RACCONTI IMPOSSIBILI – Tommaso Landolfi

# 172 – Tommaso Landolfi – RACCONTI IMPOSSIBILI (Adelphi, 2017, ediz. orig. 1966, pagg. 195)

Un delitto talmente perfetto da finire in farsa; due allevatori di polli che si ritrovano a loro volta in un inquietante recinto; un professore di un altro pianeta che tenta di spiegare ai suoi impertinenti allievi i concetti di vita e di morte; e ancora, una semplice passeggiata che, descritta ricorrendo a una terminologia pressoché incomprensibile, assume connotati inediti e abissali, e un Presidente della Repubblica che, per prepararsi a un ricevimento ufficiale, finisce ricoperto di decorazioni e medaglie, per finire con l’allocuzione di uno strenuo difensore della bestemmia, “un dovere della persona civile”! Questo e altro trova spazio nella raccolta di dodici racconti “impossibili” pubblicata per la prima volta nel 1966 da uno dei più originali e interessanti Autori italiani del Novecento.

Scrivo questa recensione sotto una doppia egida: da una parte, quella del grande Franco Battiato, forse il cantautore italiano più attento alla parola in assoluto (e per questo molto indicato per commentare l’opera di uno scrittore a sua volta attentissimo all’uso delle parole, e un racconto come “La passeggiata” ne è una lampante testimonianza); dall’altra, quella del “nostro” Roberto Mandile, l’Autore della rubrica “Lectio Brevis”, di cui trovate tutte le puntate nella sezione “Saggi” di questo sito.

Sì, perché Roberto si è già occupato di questa piccola, preziosa racconta di racconti, nella puntata numero 31, e allora non posso che prendere le sue sempre acutissime osservazioni come doveroso punto di partenza per scrivere a mia volta (o meglio: per tentare di scrivere a mia volta!) qualcosa di minimamente interessante sui landolfiani “Racconti impossibili”. Scriveva dunque Roberto in “Lectio Brevis 31” che Tommaso Landolfi “spinge all’estremo certe premesse (logiche ed empiriche), mettendo in discussione la realtà e finendo non solo per capovolgere il punto di vista con cui guardiamo a noi e alle cose che ci circondano ma per ribadire come l’assurdità sia l’unico parametro paradossalmente accettabile di comprensione.” Parole indubbiamente condivisibili, dalla prima all’ultima: il ribaltamento di punto di vista e di prospettiva è una delle cifre di base di questi dodici racconti, che oscillano fra il tragico e il comico o che, meglio ancora, scoprono sempre la comicità nella tragedia e viceversa, offrendo del mondo e della vita un’immagine allo stesso tempo – e paradossalmente – realistica e desolante, ghignante ma terribilmente triste, tanto aerea e filosofica quanto terricola e materiale.

Personalmente, trovo che Landolfi sia da annoverare tra gli Autori sottovalutati più interessanti del Novecento italiano, assieme a Guido Morselli e a Carlo Emilio Gadda, che certo sottovalutato non lo è stato, ma che non gode neppure della conoscenza e del rispetto che meriterebbe per l’originalità e l’impressionante valore della sua opera. Scostante fino alla misantropia, Landolfi non volle mai concedere interviste, e arrivò addirittura a far scrivere sulla quarta di copertina di uno dei suoi romanzi “spazio bianco per volontà dell’Autore”, come se nel suo pensiero e nel suo concetto di scrittura, lo scrittore dovesse togliersi di mezzo, celarsi, lasciare andare avanti soltanto le parole, queste misteriose, straordinarie entità che compongono il linguaggio, vero e proprio centro di interesse di tutta la ricerca landolfiana, e dell’intera sua carriera.

Dal provocatorio “La passeggiata”, che sfida il lettore a decifrare il significato di un centinaio di parole desuete ed enigmatiche (ma esistenti e italianissime!), al bulgakoviano “Un destino da pollo”, che getta due esseri umani in una situazione a dir poco incredibile, ribaltando completamente il punto di vista; dall’acuto “A rotoli”, in cui – come scrive Roberto Mandile – “un assassino pianifica il delitto perfetto, ma dopo averlo commesso si perde in elucubrazioni filosofiche su come agire per non farsi scoprire e, alla fine, si affida al caso”, al paradossale “Fulgide mete”, in cui l’accesa difesa della bestemmia suona tanto plausibile, dal punto di vista squisitamente linguistico, da strappare la risata a scena aperta. E ancora, dai divertenti “Conflitto di competenze” e “Pavo italicus” (quasi delle denunce di alcuni radicati vizi italici) all’inquietante “Alla stazione”, in cui l’incontro tra lo scrittore stesso e un altro viaggiatore fa scaturire un racconto agghiacciante, fino a “Rotta e disfacimento dell’esercito”, tocco meta-letterario in cui l’Autore annuncia l’impossibilità di proseguire col racconto pianificato, e si abbandona ad elucubrazioni e considerazioni sullo scrivere e sul narrare, tutti i “Racconti impossibili” sono “giochi d’azzardo” tra scrittore e lettore: lo scrittore è il banco, e il lettore è il giocatore che lo sfida, o forse è il contrario, va bene lo stesso, l’importante è che sappiate che leggere Landolfi non è mai una cosa banale, e può avere delle conseguenze, può portare a intravvedere – concludo citando il nostro Roberto – “l’enigmatica natura del mondo e del linguaggio che lo descrive.”

(Recensione scritta ascoltando Franco Battiato, “La cura”)

PREGI:
originali e in alcuni casi sconvolgenti, i racconti di questa raccolta landolfiana sono “impossibili” in tutti i sensi, anche impossibili da scrivere, se vogliamo, visto che pretendono di mettere in scena mondi alieni e creature tanto diverse da noi da non essere neppure immaginabili. Il tutto, col solo ausilio della parola, e chiedendo al lettore una profonda sospensione dell’incredulità, in cambio della quale la scrittura di Landolfi offre punte inaudite di profondità e di spessore

DIFETTI:
pur se tutti interessanti, e meritevoli d’essere gustati parola per parola, sono racconti oggettivamente difficili, caratterizzati da una lingua consapevole di sé fino alla vanità. A gusto personale, non ho apprezzato particolarmente il tanto decantato “Un concetto astruso” (eccessivamente lungo, a mio avviso)  

CITAZIONE:
“Di tante altre cose, amici, vorrei discorrere, e ben più a lungo intrattenermi con voi, ma è ormai tempo che ci separiamo per raccoglierci in bestemmia nella pace delle nostre famiglie…” (pag. 137 – dal racconto “Fulgide mete”)

GIUDIZIO SINTETICO: ***

LEGENDA RECENSIONI
Sia per i libri che per i film, adotto nel giudizio sintetico il sistema Mereghetti, che va da 0 a 4 stelline: a 0, ovviamente, i giudizi più negativi, a 4 quelli più positivi, con tutti i possibili gradi intermedi…

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NON GIUDICABILE con i sistemi ìclassiciî di voto
PESSIMO
QUASI PESSIMO
BRUTTO
BRUTTINO
 
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***1/2
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ACCETTABILE
DISCRETO
BUONO
MOLTO BUONO
CAPOLAVORO