GLI INTRUSI – Georges Simenon

# 68 – Georges Simenon – GLI INTRUSI (RCS, 2015, ed. orig. 1940, pag. 192)

Hector Loursat de Saint-Marc, un tempo brillante avvocato, si è ritirato da anni nella sua grande casa piena di libri e bottiglie di Bourgogne, senza più veri rapporti con gli altri, chiuso in uno sdegno senza nome, in una sorta di ripulsa per l’umanità intera tipica di chi – forse – ne ha viste davvero troppe. Con lui, soltanto sua figlia, Nicole, con la quale neanche parla, limitandosi a condividere pranzi e cene silenziosi. Fino a quando un evento traumatico – e violento – rimetterà in contatto i due mondi distinti di padre e figlia, e il vecchio leone del Foro dovrà tornare in pista, anche se forse solo per un breve momento…    

È difficile trovare un brutto Simenon, e “Gli intrusi” non sfugge alla regola: libro solido, intenso, magistrale tanto nel delineare il percorso autodistruttivo del protagonista, la cui apatia è rotta solo da un delitto che avviene proprio in casa sua, quanto nel tratteggiarne il parziale risveglio, il baluginio di un’intelligenza che neanche tutto il Bourgogne del mondo potrà mai sopprimere. Loursat, paradigma dei tanti personaggi simenoniani sofferti e sconfitti ma purtuttavia sorretti da un’insopprimibile dignità, ha chiuso il mondo fuori dalla porta e si è rintanato in una sdegnosa solitudine; è il mondo, allora, che si ripresenta da lui, molesto e offensivo, sotto forma di un cadavere, di un enigma da risolvere. E poco conta, come spesso accade in Simenon, che la trama gialla regga o meno.

In questo caso, lo dico senza remore, è una delle più deboli dell’intera produzione del grande scrittore belga, nulla a che vedere con “La camera azzurra”, per intenderci. Ne “Gli intrusi” il delitto è semplicemente una molla, un “McGuffin”, come avrebbe detto Alfred Hitchcock, per costringere il riluttante, scorbutico protagonista a rimettersi in gioco, ad affrontare il mondo esterno, un mondo che sembra averlo deluso più di quanto sia possibile accettare. In compagnia dei suoi libri e delle sue bottiglie di Bourgogne, Hector Loursat è uno di quei personaggi assoluti, titanici che la penna di Simenon partorisce con una certa facilità. Il libro, tutto giocato sulle relazioni tra personaggi – in particolare tra Hector e sua figlia Nicole, ma anche con il gruppo di amici della figlia, che hanno qualcosa da nascondere – brilla per compostezza e solidità, diventa un’immagine riflessa del suo stesso protagonista, sdegnoso ma appassionato di giustizia, ombroso ma colto, traumatizzato ma sensibile.

Quello che Loursat cerca di seppellire sotto vino e libri, nella solitudine un po’ cavernosa del suo studio, in compagnia di una figlia con la quale non c’è dialogo, rientra prepotentemente, come il ritorno del rimosso in psicanalisi, sotto l’aspetto di un delitto. Il peggiore dei crimini – l’omicidio – riporta in vita Loursat, e forse sancirà anche un riavvicinamento a Nicole da parte di quest’uomo enigmatico e non incline al compromesso, sbeffeggiato da tutta la comunità per le sue strane abitudini, e per lo smodato consumo di alcool, ma anche – sotterraneamente – temuto e rispettato, perché in fondo tutti sanno che grand’uomo fosse.  Nella commovente costruzione di un carattere tanto assoluto, nulla mi toglie dalla testa che Simenon abbia voluto mettere un po’ – appena un po’ – della propria stessa natura di scrittore, di osservatore-raccontatore dei fatti, di uomo che si estrania dal vivere in prima persona per scrivere, e far vivere agli altri – ai lettori – ciò che egli ha soltanto immaginato, o ricostruito.           

(Recensione scritta ascoltando The Cult, “Painted on my Heart”)

PREGI:
scrittura nitidissima e godibile, come sempre, e un protagonista eccezionale, per statura e carattere. Simenon rimane una scommessa sicura    

DIFETTI:
se il dramma funziona benissimo, e ci si appassiona senza meno alla relazione tra Loursat e sua figlia Nicole, come anche alla vicenda umana del vecchio avvocato ritiratosi a vita privata, non lo stesso si può dire della trama gialla propriamente detta, che viene lasciata molto sullo sfondo e che si risolve – strano, per Simenon – in una lunga e poco efficace sequenza tribunalizia

CITAZIONE:
“Loursat pensò che lui non era mai stato capace di stare così, tranquillamente, insieme agli altri. Si sorprese a invidiare quegli uomini, a invidiare tutti quelli che gli stavano attorno, quegli sconosciuti che camminavano per strada con una meta precisa.” (pag. 76)

GIUDIZIO SINTETICO: **½

LEGENDA RECENSIONI
Sia per i libri che per i film, adotto nel giudizio sintetico il sistema Mereghetti, che va da 0 a 4 stelline: a 0, ovviamente, i giudizi più negativi, a 4 quelli più positivi, con tutti i possibili gradi intermedi…

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NON GIUDICABILE con i sistemi ìclassiciî di voto
PESSIMO
QUASI PESSIMO
BRUTTO
BRUTTINO
 
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**1/2
***
***1/2
****
ACCETTABILE
DISCRETO
BUONO
MOLTO BUONO
CAPOLAVORO