PLUTONIO 239 E ALTRE FANTASIE RUSSE – Ken Kalfus

# 154 – Ken Kalfus – PLUTONIO 239 E ALTRE FANTASIE RUSSE (Mondadori, 2006, ediz. orig. 1999, pagg. 268)

Raccolta di racconti incentrata sul mondo russo, dai tempi contraddittori ma gloriosi dell’Unione Sovietica al panorama desolato e desolante dell’era post-Gorbaciov. In Plutonio 239, il tecnico di una centrale nucleare, esposto a contaminazione in seguito a un incidente e ormai condannato a morte, cerca di vendere sul mercato nero del preziosissimo plutonio, ma si imbatte in criminali piuttosto imprudenti; in Anželika, 13 una ragazzina di tredici anni, complice un certo evento che la riguarda, si colpevolizza per la morte del compagno Stalin; in Birobidžan, si racconta la fondazione, da parte di un gruppo di ebrei russi, di una provincia ebraica nell’Unione Sovietica degli anni ’30; in Orbita, la notte prima dello storico lancio che l’avrebbe portato ad essere il primo uomo nello spazio, il cosmonauta Jurji Gagarin si concede un piacere… molto terreno! In Budjonnovsk si rievoca il sequestro, da parte dei separatisti ceceni, dei pazienti di un ospedale, nel 1995, finito tragicamente; in Sale, un antico mercante russo scopre… il capitalismo! Infine, in Peredelkino, lo scrittore Rem Krilov, durante l’era Brežnev, finisce nei pasticci per l’imbarazzante amicizia con una bella ma poco dotata collega responsabile di tradimento ideologico…

Avevo in serbo da un bel po’ questo libro di Ken Kalfus, ed ecco che è arrivato il suo momento. Non l’avevo letto in precedenza perché – e chi conosce il mio “Veleno dei ricordi” potrà capire – quel titolo, “Plutonio 239”, evocava in me profonde reminiscenze, e portava con sé, fatalmente, il ricordo degli studi “matti e disperatissimi” che ho svolto per scrivere il mio libro, e che mi hanno segnato profondamente.

Non che sia un male: a modo mio, sono diventato un discreto esperto di fisica nucleare. Pure, ero restio a tuffarmi nelle elucubrazioni di un altro scrittore sullo stesso tema. Avrei fatto meglio, però, a fidarmi di quel quasi invisibile sottotitolo (punto di demerito alla copertina di Mondadori): “e altre fantasie russe”. Il plutonio figura tra i protagonisti di questa raccolta di racconti, è vero, ma non è il protagonista assoluto, anzi, “abita” un unico racconto, il primo, e lascia poi il posto a una serie di vicende e di personaggi che, fortunatamente, con Chernobyl e con la radioattività non hanno nulla a che fare. Nata in seguito a una permanenza a Mosca durata quattro anni, questa raccolta di racconti ha il pregio di uno stile bello e limpido (Kalfus sa indubbiamente raccontare, ed è un merito non da poco!) e il difetto di una disegualità interna piuttosto marcata.

Se Plutonio 239 è un sardonico e allucinante spaccato dello sbandamento morale della Russia post-sovietica, e Anželika, 13 è quanto di più si avvicini al capolavoro, un racconto inquieto e vivace, attraversato da tensioni e ossessioni che solo l’adolescenza, quest’età bellissima e misteriosa, conosce, va però ammesso, con la medesima onestà, che Sale è la rimasticatura assai poco convincente di un’antica fiaba, e Budjonnovsk è il pretenzioso (e perlopiù indecifrabile) racconto di un fatto di cronaca legato al tentativo di secessione della Cecenia. Birobidžan e, soprattutto, Orbita sono racconti interessanti ma non eccezionali, mentre Peredelkino – che chiude la raccolta – è quasi un romanzo breve, per estensione e ritmica.

Kalfus dimostra di essere entrato profondamente nel tessuto sociale e storico della Russia, la sua non è una conoscenza superficiale o parziale; non tutti i racconti si leggono con eguale piacere, ma la scrittura non è malvagia e – soprattutto oggi, a tanti anni di distanza – questo tuffo nelle atmosfere della Guerra Fredda, della dittatura del proletariato e delle ossessioni del Socialismo reale non può non toccare corde profonde, in particolare in chi ha un’età sufficiente per sapere di cosa si parla. Io, sfortunatamente, appartengo alla categoria: ricordo benissimo la tensione USA-URSS, le notizie d’apertura di ogni telegiornale dedicate a dichiarazioni, volta a volta, di Reagan o di Gorbaciov, e ricordo lo sconvolgimento del 1991, e gli anni immediatamente successivi alla caduta del Muro di Berlino. Insomma, ricordo benissimo la temperie culturale e sociale che sembra aver dato origine a questo libro (uscito nel 1999, a eventi ancora “freschi”), e nella lettura ho ritrovato tanti temi e tanti aspetti di quel mondo perduto, sospeso tra il mito di una Rivoluzione mai del tutto riuscita e la grigia quotidianità – ottimamente raccontata in Peredelkino – di un regime che si trascinava senza costrutto, e senza un progetto.

Ecco, forse proprio Peredelkino, il racconto più lungo della raccolta – quasi un romanzo breve – è il testo che meglio racchiude in sé vizi e virtù di questo libro, apparentemente ambizioso ma capace, in realtà, di trovare e rispettare i suoi limiti. La vicenda dell’immaginario scrittore Rem Krilov, invischiato, dopo la Primavera di Praga, nell’imbarazzante amicizia con la contestatrice Marina Burčatkina, è la messa in scena perfetta, anche se un po’ calligrafica, di un mondo scomparso, odiato e rimpianto nella stessa misura, in un enigma storico e sentimentale insolubile, che la letteratura – e qui sta il principale pregio di “Plutonio 239” – può permettersi di esaltare senza spiegare, di accarezzare senza amare o, meglio ancora, di amare senza dover dare spiegazioni di sorta, senza dover rispondere a questa o a quella posizione politica.           

(Recensione scritta ascoltando i Madrugada, “This Old House”)

PREGI:
“Plutonio 239” non è un saggio, ma una raccolta di “fantasie russe”, di variazioni sul tema dell’Unione Sovietica e del suo crollo che, a prescindere da come la si pensi, ha lasciato un grande, un immenso “vuoto” da colmare, non solo ideologico ma anche culturale e storico. Nel 1999, un libro come questo aveva certamente un sapore diverso da oggi: un sapore di cronaca e riepilogo storico. Oggi, la raccolta di Kalfus resta un interessante documento d’epoca filtrato attraverso una scrittura di buona qualità 

DIFETTI:
piuttosto diseguali nella riuscita, ma accomunati da una buona tecnica compositiva, i racconti che compongono la raccolta vanno dall’ottimo all’insufficiente, un po’ come uno scolaro incostante che faccia dannare il suo insegnante con prestazioni oscillanti. Peccato: con una maggiore omogeneità nella qualità dei racconti parleremmo di un gioiello! Così, “Plutonio 239” è una discreta lettura senza scomodare superlativi   

CITAZIONE:
«Ma chi crediamo di essere?» L’Ingegnere Capo chiuse gli occhi. «Davvero l’uomo è destinato a lasciare la Terra? E come? Come può essere? Ci siamo tanto evoluti? Siamo appena discesi dalle scimmie. Ci facciamo guerra e ci comportiamo in modo abominevole gli uni con gli altri. Porteremo in cielo con noi i nostri fallimenti? A che servirà? Non siamo pronti, e neppure i nostri figli lo saranno, temo. I loro figli, può darsi… Una generazione che non ha conosciuto la guerra…»  (pag. 136 – Dal racconto “Orbita”)

GIUDIZIO SINTETICO: **½

LEGENDA RECENSIONI
Sia per i libri che per i film, adotto nel giudizio sintetico il sistema Mereghetti, che va da 0 a 4 stelline: a 0, ovviamente, i giudizi più negativi, a 4 quelli più positivi, con tutti i possibili gradi intermedi…

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NON GIUDICABILE con i sistemi ìclassiciî di voto
PESSIMO
QUASI PESSIMO
BRUTTO
BRUTTINO
 
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**1/2
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***1/2
****
ACCETTABILE
DISCRETO
BUONO
MOLTO BUONO
CAPOLAVORO