TARANTOLA – Thierry Jonquet

# 318 – Thierry Jonquet – TARANTOLA (Einaudi, 2011, ediz. orig. 1984, pagg. 139)

Tre vicende parallele convergono in una sola: il chirurgo plastico Richard Lafargue, ricco e raffinato, sembra avere strani rapporti con le donne: una, Viviane, ricoverata in una sorta di manicomio, la va a trovare e piange per le condizioni in cui si trova; un’altra, Ève, la tiene prigioniera nella sua grande villa, costringendola a prostituirsi e sottoponendola a un controllo ossessivo e umiliante. Seguendo una linea narrativa inizialmente parallela, il criminale di piccolo cabotaggio Alex Barny è in fuga dopo una rapina andata male, durante la quale ha ucciso un poliziotto. Solo e ferito, Alex pensa bene di cercare un chirurgo che possa cambiargli i connotati e permettergli di fuggire. E in tutto questo, Alex si chiede dove sia finito il suo amico d’infanzia (e compagno di malefatte) Vincent Moreau, scomparso da quattro anni. Cosa c’entrano Lafargue, Alex e Vincent? Cosa li lega a Ève e Vivane? Qual è la storia che sta dietro tutte le storie? E soprattutto: come andrà a finire quando Alex sceglierà proprio Lafargue come chirurgo?

Il titolo originale di questo curioso e malsano noir di Thierry Jonquet, interessante scrittore francese che ci ha lasciati troppo presto (1954-2009), è “Mygale”, e probabilmente la traduzione italiana avrebbe fatto meglio a mantenerlo: la migale, in effetti, è un ragno diverso dalla tarantola, e non si capisce bene perché cambiare specie, se non per il consueto timore dell’editoria italiana che il lettore medio possa “non capire”. In realtà, è proprio la rinuncia da parte dell’editoria italiana a pubblicare titoli di qualità che sta provocando il progressivo, e speriamo non inarrestabile, contrarsi delle capacità interpretative del pubblico dei lettori. Ma qui entreremmo in una variante troppo complessa da affrontare nel breve volgere di una recensione.

Meglio tornare al libro, che è – come accennato – un noir originale e piuttosto disturbante, giocato non solo sull’intreccio di trame apparentemente incompatibili, ma anche sulla sovrapposizione delle identità. Ovviamente non sveleremo dettagli di trama, per non guastare agli interessati una lettura fatta di scoperte e agnizioni e, soprattutto, di livelli temporali diversi e intrecciati: l’Autore, infatti, proprio come la migale del titolo, è molto bravo a tessere la sua tela e a imbrigliarci il lettore, allo stesso tempo inquietato e affascinato dagli strani e tirannici comportamenti di un raffinato chirurgo, o dai piani criminosi e violenti di un delinquente di mezza tacca.

Insomma, se all’interno del libro la migale è proprio Richard Lafargue, che ha imprigionato la bella Ève e le fa fare ciò che vuole, provando per lei un misto di rabbia insopprimibile (dovuto forse a qualcosa che Ève ha fatto in passato?) e affetto quasi paterno, nei confronti del lettore il ragno è l’Autore stesso che, in una sorta di gioco meta-letterario appena accennato, e per questo mai invadente né fastidioso, propone un romanzo che è anche una tela di ragno, fatto di raccordi inattesi e svelamenti che spiazzano e che, seppur da un certo punto in poi abbastanza intuibili, non arrivano mai a sproposito e sono collocati nei punti giusti, nell’ambito di una storia raccontata con indubbia perizia e col giusto numero di pagine. Lo stesso romanzo lungo il doppio, per esempio, avrebbe decisamente stancato il lettore.

Jonquet, dunque, si dimostra molto bravo nella gestione della materia narrativa e nel senso della misura, tipici del resto degli Autori di noir e gialli, generi per i quali il ritmo e la sequenza delle scoperte devono essere a prova di bomba. Un po’ come per una partita a scacchi, infatti, il thriller al gusto noir non può prescindere dalla corretta sequenza di mosse: spingere troppo presto un cavallo o una torre può portare a perdere la partita, esattamente come una rivelazione mal collocata o un capitolo interlocutorio di troppo possono guastare la delicata pietanza che è un libro come “Tarantola”. Certo, la costruzione dei personaggi, vista la scarsa durata, non è il maggior punto di forza del romanzo, che deve accontentarsi di figure abbastanza tipiche, tratteggiate con poche frasi eppure, tutto sommato, ben incise e non deludenti.

Libro fatto di volti che si trasformano, di personaggi che non sono quello che sembrano o che vogliono smettere di sembrare quello che sono, in un disturbante valzer di identità e di violazioni, di abusi e di torture psicologiche, “Tarantola” è un piccolo thriller che si legge in poco tempo e con un certo gusto, curiosi di scoprire fino a che punto si spinga la crudeltà dei personaggi, ciascuno dei quali, a suo modo, sembra essere un ragno che cattura prede nella sua tela. Esattamente come l’Autore si diverte a catturare noi che leggiamo, per condurci a un finale che, seppur intuito con leggero anticipo, e pur non essendo il punto di maggior pregio del libro, per fortuna non delude. 

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(Recensione scritta ascoltando il Banco del Mutuo Soccorso, “Il ragno”)

PREGI:
una scrittura misurata e precisa, senza fronzoli, capace di instillare inquietudine senza ricorrere a espedienti disonesti o a tocchi di bassa macelleria, e un’indubbia capacità di strutturare su più livelli e su più linee narrative quella che, alla fine, si rivela una storia unica e compatta

DIFETTI:
i personaggi sono fatalmente un po’ esili, disegnati con pochi tratti nervosi e ricorrendo (con intelligenza) ad alcuni cliché. Non tutti gli sviluppi di trama sono egualmente sorprendenti, ma l’Autore sa comprendere nella sua ragnatela anche la sottile inquietudine generata dall’intuizione del lettore

CITAZIONE:
“Ève era seduta davanti alla toletta e si contemplava il viso nello specchio. […] Non aveva visto nessun uomo resistere alla sua attrattiva, nessuno restare indifferente al suo sguardo. No, nessun uomo era capace di svelare il suo mistero: un’aura indefinibile che accompagnava ciascuno dei suoi gesti, coprendoli di una nube d’ammaliante incertezza.” (pag. 51)

GIUDIZIO SINTETICO: **½

LEGENDA RECENSIONI
Sia per i libri che per i film, adotto nel giudizio sintetico il sistema Mereghetti, che va da 0 a 4 stelline: a 0, ovviamente, i giudizi più negativi, a 4 quelli più positivi, con tutti i possibili gradi intermedi…

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NON GIUDICABILE con i sistemi ìclassiciî di voto
PESSIMO
QUASI PESSIMO
BRUTTO
BRUTTINO
 
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**1/2
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***1/2
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ACCETTABILE
DISCRETO
BUONO
MOLTO BUONO
CAPOLAVORO