PAURA DELLA MATEMATICA – Peter Cameron

# 265 – Peter Cameron – PAURA DELLA MATEMATICA (Adelphi, 2008, ediz. orig. 1986-2008, pagg. 104)

Sette racconti di lunghezza quasi uguale. Ne “Il mondo del ricordo”, un figlio abbandonato da piccolo dal padre, rimasto vedovo, ritrova il genitore ormai anziano e malato terminale, e ascolta da lui un racconto di quand’era giovane, ultimo lascito dell’uomo prima di morire. In “Memorial Day”, un ragazzo, dopo il divorzio della madre che si prende un compagno molto più giovane, decide di non parlare più. In “Paura della matematica” il corso estivo di analisi matematica di una ragazza perennemente indecisa su quale direzione dare alla propria vita diventa un’esitante e irrisolta storia d’amore col professore. In “Qualche scena del Lago dei Cigni” il protagonista, Paul, e il suo fidanzato Neal vanno a trovare la nonna di Paul, anziana donna un po’ svampita, e mentre se ne prendono cura assistono al deteriorarsi della loro storia d’amore. In “Compiti a casa” un diciottenne, affranto per la morte del suo cane Kets, smette di andare a scuola ma continua a rompersi la testa su complessi problemi di algebra. In “Lavori strani” una donna racconta con distacco e sottile ironia il suo rapporto con Keith, con la sua ex-moglie, l’antropologa Judith, e con la loro indisponente figlia Violet. Infine, in “Scorrimento veloce”, la proiezionista di un cinema chiede a un amico di vecchia data di fingersi fidanzato con lei per realizzare l’ultimo desiderio della madre morente: saperla destinata al matrimonio.

Ad attrarmi verso questa esile raccolta di racconti, lo ammetto candidamente, è stato il titolo, perché io, in età scolare, ho sempre avuto paura della matematica, paura di non capirla, di non ricordarne tutte le regole (laddove, al contrario, non avevo paura di non ricordare una poesia o una data importante o il significato di un evento storico), paura, insomma, di uscire ridimensionato dal confronto impari con i numeri e le espressioni, con le parentesi tonde, quadre e graffe e con i segni più, meno, per e diviso.

Regolarmente, alle Medie, sbagliavo per distrazione, mettendo un meno invece di un più, o un due invece di un tre (che importanza poteva avere un numeretto invece di un altro?, mi dicevo prima di accorgermi che per colpa di quel numeretto il risultato dell’esercizio era drammaticamente sbagliato), una potenza invece di un “fratto”… La matematica, lungi dal farmi concentrare, mi induceva a distrarmi, a staccarmi da essa quasi come un meccanismo difensivo: se io non le do confidenza, non potrà farmi male! E invece mi faceva male regolarmente, e a livello di voti mi barcamenavo alla bell’e meglio.

Al Liceo, scoprii la fisica, che mi piacque decisamente di più, e finii pian piano per rivalutare anche quella strana materia che della fisica era l’inevitabile sostrato, la matematica, appunto, con le sue regole cristalline e sorprendenti. Oggi, di tanto in tanto, mi concedo persino qualche saggio di fisica o di matematica, saggi ovviamente divulgativi, non specialistici, ma quel che conta è che non ho più paura di rompermi un po’ la testa su quelle strane simbologie, su quelle “x” e quelle “y” cui riconosco un fascino che negli anni del Liceo avevo loro pervicacemente negato. Tutto ciò per giustificare la scelta di leggere un piccolo libro che con la matematica ha una certa attinenza, ma solo in un paio di racconti (oltre a quello che dà il titolo alla raccolta, l’algebra entra anche in “Compiti a casa”, ma per il resto non dà notizie di sé).

Dunque, se “Paura della matematica” è un racconto simpatico e disteso, sottilmente melanconico e sapidamente ironico, va detto che la palma del miglior testo va decisamente a “Compiti a casa” per il lato metaforico (si veda la citazione che ho scelto di riportare) seguito a un’incollatura, ex-aequo, da “Scorrimento veloce” e “Qualche scena del Lago dei Cigni”. La cifra stilistica principale di Peter Cameron, scrittore americano classe 1959, è la delicatezza: mai sopra le righe, la prosa di questo Autore è leggera e sottilmente scanzonata, sembra non dare reale peso a niente, né alle ossessioni né ai drammi, né alle gioie né alle menzogne, né alla vita né alla morte, che in fondo vengono viste per quello che sono, delle fatalità, pure e semplici, da accettare così come vengono, senza pretese e senza eccessiva sofferenza.

Se questo tocco delicato ha i suoi pregi, l’altra faccia della medaglia è una certa qual inconcludenza, una “sospensione” di tutti i racconti, che appaiono più situazionali che narrativi, più dei bozzetti che dei veri e propri racconti, tanto che – se dovessi immaginarli trasposti al cinema – li vedrei bene nelle mani di un Todd Solondz, per intenderci, o di uno Xavier Dolan. Insomma, li vedrei trasformati in film irresoluti e autoriali, ostentatamente incentrati sul nulla, e non perché i racconti siano brutti, ma perché sono tutti, quale più quale meno, “galleggianti” su uno stile e su un gusto “medi”, nel senso sia buono sia cattivo del termine: buono, perché non sono testi aggressivi, che tentano di stupire a tutti i costi il lettore; cattivo, perché lasciano tutto sommato poco nel lettore stesso, svolazzando via come soffici cirri nel cielo estivo, o come fugaci sogni che si ricordano per pochi attimi dopo il risveglio.

Nuvoletta

(Recensione scritta ascoltando Teho Teardo e Blixa Bargeld, “What If”)

PREGI:
una scrittura piana e semplice, personaggi comuni, con giusto qualche tratto di originalità o di bizzarria, e trame appena accennate, che non fagocitano i racconti ma li fanno vivere in una dimensione sospesa, quasi più situazionale che narrativa

DIFETTI:
di alcuni racconti (per la verità, della maggior parte) sfugge l’intenzione di fondo, e francamente restano dei bozzetti carini ma niente di più, con poco nerbo e con personaggi che non si incidono nel ricordo

CITAZIONE:
“Sto elaborando un nuovo problema: trova il valore di n tale che n più qualsiasi altra cosa nella vita ti faccia sentire felice. A che cosa equivarrebbe n? Trova n.” (pag. 76 – dal racconto “Compiti a casa”)

GIUDIZIO SINTETICO: **

LEGENDA RECENSIONI
Sia per i libri che per i film, adotto nel giudizio sintetico il sistema Mereghetti, che va da 0 a 4 stelline: a 0, ovviamente, i giudizi più negativi, a 4 quelli più positivi, con tutti i possibili gradi intermedi…

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NON GIUDICABILE con i sistemi ìclassiciî di voto
PESSIMO
QUASI PESSIMO
BRUTTO
BRUTTINO
 
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**1/2
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***1/2
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ACCETTABILE
DISCRETO
BUONO
MOLTO BUONO
CAPOLAVORO