# 244 – Elliot Ackerman, James Stavridis – 2034 (Feltrinelli, 2022, pagg. 297)
Il 12 marzo 2034 quella che sembra un’innocua scaramuccia – dopo le tante che ci sono già state – tra la Marina Cinese e quella degli Stati Uniti al largo delle contesissime isole Spratly, nel Mar Cinese Meridionale, degenera inesorabilmente in un terrificante braccio di ferro tra le due superpotenze, una in ascesa tecnologica (la Cina) e una in declino (gli U.S.A.). Contemporaneamente, il sequestro di un F-35 americano e la cattura del suo pilota, il maggiore Chris “Wedge” Mitchell, da parte degli iraniani, non fa che approfondire la crisi, e quando ci si mettono anche i russi, nel mare del Nord, il patatrac è assicurato. Solo l’India, forse, potrà portare alla pace, ma non prima che sia stata data la parola alle armi nucleari…
Presentato come “il romanzo della prossima guerra mondiale”, “2034” è stato scritto a quattro mani da “uno scrittore bestseller pluridecorato con otto anni di servizio attivo nei Marine e nelle forze speciali” (Elliot Ackerman) e da un ammiraglio (James Stavridis), “già a capo dello US European Command e delle forze NATO, oggi nel board del Carlyle Group”.
Non so cosa sia il Carlyle Group, ma a leggere le mini-bio dei due Autori vien da dirsi: accipicchia, questi due sembrano preparati! Come scrivono lo potremo scoprire solo a lettura avviata, ma intanto si va sul sicuro: con tanta formazione, avranno sicuramente scritto qualcosa di interessante, un’ipotesi più che fondata sullo scoppio della prossima guerra mondiale, che tante volte è stata evocata negli ultimi mesi per colpa di Zar Vladimir Putin e della sua degna controparte ucraina, quello Zelensky da tanti santificato in vita, ex-guitto reinventatosi, suo malgrado, condottiero militare.
E invece no: “2034”, oltre a essere scritto in modo appena decente (e tradotto/editato maluccio da Feltrinelli, ansiosa forse di lanciare un libro di sicura attualità), non ha nulla ma proprio nulla di interessante o originale, e si limita a rimasticare cose di cui si parla da decenni. Il braccio di ferro Cina-USA attorno alle Spratly (isole insignificanti e disabitate, ma vicine, a quanto pare, a enormi giacimenti di petrolio) data a diversi anni fa ed è tuttora in corso: certo non ci vuole un grande analista quale senz’altro è l’Ammiraglio Stavridis per immaginare che un brutto giorno possa portare a un incidente militare nelle acque del Mar Cinese! È un timore ben fondato… da vent’anni! Dunque, il casus belli non ha nulla di originale o sorprendente. Gli attriti Iran-Occidente? Beh, esistono praticamente dalla presa del potere da parte degli Ayatollah! E proprio in questi giorni, con le proteste a Teheran, sono sotto gli occhi di tutti. Il ruolo sornione della Russia (putiniana o non putiniana), con le sue mire sui Paesi Baltici e sulla striscia di terra polacca che porterebbe a riunire Kaliningrad alla Madre Russia? Ma è un tema vecchio come la Seconda Guerra Mondiale!
Nulla di nuovo sotto il Sole del 2034, dunque, perlomeno del 2034 immaginato da Ackerman e Stavridis, in cui l’unico allarme sembra essere quello relativo alla tecnologia. Occhio, sembrano dirci i due Autori, che a furia di considerarci (noi americani, intendono, visto che l’Europa è completamente ignorata nel romanzo) i maestri della tecnologia e delle comunicazioni, finiremo per cadere vittima dei malvagi hacker cinesi che ci spegneranno il giocattolo sul più bello. E infatti il libro non è che una sequela di cyber-attacchi che mettono in ginocchio Washington (dove c’è una Presidente, finalmente, per la gioia delle femministe: ingraziamocele, va là, non si sa mai!) e un’America che scopre che, per avere qualche possibilità di vittoria, deve tornare alla tecnologia del 1945 e lanciare i suoi piloti quasi alla cieca, a bordo di aerei antidiluviani, a sganciar bombe atomiche sulle città cinesi.
Il tutto, mentre gli indiani, dall’alto della loro induistica calma, si ergono a pacieri e sembrano non sbagliare un colpo. Ora, io mi dico: ma abbiamo davvero bisogno di romanzi come questo? Intendiamoci, il tema è interessante e non può non dar da pensare, specie nei lunghi mesi di questa demenziale guerra russo-ucraina che ha gettato, inevitabilmente, ombre inquietanti sull’Europa. Ma l’ipotesi geo-politica di Ackerman e Stravridis è assolutamente risaputa, non aggiunge nulla a quanto si può leggere non dirò sulle riviste specializzate, ma anche su un buon quotidiano. Le tensioni sulle quali il romanzo si costruisce sono già in atto da anni, e sono ben note, così com’è ben noto il pericolo di affidarsi troppo a una tecnologia così facilmente attaccabile come quella informatica. Anche lo spettro che si staglia all’orizzonte è il solito: quello della guerra nucleare.
Il romanzo, che in quarta di copertina è definito “plausibile in maniera inquietante”, è anche terribilmente banale non solo nell’immaginare la sequenza degli eventi, ma anche nel descrivere quei quattro o cinque personaggi attorno ai quali ruota un intreccio che non ha neppure il pregio della coralità, perché alla fine – gira che ti rigira – è sempre agli stessi che tocca farsi carico delle decisioni e degli errori, in un balletto in cui sembra che la prossima guerra mondiale dipenderà dalle indecisioni di un funzionario di origine indiana alla Casa Bianca e dalla determinazione demenziale di un pilota texano che, come nel finale dello straordinario “Dottor Stranamore” di Kubrick (quello sì inquietante!) non sarà contento finché non avrà sganciato la sua bomba e cancellato Shanghai dal pianeta. Troppo poco, francamente, per “il romanzo della prossima guerra mondiale”.
NOTA A MARGINE: il film della serie (infinita) dedicata a James Bond “Il domani non muore mai”, con Pierce Brosnan, regia di Roger Spottiswoode, inizia proprio con un incidente militare tra USA e Cina nel Mar Cinese Meridionale, ed è uscito in sala… nel 1997! Ackerman e Stavridis sono davvero convinti dell’originalità del loro lavoro?

(Recensione scritta ascoltando Ennio Morricone, “The Thing – Theme”)
PREGI:
complessivamente, la scrittura si salva, perché almeno è abbastanza asciutta e, consapevole dei propri stessi limiti, evita di addentrarsi in terreni minati (per stare in tema). Indubbiamente curata la parte tecnica, visto il pedigree dei due Autori: su portaerei, sistemi di comunicazione, caccia militari e testate nucleari il duo Ackerman-Stravridis può senz’altro dire la sua!
DIFETTI:
troppo corto e compresso per essere credibile, il libro è scandito (noiosamente) da capitoli che non fanno che ribadire le coordinate temporali dei fatti, con salti avanti e indietro non sempre afferrabili, e animato da personaggi monotematici e a tratti macchiettistici (palma del peggiore al “falco” della Casa Bianca Wisecarver. Il migliore? Forse dopotutto il funzionario d’origine indiana Sandeep Chowdhury, umano e impotente dinanzi all’allargarsi della crisi)
CITAZIONE:
“L’avversario aveva fatto la sua mossa. […] Ma il siluro puntava al ‘Wen Rui’ o alla sua nave? Chi era l’aggressore dei due? Su questo non ci sarebbe mai stato accordo. Il genere di divergenze con cui si giustificavano le guerre.” (pag. 41)
GIUDIZIO SINTETICO: *½
LEGENDA RECENSIONI
Sia per i libri che per i film, adotto nel giudizio sintetico il sistema Mereghetti, che va da 0 a 4 stelline: a 0, ovviamente, i giudizi più negativi, a 4 quelli più positivi, con tutti i possibili gradi intermedi…