# 283 – Pier Vittorio Tondelli – ALTRI LIBERTINI (Feltrinelli, 2023, ediz. orig. 1980, pagg. 195)
“Romanzo a episodi” (secondo la celebre definizione che ne diede lo stesso Autore) ambientato negli anni Settanta e diviso in sei capitoli. In “Postoristoro” si raccontano le vite e le avventure di un gruppo di eterogenei e sbandati personaggi che affollano il bar della stazione di Reggio Emilia, tra sesso a pagamento e ambitissime dosi di eroina; in “Mimi e istrioni”, la scena è dominata dalle Splash, quattro scatenate ragazze di Reggio Emilia che amano épater la bourgeoisie; in “Viaggio” – il più lungo dei capitoli – la vita raminga del protagonista e voce narrante tra l’Emilia Romagna, Bruxelles e Amsterdam si intreccia alle vite di altri vagabondi in cerca di quel fantasma che è la libertà, tra amori e aneliti protestatari; in “Senso contrario” il protagonista, nonché voce narrante, vive una travolgente quanto breve storia d’amore col poco di buono Ruby, storia che gli lascerà un incolmabile vuoto nel cuore; in “Altri libertini”, un gruppo di studenti cerca motivi per vivere e per sognare tra amori (perlopiù omosessuali) e litigi, tra la voglia di mettere la testa a posto e l’impulso a partire e cercare altrove il proprio destino; infine, in “Autobahn”, il protagonista vive la fascinazione per l’Autobrennero, la lunga autostrada che, una volta imboccata, può portare fino al Mare del Nord, un nastro d’asfalto che vuol dire libertà, fuga dalla quotidianità e ricerca di sé stessi. Ma percorrerla tutta non è facile…
Perché Pier Vittorio Tondelli (nato a Correggio nel 1955 e morto prematuramente nel 1991, di AIDS) parlava di “romanzo a episodi” riferendosi alla sua opera d’esordio, nonché più celebre? “Altri libertini” è composto, a tutti gli effetti, da sei racconti, solo blandamente legati uno all’altro (in un paio di circostanze ci sono delle allusioni in un racconto ai personaggi di un altro, ma nulla di più); questi sei testi, però, raccontano in effetti un’unica, compatta anche se variegata realtà: la vita in Emilia-Romagna nei turbolenti e complicati anni Settanta, decennio attraversato da spinte eversive di tutti i tipi e da un anelito di libertà (anche e soprattutto di costumi: si pensi alle battaglie femministe o per i diritti degli omosessuali) che il più facile e superficiale edonismo del decennio successivo avrebbe, in parte, smorzato.
Romanzo o raccolta di racconti che sia, comunque, “Altri libertini” è un libro che si fa ricordare piuttosto per lo stile, a tratti durissimo e caratterizzato da scelte lessicali estreme (bestemmie comprese). Non a caso, nel 1980, poco dopo la sua uscita, il libro fu sequestrato per oscenità e per tornare nelle librerie dovette affrontare uno step giudiziario, dal quale uscì “assolto”. Fermo restando, dunque, che non si tratta di un libro adatto a tutti i palati, e che ancor oggi, a distanza di più di quarant’anni dalla sua uscita, resta un discreto shock, che opera è “Altri libertini”? Un romanzo a episodi furbo e calcolatore, nato per sconvolgere le anime belle della cattolicissima Emilia-Romagna (e, più estesamente, della bigotta Italia del tempo), oppure un’opera attraversata da una reale ispirazione, dall’esigenza profonda di raccontare un malessere diffuso soprattutto tra le nuove generazioni, che si sarebbe estrinsecato sotto forma di occupazioni di università e manifestazioni, quando non di scelte ancora più estreme, tipo lotta armata e clandestinità?
Io propendo, ovviamente, per la seconda ipotesi, e riconosco a Tondelli il coraggio di proporre una letteratura acre e scomoda, che mette i disperati e gli emarginati al centro dell’attenzione, ma che, tutto sommato, non fa sconti neppure a loro, e li racconta, spesso, in tutto il loro (incolpevole?) squallore, con un grado di adesione alla realtà dei fatti inedito nel mondo letterario italiano dell’epoca (forse l’esempio più vicino potrebbe essere il Moravia de “Gli indifferentI”, ma con tutt’altra scelta stilistica).
Questo, ovviamente, non significa che “Altri libertini” sia quel capolavoro osannato da tanta critica interessata più che altro a liberarsi la coscienza, vista la tristissima parabola esistenziale dell’Autore, critica sempre pronta a mettere sul piedistallo i libri che abbiano anche solo un vago sapore “queer” (e l’opera di Tondelli ce l’ha eccome, e in forte anticipo sui tempi!) in ossequio ai contenuti, più che alla forma o allo stile. Ebbene, a mio modo di vedere “Altri libertini” non può che entrare in quell’ampia categoria di libri che io definisco “più importanti che belli”: nessuno nega, infatti, l’importanza e il coraggio di un testo simile, di rottura e di critica sociale, di denuncia e di afflato libertario; resta il fatto che la lettura non sempre scorre liscia, e non tanto per le volgarità e le durezze di stile quanto piuttosto per la monotonia di fondo dell’impianto narrativo, che racconta un po’ in tutte le salse lo sbandamento – voluto o meno – di ragazzi che sembrano vivere una perenne e metafisica insoddisfazione, che desiderano qualcosa cui nemmeno loro sanno dare nome e forma, che vogliono solo viaggiare, conoscersi, amarsi, assaporarsi, stordirsi, e poi ancora viaggiare, verso una meta che forse non esiste, alla ricerca di una libertà assoluta che mai il mondo degli uomini ha sperimentato.
Utopistico eppure saldamente ancorato a una realtà descritta in tutti i suoi più sordidi dettagli, materico all’estremo ma anche pieno di sogni e di aspirazioni, brusco e scostante ma anche tenero e, a tratti, immensamente triste, “Altri libertini” è una lettura che colpisce ancor oggi (e questo è il suo principale merito) pur apparendo, fatalmente, un po’ datata e fin troppo legata a una temperie umana e culturale, a una “stagione” – gli anni Settanta – che ha indubbiamente fatto il suo tempo.
(Recensione scritta ascoltando le First Aid Kit, “Rebel Heart”)
PREGI:
documento d’epoca virulento e disperato, è un libro nerissimo, che sa far ridere alle lacrime ma anche piangere, e che contiene un terribile cuore ghiacciato. Lettura consigliata e in un certo senso anche doverosa, non foss’altro per il coraggio di un Autore che le sue scelte estreme e il suo anelito di libertà – per tutti, e non solo per sé stesso – li avrebbe pagati carissimi
DIFETTI:
volgare e stilisticamente sporco, il libro è un dado a sei facce rischioso da lanciare: qualunque faccia esca, infatti, ci si immerge in vicende torbide e disordinate, in spiriti inquieti (spesso, apparentemente, senza motivo) e in disperazioni senza nome, col risultato che i diversi Io narranti finiscono per somigliarsi tutti e i personaggi stessi, da racconto a racconto, non sono che le diverse facce di un’unica disperazione, e nessuno si fissa davvero nel ricordo del lettore
CITAZIONE:
“Odore, odorino mio di Mar del Nord, di libertà e gioventù, evvieni ancora nella mia pancia, eddai non far così, vieni, sniff e sniff odorino mio, ci stai ancora? Dimmi che ci sei!” (pag. 192 – dal capitolo “Autobahn”)
GIUDIZIO SINTETICO: **½
LEGENDA RECENSIONI
Sia per i libri che per i film, adotto nel giudizio sintetico il sistema Mereghetti, che va da 0 a 4 stelline: a 0, ovviamente, i giudizi più negativi, a 4 quelli più positivi, con tutti i possibili gradi intermedi…