ROSE BONBON – Nicolas Jones-Gorlin

# 243 – Nicolas Jones-Gorlin – ROSE BONBON (ES, 2003, pagg. 141)

Dopo aver aggredito e pestato selvaggiamente la madre di una bambina con la quale si era appartato nei gabinetti di un ristorante, il pedofilo conclamato Simon si trova davanti a una scelta simile a quella di Alex Delarge in “Arancia Meccanica”: o si prepara a una lunga detenzione, oppure accetta di fare una cura sperimentale che dovrebbe inibirne i desideri malsani. Rimesso dunque in libertà, seppur vincolato a frequenti colloqui con uno psicoterapeuta e all’assunzione dei farmaci prescritti, Simon va a vivere in una roulotte, ai margini della società, ma non riesce a trattenersi dal bazzicare le discoteche frequentate dai giovanissimi, tanto che rischia di rimettersi nei guai quando abborda una ragazzina (salvo scoprire che è “troppo grande” per lui). L’incontro decisivo col Vecchio, un raffinato plutocrate a sua volta pedofilo ma talmente ricco e potente da riuscire a concedersi il vizio senza alcun rischio, farà svoltare la vita di Simon, che da reietto si trasforma, grazie a una geniale attività di marketing, in cantante di successo, con lo pseudonimo di “Dany”, adorato in particolare da bambine e adolescenti. Ma quello che sembra a tutti gli effetti un allegro sdoganamento della sua innata pedofilia riserverà a Simon una terribile conclusione.

Quando lo pubblicò, nel 2002, Gallimard (uno dei più grandi editori francesi) decise di apporre su “Rose Bonbon” una fascetta che avvertiva il lettore che stava acquistando un’opera di finzione, un libro che per nessuna ragione – pur avendo come protagonista un pedofilo – rappresentava un’apologia della pedofilia e, infine, che sarebbe spettato al lettore, come sempre, farsi un’opinione sul libro, consigliandone o sconsigliandone la lettura ad altri.

Non servì a nulla: le associazioni francesi per la tutela dell’infanzia andarono su tutte le furie e fecero pressione per il ritiro dell’opera dalle librerie, e l’allora Presidente Nicolas Sarkozy alzò il telefono e chiamò Gallimard. Risultato: libro ritirato, Autore messo alla gogna e tacciato di essere un apologeta della pedofilia, una delle cose contro cui la società occidentale si scaglia più volentieri e più facilmente perché non può essere difesa in alcun modo sensato, Gallimard nella bufera e “caso letterario” morto sul nascere, o meglio, trasferito sul piano della cronaca, visto che il libro non poteva più essere venduto. Ma una vecchia regola dice che più si cerca di sopprimere un’opera e più quell’opera circolerà. È stato così per i libri messi per secoli all’Indice dal Sant’Uffizio, perché non sarebbe dovuto accadere anche per “Rose Bonbon”? Che, diciamolo subito, è un romanzo piuttosto modesto, scritto ovviamente apposta per creare lo scandalo e cavalcarlo, da un Autore furbo (sceneggiatore di formazione e romanziere per hobby, avendo tutt’oggi solo tre titoli all’attivo) che forse non aveva pensato a proporzioni così gigantesche per lo scandalo che voleva generare.

Eppure, ormai chi mi legge fedelmente lo avrà capito, a me questo tipo di libri non dispiace, perché trovo che non si possano scrivere solo cose indolori e innocue: non si vive di soli divertissement! La letteratura deve dividere, deve far discutere, deve anche scandalizzare! Deve far incazzare e creare dibattito, ovviamente non tutti i libri (altrimenti passeremmo tutto il nostro tempo ad accapigliarci sulla letteratura!), ma alcuni sì, ci vogliono i libri coraggiosi, i libri “rompicoglioni”, anche un po’ furbetti, se vogliamo, nel cercare la via dello scandalo, nel provare a smuovere le convinzioni più radicate della nostra società. “Rose Bonbon” è una difesa della pedofilia? Nient’affatto: è il monologo di un pedofilo, che è ben diverso dal poter sostenere che l’Autore abbia difeso la pedofilia! Chi non lo capisce farebbe meglio a ripassare un po’ i principi base della narrativa, uno dei quali è: l’Autore non coincide – o non coincide necessariamente – col suo personaggio.

Beninteso, lungi da me negare che Jones-Gorlin ci abbia marciato su questo scandaloso monologo di un pedofilo, e lungi da me negare che la qualità della scrittura, per quanto non pessima, non sia neppure eccelsa. L’Autore gioca su un Io narrante colloquiale e zeppo di anglicismi, autoironico e graffiante, disilluso e indifendibile, ma stranamente efficace, per lunghi tratti, nel restituire al lettore l’immagine di un uomo che si fa quasi martirizzare nel nome della sua oscena “fede” sessuale – peraltro inesplicata e inesplicabile, visto che, saggiamente, Jones-Gorlin rifiuta facili psicologismi e non nasconde mai il volto e l’animo del mostro sotto la patina dell’infanzia infelice o delle violenze subite o di altre pseudo-giustificazioni. No, questo personaggio – un po’ come il protagonista de “La distruzione” di Dante Virgili – è scopertamente, innocentemente sgradevole, si offre come il più facile dei bersagli, come un San Sebastiano che attende solo di essere trafitto dagli strali dei lettori. Ammesso, però, che il libro glielo lascino leggere! La ridicolaggine del ritiro dalle librerie (che durò poco, perché il libro tornò sugli scaffali nel nome sacrosanto, soprattutto in Francia, della libertà d’espressione) è pari solo alla ridicolaggine della fascetta con cui Gallimard lo fece uscire, sorta di excusatio non petita che non poteva che maldisporre chiunque nei confronti dell’opera.

Ma io, a questo punto, che voto posso dare a un libro come questo? E ha davvero senso un voto? Come non lo diedi alla “Distruzione”, romanzo scopertamente filo-nazista pubblicato da Mondadori negli anni Settanta (!), così non posso darlo a “Rose Bonbon”, perché certi libri nascono e restano ingiudicabili. Per il coraggio e la capacità di provocare, meriterebbe forse il massimo dei voti; per lo stile e la costruzione dei personaggi, nonché per lo sviluppo narrativo, il voto sarebbe molto ma molto più basso (Houellebecq come scrittore “scandalistico”, credetemi, è tutt’altra cosa, e non se ne abbia a male Jones-Gorlin!). Lettura disturbante e certo non per tutti, “Rose Bonbon” è un oggetto letterario non identificato né identificabile, si può amarlo alla follia oppure detestarlo al punto da non volerlo neppure riporre sullo scaffale. Ma per farlo, bisogna prima leggerlo. Chi accetta la sfida?

(Recensione scritta ascoltando i Cigarettes After Sex, “Heavenly”)

PREGI:
l’indubbio coraggio, che rasenta l’incoscienza, nel proporre un testo così estremo su un tema simile, e un piglio narrativo che era forse degno di miglior causa: l’Io narrante, criticato da molti per gli anglicismi e la colloquialità, funziona invece molto bene, soprattutto nella prima parte

DIFETTI:
un arco narrativo piuttosto ridicolo (Simon, da pedofilo preso a sputi in faccia dai secondini, diventa di colpo cantante di successo, e chiude la sua dolente parabola in maniera allo stesso tempo assurda e prevedibile) e una volontà di “fare scandalo” addirittura sbandierata, quasi in ogni pagina. Abbastanza incommentabile, inoltre, l’appendice affidata a una fittizia curatrice del testo, tale Laure Pilon, giornalista, che prende le distanze dal protagonista in un estremo tentativo (editoriale?) di salvare il salvabile  

CITAZIONE:
“Di tanto in tanto andavo a gironzolare dalle parti di un sexy shop, spiavo una puttana all’angolo di una via, ma in fondo, ero fuori posto, lì, ero escluso da quel mondo, quel mondo in cui le fiche hanno peli, labbra ben visibili, in cui le fiche sono buchi aperti verso il basso e non fessure ben disegnate sul davanti, ero escluso dall’universo normale. […] Nel mio mondo le donne non hanno fianchi, né seni, o se ce li hanno, sono appena abbozzati. Il mio mondo: una fessura da baciare! Una boccuccia da divorare!” (pagg. 42-43)

GIUDIZIO SINTETICO: ?

LEGENDA RECENSIONI
Sia per i libri che per i film, adotto nel giudizio sintetico il sistema Mereghetti, che va da 0 a 4 stelline: a 0, ovviamente, i giudizi più negativi, a 4 quelli più positivi, con tutti i possibili gradi intermedi…

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NON GIUDICABILE con i sistemi ìclassiciî di voto
PESSIMO
QUASI PESSIMO
BRUTTO
BRUTTINO
 
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**1/2
***
***1/2
****
ACCETTABILE
DISCRETO
BUONO
MOLTO BUONO
CAPOLAVORO