LECTIO BREVIS / 108

Testi, pre-testi, divagazioni e spunti minimi
intorno a libri letti, riletti, sfogliati

A cura di Roberto Mandile

PUNTATA 108
NON DOVEVA ANDARE COSÌ
Imprevisti, errori, coincidenze che fanno saltare i piani

Georges Simenon – L’UOMO DI LONDRA (1933)

Di cosa parla: Louis Maloin è un ferroviere addetto agli scambi nel porto di Dieppe. Una notte, durante il consueto turno di servizio, dalla sua cabina di vetro assiste a una scena fuori dal comune: dal traghetto appena arrivato dall’Inghilterra un uomo lancia una valigetta a un altro che lo attende sulla banchina. Poco dopo, però, i due si azzuffano e il primo, quello giunto da Londra, uccide il secondo a sangue freddo. La valigetta finisce in acqua e per Maloin la tentazione di recuperarla per scoprirne il contenuto è tanto irresistibile che la mattina seguente…

Commento: “Non aveva senso, ma era così! Quel che più lo irritava era che le cose avrebbero potuto andare diversamente. Tutto era dipeso da una serie di coincidenze”. Le parole con cui, giunto all’ultima pagina, Simenon chiosa le vicissitudini del suo protagonista sono il miglior commento al romanzo. Raccontando, sotto le non troppo mentite spoglie del poliziesco, la vicenda di un uomo qualunque che finisce travolto dalle conseguenze di una storia più grande di lui, l’autore offre, con la consueta asciuttezza e l’abituale capacità di leggere nell’animo umano e di scavare nelle sue debolezze, l’ennesimo frammento della vita di provincia, dove le nebbie del paesaggio sembrano velare inquietudini sopite e ambizioni represse, destinate a esplodere in tragedie tanto involontarie quanto ineluttabili. Il romanzo non può essere considerato tra i capolavori dell’autore, ma l’asciuttezza di Simenon è, al solito, una lezione di stile.

GIUDIZIO: ***

Graham Greene – IL CONSOLE ONORARIO (1973)

Di cosa parla: Nel piccolo paese argentino dove in gioventù, insieme alla madre, si è trasferito dal Paraguay in seguito all’instaurarsi della dittatura di Stroessner di cui i genitori erano oppositori, Eduardo Plarr, medico di professione, è uno dei pochissimi inglesi; del padre, rimasto in Paraguay per proseguire la lotta contro il regime, ha perso le tracce. Plarr stringe amicizia con gli unici due inglesi della sua cittadina e, in particolare, con Charley Fortnum, console onorario britannico. Quando costui, sessantenne e schiavo dell’alcool, decide di sposare la giovanissima Clara, conosciuta in un bordello, Plarr diventa l’amante della ragazza che presto resta incinta. Le cose, però, si complicano quando un gruppo di guerriglieri paraguayani, vecchie conoscenze di Plarr, intenzionati a rapire l’ambasciatore degli Stati Uniti per far pressione sul governo del proprio Paese, per un errore catturano Fortnum…

Commento: Scritto in seguito a un viaggio in Sudamerica e ispirato a un fatto realmente accaduto, è uno dei romanzi più celebri di Greene, oggetto anche di un adattamento cinematografico (con Richard Gere, Michael Caine e Bob Hoskins nel cast). È, soprattutto, un ottimo esempio di come gli scrittori bravi sanno prendere spunto dalla storia (il regime di Stroessner è stato, se non abbiamo fatto i mali i conti, il più duraturo del Sudamerica, essendosi prolungato per qualcosa come trentacinque anni) non per fare sfoggio di impegno civile, ma per costruire storie avvincenti dalla prima all’ultima riga. Nel caso di Greene, si aggiunge la capacità, tutta sua, di far affiorare le contraddizioni morali insite nella natura umana; in questo specifico caso, poi, non c’è quasi personaggio che si possa sottrarre al dilemma di fondo che si pone a ciascuno quando voglia distinguere con nettezza il bene e il male (basti, in questo senso, la lunga dissertazione sulla natura di Dio verso la fine del romanzo). E se è vero che il cattolicesimo di Greene offre una (parziale) via di uscita, è altrettanto chiaro che la salvezza non è indolore e gli errori (i peccati?) hanno un peso che non si può cancellare con la stessa facilità con cui li si commette: come spiega il dottor Plarr ai guerriglieri, “è come un errore in un’equazione… Il vostro primo errore è stato di scambiarlo per l’ambasciatore, e questa è la conseguenza. La vostra equazione non funzionerà mai”. Il romanzo è anche un compendio dei caratteri di fondo del Sudamerica: oltre al quadro dei regimi militari e della lotta armata di opposizione (entrambe incapaci o impossibilitate ad astenersi dalla violenza), si vedano i riferimenti al machismo come elemento fondante della nazione argentina (ben rappresentato dal personaggio del mediocre e borioso scrittore Jorge Julio Saavedra) o il tema del rapporto tra la Chiesa cattolica ufficiale, spesso ambiguamente contigua al potere, e i preti di strada, al servizio degli ultimi ma anch’essi non sempre esenti dalla tentazione di cedere alla violenza rivoluzionaria (la teologia della liberazione non è mai citata, ma l’accostamento tra Cristo e Marx è esplicito, e condannato apertamente dal dottor Plarr).

GIUDIZIO: ****

PRE-TESTI, DIVAGAZIONI
E SPUNTI MINIMI

Tra le buone ragioni per astenersi dal commettere un delitto, la principale secondo la letteratura poliziesca, specialmente nel particolare sottogenere della inverted story (sono i gialli alla rovescia, quelli, per intenderci, resi immortali dai telefilm del tenente Colombo), è che, per quanto un crimine sia stato ben architettato, studiato nei minimi particolari e realizzato con tutte le cautele del caso, c’è sempre qualcosa che alla fine non va come avrebbe dovuto.
È questo il tema di una deliziosa antologia, pubblicata qualche anno fa dalla Polillo, dal titolo eloquente: Delitti quasi perfetti. All’interno, nei dieci racconti di autori più o meno noti dell’Età dell’oro del giallo (tra i primi Arthur Conan Doyle e Edgar Wallace), si trovano una vittima che sembra sparire nel nulla, un quadro scomparso sotto gli occhi di tutti, un uomo che viene assassinato di fronte al nipote senza che si capisca come sia potuto accadere. E naturalmente non mancano alibi di ferro, crimini impossibili, delitti inspiegabili. Almeno in apparenza, perché ci sono sempre un dettaglio insignificante, un errore stupido, una svista fatale pronti a tradire il colpevole sul più bello.

Se dunque a volte i criminali possono trovarsi alle prese con la delusione delle loro aspettative, un sentimento analogo, anche se, certo, ben più abissale, è quello espresso da una delle più celebri poesie di Kostantinos Kavafis, Aspettando i Barbari, che colpì già Eugenio Montale, il quale la tradusse da par suo:

“«Sull’agora, qui in folla, chi attendiamo?».
«I Barbari, che devono arrivare».

«E perché i Senatori non si muovono?
Che aspettano essi per legiferare?».

«È che devono giungere, oggi, i Barbari.
Perché dettare leggi? Appena giunti,
i Barbari, sarà compito loro».

«Perché l’Imperatore s’è levato
di buonora ed è fermo sull’ingresso
con la corona in testa?».

«È che i Barbari devono arrivare
e anche l’Imperatore sta ad attenderli
per riceverne il Duce; e tiene in mano
tanto di pergamena con la quale
offre titoli e onori».

«E perché mai
sono usciti i due consoli e i pretori
in toghe rosse e ricamate? e portano
anelli tempestati di smeraldi,
braccialetti e ametiste?».

«È che vengono i Barbari e che queste
cose li sbalordiscono».

«E perché
gli oratori non sono qui, come d’uso,
a parlare, ad esprimere pareri?».

«È che giungono i Barbari, e non vogliono
sentire tante chiacchiere»

«E perché
sono tutti nervosi? (I volti intorno
si fanno gravi). Perché piazze e strade
si vuotano ed ognuno torna a casa?».

«È che fa buio e i Barbari non vengono,
e chi arriva di là dalla frontiera
dice che non ce n’è neppure l’ombra».

«E ora che faremo senza i Barbari?
(Era una soluzione come un’altra,
dopo tutto…)».”

Kavafis
Konstantinos Kavafis (1863 – 1933)

Testi citati
Autori vari – DELITTI QUASI PERFETTI (pubblicata nel 2016)
Konstantinos Kavafis – ASPETTANDO I BARBARI – traduzione di Eugenio Montale (1904)