L’ULTIMA INTERVISTA – Eshkol Nevo

# 98 – Eshkol Nevo – L’ULTIMA INTERVISTA (Neri Pozza, 2019, pagg. 413)

Uno scrittore israeliano poco più che quarantenne, in crisi tanto personale quanto matrimoniale (soffre di distimia, una forma appena un po’ più blanda di depressione, e la moglie Dikla sta per lasciarlo), non riesce a dedicarsi a un nuovo romanzo; decide allora di rispondere alle domande che un sito web che si occupa di letteratura gli ha inoltrato, pervenute dai più disparati lettori. Domande semplici e complesse, superficiali e profonde, oziose e importanti, rispondendo alle quali il protagonista giunge, in qualche modo, a tratteggiare la propria vita e – forse – a superare la crisi…

Di Eshkol Nevo, scrittore israeliano classe 1971, ho letto “La simmetria dei desideri”, che è il capolavoro, e ho letto “Neuland”, che è la (parziale) delusione; “L’ultima intervista” si colloca, nel mio personale metro di giudizio, perfettamente a metà tra i due estremi sopracitati: un buon libro, astuto al punto giusto, ma anche partecipativo e curioso, un po’ “diverso” (ed è un pregio, s’intenda!), un romanzo in forma di intervista che si riscatta dalla fatale episodicità con una sostanziale compattezza d’ispirazione. La sfida è quella di ricomporre la figura di uno scrittore (che, per quanto ne sappiamo, potrebbe avere molti tratti in comune con l’Autore stesso) attraverso le sue risposte – sincere o meno – alle domande che gli giungono da quel “mare magnum” che è il web. Il protagonista, infatti, è bloccato in una crisi, sia nei confronti di sé stesso che dei suoi affetti, e l’unica persona che sembra capirlo e accettarlo in toto – il suo amico Ari – è in un letto d’ospedale, condannato da un male incurabile.

Come se non bastasse, la moglie Dikla non ne può più di lui, e la sua adorata figlia Shira ha lasciato la casa genitoriale per andare a vivere in un kibbutz, proprio in seguito a uno strisciante litigio col padre. Voi direte: accidenti, che tristezza! E invece Eshkol Nevo, con atteggiamento tipicamente ebraico, riesce a ricavare da questo scenario di apparente desolazione un libro tutto sommato vivace e frizzante, estremamente variegato, anche un po’ frammentario, certo, visto che segue lo schema di una intervista e non utilizza una classica, e più distesa, struttura in parti e capitoli, ma capace di tratteggiare un intero arco narrativo ed esistenziale, anche se frantumato e suddiviso, come una parete imbiancata a piccole pennellate. Il recalcitrante protagonista, infatti, si nasconde continuamente dietro all’ellissi: dice e non dice, ci racconta qualcosa fino a un certo punto, poi interrompe, per riprendere magari cinquanta pagine più avanti, grazie a una domanda che cade a fagiolo… In questo modo, considerazioni e riflessioni sulla vita e sulla scrittura si alternano ad aneddoti ed episodi più propriamente narrativi, per comporre un curioso puzzle che – alla fine – sembra somigliare alla vita più di quanto non vi somiglino le parabole esistenziali più “classiche” svolte normalmente dai romanzi, con la loro costruzione più o meno tipica, ma sempre irreggimentata in stilemi consueti.

“L’ultima intervista” sfugge proprio all’idea “classica” di romanzo, racconta senza dare l’impressione di raccontare, come fosse una specie di diario amebeo, testimonianza diretta di una crisi personale che non si può fare a meno di chiedersi – leggendo – quanto abbia riguardato l’Autore stesso, abile a celarsi dietro il suo protagonista. Perché non c’è dubbio che il libro contenga anche una certa dose di autobiografismo, e ceda di tanto in tanto alla tentazione della “confessione”, appena camuffata dietro nomi di comodo e piccole modifiche. Non conosco abbastanza Eshkol Nevo per sapere se e quanto ci sia di “vero” in questo suo libro, ma in fondo che importa? L’ispirazione, unica cosa che ai lettori è dato poter giudicare, è indubbiamente vera e sincera. Il resto sono elucubrazioni sulla mefistofelica capacità della scrittura di mentire e trasfigurare i dati di realtà, e non è un caso se Dikla – la moglie del protagonista – sia intenzionata a lasciarlo proprio perché “non può più fidarsi di lui”, non distinguendo più, nel marito scrittore, la verità dalla menzogna. Allo stesso modo il lettore, da questo impasto vorticoso di materiale narrativo eterogeneo, non può distinguere il vero dal falso, il confessato dal romanzato: ma non è forse questo aspetto intrinsecamente enigmatico il bello della scrittura – e della lettura?

(Recensione scritta ascoltando Boy George, “The Crying Game”)

PREGI:
indubbiamente ben scritto, scorrevole e curioso, è un libro che – complice la ripartizione in domande e risposte – non stanca e accompagna con piacere lungo il dipanarsi di questa “anima messa a nudo”, che ogni tanto ammette candidamente di mentire (strappando sorrisi) ma, con tutti i suoi difetti e le sue storture, finisce in più punti per strappare anche una lacrimuccia  

DIFETTI:
fatalmente frammentario, “L’ultima intervista” ha l’astuzia di contenere tutto e il contrario di tutto: umorismo ebraico e dramma personale, critica sociale e vezzi da scrittore… Nulla di male, ma alla fine si ha l’impressione che resti poco, di ciò che si è letto…  

CITAZIONE:
“Benché ormai da anni io scriva di amicizia e tenga conferenze sull’amicizia come valore centrale nella società israeliana… Ho avuto tre buoni amici soltanto. Me n’è rimasto uno. E fra poco anche lui, forse… E dopo? Dove porterò i miei segreti? A chi racconterò che non dormo a casa ormai da due settimane, che la voce di Dikla al telefono quando organizziamo gli impegni è più fredda dell’inverno di Gerusalemme? Con chi potrò essere me stesso? Si può vivere senza amici?” (pag. 47)

GIUDIZIO SINTETICO: ***

LEGENDA RECENSIONI
Sia per i libri che per i film, adotto nel giudizio sintetico il “sistema Mereghetti”, che va da 0 a 4 “stelline”: a 0, ovviamente, i giudizi più negativi, a 4 quelli più positivi, con tutti i possibili gradi intermedi…

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NON GIUDICABILE con i sistemi “classici” di voto
PESSIMO
QUASI PESSIMO
BRUTTO
BRUTTINO
 
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**1/2
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***1/2
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ACCETTABILE
DISCRETO
BUONO
MOLTO BUONO
CAPOLAVORO