# 249 – Georges Simenon – LA CAMERA AZZURRA (RCS, 2015, ediz. orig. 1964, pagg. 149)
Da un anno abbondante, Tony e Andrée – entrambi sposati – si incontrano clandestinamente in una camera con la tappezzeria azzurra dell’Hôtel des Voyageurs, accanto alla stazione, una camera che rappresenta, per loro, l’illusione di potersi sottrarre alla vita quotidiana, alle loro esistenze di tutti i giorni, persino alle loro storie pregresse. Una bolla in sospensione, magica e irreale, all’interno della quale essi consumano un rapporto assolutamente, squisitamente, sconvolgentemente fisico: un’intesa sessuale completa, che nessuno dei due aveva mai sperimentato prima e che certo nessuno dei due ha con i rispettivi consorti. Il marito di Andrée è un uomo malato, che difficilmente arriverà alla vecchiaia, mentre Gisèle, la moglie di Tony, è una donna semplice, monotona, priva di sottigliezze e di carattere. Incastrati dunque in matrimoni opachi, Tony e Andrée iniziano pericolosamente a fantasticare di “trovarsi liberi”, di un’ipotetica fase successiva alla scomparsa dei rispettivi consorti. E quando il marito di Andrée scompare davvero, Tony si ritrova costretto tener fede, in qualche modo, alla promessa di “liberarsi” a sua volta…
Vista l’incredibile mole di romanzi prodotti in una carriera lunga svariati decenni, sarebbe assurdo pretendere che ogni libro di Georges Simenon sia un capolavoro. Impossibile scrivere decine di capolavori! E infatti, tra i romanzi del grande scrittore belga (sia quelli dedicati a Maigret, il suo personaggio più celebre, sia quelli che egli amava definire “romanzi-romanzi”, e nei quali il commissario parigino non figura) si trovano tanto i capolavori quanto le (mezze) delusioni, tanto i buoni libri quanto quelli un po’ rabberciati e palesemente imperfetti.
Ebbene, ciò premesso, “La camera azzurra” non può non essere annoverato, senza esitazioni, tra i capolavori assoluti di uno scrittore tanto prolifico quanto geniale, capace di scavi psicologici impressionanti nel breve arco di centocinquanta o duecento paginette, la lunghezza media dei suoi romanzi. Sì, perché Simenon non ha mai avuto bisogno di scrivere tanto, non è mai stato Autore di mastodonti pretenziosi. È stato, piuttosto, Autore di lancinanti indagini personali, di quadri di vita di provincia o di città disperati ed esatti fino alla più piccola sfumatura, di viaggi in anime nere o innocenti, condannate o destinate a un’insperata (e magari ingiusta) salvezza, maledette e umane, talmente umane che è impossibile non provare affetto, affetto vero, per tanti dei suoi personaggi, anche e soprattutto per i più disgraziati e bersagliati dalla sorte, o da un carattere votato all’autodistruzione.
Gli amanti de “La camera azzurra”, Tony Falcone e Andrée Despierre, non fanno eccezione: Simenon non abbellisce nulla, non li eleva al rango di eroi (se ne guarda bene!), eppure sa trarne una dimensione nascosta che li porta quasi ad essere dei titani del crimine, dei santi all’incontrario, volgari e profani, inconsapevoli e pericolosi. Perché è il caso a dominare, spesso, l’universo noir di Simenon, è la casualità a creare gli incontri più scintillanti e maledetti, e gli intrighi più abissali e forieri di dolore e di cattiveria. “La camera azzurra”, al di là delle considerazioni che si potrebbe andare avanti a svolgere sui suoi protagonisti, è anche un eccezionale giallo a sorpresa, un libro che inchioda il lettore e gli impedisce di smettere di leggere, e che lo fa palpitare e imprecare, sperare e scuotere la testa, insomma, un libro che “tira dentro” il lettore quanto pochi altri, catturandolo in una ragnatela di intrighi e ipotesi, di sospetti e menzogne, un abisso di sesso e desiderio, di crimine e passione. Se le scene erotiche sono tra le più riuscite di tutta la produzione di Simenon, torride senza mai essere volgari, il vero punto di pregio del romanzo è il perfetto arco narrativo, che non lascia spazio neanche a una pagina di noia o di cincischiamento. La scrittura di Simenon taglia come un bisturi e affonda nelle radici di un rapporto che come nessun altro sembra fondere sesso e violenza, desiderio e crimine.
Cartesianamente costruito, come da stilema tipico di Simenon, su una serratissima inchiesta giudiziaria, che si estrinseca nell’interrogatorio – che copre svariati capitoli – del protagonista, e caratterizzato da uno stile allo stesso tempo fiammeggiante e distaccato, che rispecchia la passionale ma vuota attrazione tra i due protagonisti, “La camera azzurra” è un capolavoro di stile e di misura, uno di quei libri di cui non si può toccare neanche una parola, pena il crollo dell’intera incastellatura. Uno di quei libri che somigliano a bombe a orologeria: mentre li leggi, li senti ticchettare al ritmo perfetto che l’Autore ha loro impresso, e sai che l’esplosione arriverà e ti travolgerà, ma non puoi smettere di guardare quel timer, di leggere, pagina dopo pagina, scivolando in ipnosi letteraria verso un finale che certo non delude.

(Recensione scritta ascoltando Louane, “La fille”)
PREGI:
romanzo da far leggere in tutte le scuole di scrittura per la perfetta costruzione della trama e il senso del ritmo e della misura del racconto, “La camera azzurra” è anche un incredibile viaggio nel desiderio sessuale, vera forza segreta – sotterranea a misteriosa – che anima tanti libri (e tanti personaggi) di Simenon, riusciti e meno riusciti
DIFETTI:
in senso stilistico, nessuno. Il libro è un giallo-noir perfettamente calibrato, con tanto di sorpresa finale, e potrebbe non piacere solo a chi non ama lasciarsi trascinare (e stupire) dalla narrativa. O da chi teme i viaggi nell’abisso profondo dell’animo umano…
CITAZIONE:
“Non c’era niente di reale nella camera azzurra. O piuttosto si trattava di una realtà diversa, impossibile da comprendere altrove.” (pag. 63)
GIUDIZIO SINTETICO: ****
LEGENDA RECENSIONI
Sia per i libri che per i film, adotto nel giudizio sintetico il sistema Mereghetti, che va da 0 a 4 stelline: a 0, ovviamente, i giudizi più negativi, a 4 quelli più positivi, con tutti i possibili gradi intermedi…