po’ rimpiangiamo, ma che non abbiamo mai mancato di criticare in passato. Non che il libro sia in sé superficiale: anzi, come dicevo, l’Autore si spinge ben oltre il limite, fino a sdoganare con una certa (eccessiva?) nonchalance il rapporto (sessuale) tra un uomo di cinquantadue anni e una ragazzina di quindici.

Ma questa commedia fitta di inseguimenti e baruffe, di fotografi e stanze d’hotel, di partite a tennis e scenate di gelosia alla fine resta fatalmente un po’ “sospesa” nel tempo e nello spazio, preda della stessa dissacrante autoironia del fin troppo scanzonato protagonista che, come il suo rivale Pablo Braganza, non riesce mai ad imporsi come un personaggio veramente riuscito, e veramente credibile. E a nulla serve, in questo senso, la curiosa prefazione in cui Skármeta dichiara di accingersi a raccontare una storia vera, udita dallo stesso protagonista (all’epoca suo medico curante), della quale egli si sarebbe limitato a cambiare i nomi dei personaggi. Ovviamente non si hanno elementi per stabilire la veridicità o meno della storia; essa però, tutto sommato, appare troppo spesso spinta artificiosamente all’estremo e un po’ “sudamericanamente” sopra le righe. Il che non toglie, dopotutto, divertimento e godibilità alla lettura, e non impedisce che la ninfetta Sophie Mass provochi nel lettore (certo più che nella lettrice) qualche sussulto malandrino di desiderio.                                

(Recensione scritta ascoltando Serge Gainsbourg e Jane Birkin, “Je t’aime, moi non plus” )

PREGI:
scatenato e innegabilmente divertente, è un libro che trae tutta la sua energia dalla doppia forza dell’ironia da una parte e della pura pulsione sessuale dall’altra. Skármeta decide di non nascondere nulla: Sophie è una ninfetta nabokoviana, ma è molto più consapevole e determinata di Lolita, il che la porta anche ad essere, fatalmente, meno complessa e, sul lungo periodo, meno interessante e contraddittoria rispetto al più noto modello. Le arguzie comunque non mancano e l’Autore cileno si conferma un’ottima penna!      

DIFETTI:
spinto ed esplicito, il libro trova il suo limite proprio quando dovrebbe toccare l’apice: non rinunciando a nulla, Skármeta forse commette l’errore di portare la storia a un punto di non ritorno, dopo il quale l’interesse cala inevitabilmente, fino a una chiusa un po’ deludente nella sua semi-comicità

CITAZIONE:
“Dopo aver chiuso delicatamente la porta dello studio, rimase distante perché potessi apprezzare il nuovo aspetto che offriva: camicetta e gonna di seta nera, piedi scalzi e scarpe con i tacchi alti nella mano sinistra, capelli sciolti che ricadevano sullo zigomo destro, e al centro del suo pallore, come un festival di fuochi d’artificio […] la sua bocca sottolineata da un rossetto che sembrava gridare: Baciami!” (pag. 49)

GIUDIZIO SINTETICO: **½

LEGENDA RECENSIONI
Sia per i libri che per i film, adotto nel giudizio sintetico il sistema Mereghetti, che va da 0 a 4 stelline: a 0, ovviamente, i giudizi più negativi, a 4 quelli più positivi, con tutti i possibili gradi intermedi…

?
0
1/2
*
*1/2
NON GIUDICABILE con i sistemi ìclassiciî di voto
PESSIMO
QUASI PESSIMO
BRUTTO
BRUTTINO
 
**
**1/2
***
***1/2
****
ACCETTABILE
DISCRETO
BUONO
MOLTO BUONO
CAPOLAVORO