SEI PROBLEMI PER DON ISIDRO PARODI – Jorge Luis Borges, Adolfo Bioy Casares

# 95 – Jorge Luis Borges, Adolfo Bioy Casares – SEI PROBLEMI PER DON ISIDRO PARODI (Adelphi, 2012, ediz. orig. 1942, pag. 192)

Attribuiti a un immaginario scrittore, tale Honorio Bustos Domecq, sei racconti gialli molto particolari, con protagonista il detective recluso Isidro Parodi, che riceve clienti e consultanti nella cella 273 del Penitenziario Nazionale, a Buenos Aires. Grasso, pigro e condannato a ventun anni per omicidio, Parodi è però sagace e geniale nel valutare i racconti e i caratteri delle persone, e questo fa di lui un brillante solutore di enigmi, come dimostrano queste sei intricate vicende, le prime di una serie che Borges e Casares proseguirono in altri due libri…

Sarebbe vano cercare di riassumere i singoli racconti. Un po’ perché la penna di Borges e Casares non si fa riassumere e incasellare facilmente, un po’ perché le vicende sono effettivamente fitte di personaggi e accadimenti e, infine, un po’ anche perché gli intrecci tra personaggi – alcuni dei quali, come l’attore-letterato Gervasio Montenegro, attraversano diversi racconti – sono spesso sorprendenti ed enigmatici. Perché, in fondo, tutto è “gioco” nel modo di Borges di intendere la letteratura, e Bioy Casares gli è, in questo, degno allievo: a quattro mani, i due costruiscono una godibile parodia del racconto giallo, una parodia che si presenta come tale fin dal nome del detective (Parodi…) e che si rinnova di racconto in racconto, con continui rilanci: se il racconto precedente, per quanto intricato, era però lineare nella conclusione, quello successivo aggiunge elementi, l’esposizione del caso è ancora più complessa, e il povero Parodi – che non può neppure godersi la detenzione in pace – dovrà lambiccarsi il cervello per venirne a capo. Il tutto, con una regola di fondo: l’azione dev’essere limitata al minimo, anzi, non deve praticamente sussistere.

Fiero avversario dei thriller e dei gialli “d’azione”, come anche della volgarità linguistica, Borges non avrebbe mai tollerato un detective hard boiled, anzi, lui e il suo compare Bioy Casares scelgono come protagonista un uomo ancora più immobile e accidioso del Nero Wolfe di Rex Stout, un uomo costretto in una cella, che può usare solo ed esclusivamente l’intelletto per risolvere i casi, e che delle soluzioni spesso e volentieri non può neppure prendersi il merito – che va a più brillanti, vacui e sciocchi damerini, tipo Gervasio Montenegro. Già, Gervasio Montenegro: la prefazione all’opera – che, ricordiamolo, i due Autori si ostinano a considerare di Honorio Bustos Domecq, che in realtà è un parto della loro fantasia – è firmata proprio da lui! Ma come?, direte. È un personaggio dei racconti o un critico che, dall’esterno, introduce la raccolta? Ebbene, è entrambe le cose! E qui il gioco di scatole cinesi e di rimandi di Borges e Casares si fa ancora più profondo e lambiccato, perché vengono meno le barriere tra autori e personaggi, tra materia e artefici del racconto. Intendiamoci: il gioco non oltrepassa mai i confini del buon gusto, perché gli Autori, quelli veri, Borges e Bioy Casares, sono troppo intelligenti per scadere nella farsa.

Il loro è, piuttosto, un gioco di ironica e continua parodia, di perenne messa in scacco del genere stesso cui si dedicano, in questo caso il giallo. Perché in fondo nulla hanno di realmente giallo, questi racconti gustosi e densi, fatti di linguaggio più che di accadimenti, eppure perfetti nella loro logica soluzione. Racconti un po’ diseguali, è vero: se “Le dodici figure del mondo” è quasi una barzelletta, l’adattamento letterario di un semplice e ben noto gioco di prestigio con le carte, “Le notti di Goliadkin” è un godibile intrigo alla Agatha Christie, condensato in venti pagine, mentre “Il dio dei tori” e “Le previsioni di Sangiácomo” sono, onestamente, grovigli un po’ ardui di personaggi e situazioni, per finire col divertente – per quanto un po’ tirato per le lunghe – “La vittima di Tadeo Limardo” e con la linguisticamente perfetta, anche se narrativamente un po’ confusa, “Ricerca di Tai An”. In mezzo a questo pot-pourri linguistico e citazionista, tra autori veri e autori immaginari, tra personaggi inventati spacciati per realmente esistenti e personaggi reali che perdono ogni effettiva consistenza, spicca la bella e divertente figura di Isidro Parodi, distaccato detective che i casi neanche li vorrebbe, ma che se li ritrova, letteralmente, scodellati in cella, e non se ne può allontanare: invenzione, questa sì geniale, di una coppia di diavolacci della scrittura che di certo non offrono con questo libro una prova eccelsa, ma che – ci mancherebbe! – sono sempre interessanti da leggere e da gustare, con calma, parola per parola, sfumatura per sfumatura.                

(Recensione scritta ascoltando Maurice Ravel, “Boléro”)

PREGI:
Borges non riuscirebbe a scrivere male neppure la lista della spesa, e Bioy Casares è il suo degno compare: assieme, anche se non sono, per leggerezza narrativa, i nostri Fruttero & Lucentini, partoriscono idee su idee e compongono un piccolo florilegio di delizie linguistiche, immerse nel bagno galvanico – tutto borgesiano – del gioco meta-letterario    

DIFETTI:
oggettivamente, il ritmo a tratti rallenta molto e per restare agganciati al dipanarsi di trame complicate ed esposte dai personaggi in lunghi monologhi occorrono lettori particolarmente solidi e pazienti

CITAZIONE:
“A volte somiglio a Sherlock Holmes: eludendo astutamente il guardiano, che corruppi con un interessante esemplare della numismatica paraguaiana, cercai, freddo segugio di Baskerville, di udire, o meglio, di spiare ciò che accadeva in quel recinto ferroviario.” (pag. 49)

GIUDIZIO SINTETICO: **

LEGENDA RECENSIONI
Sia per i libri che per i film, adotto nel giudizio sintetico il “sistema Mereghetti”, che va da 0 a 4 “stelline”: a 0, ovviamente, i giudizi più negativi, a 4 quelli più positivi, con tutti i possibili gradi intermedi…

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NON GIUDICABILE con i sistemi “classici” di voto
PESSIMO
QUASI PESSIMO
BRUTTO
BRUTTINO
 
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**1/2
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***1/2
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ACCETTABILE
DISCRETO
BUONO
MOLTO BUONO
CAPOLAVORO