ARANCIA MECCANICA – Anthony Burgess

# 254 – Anthony Burgess – ARANCIA MECCANICA (Einaudi, 1996, ediz. orig. 1962, pagg. 235)

Il violento e sardonico adolescente Alex Delarge guida un gruppetto di amici in scorribande a base di sesso e violenza, in una Londra futura ma non futuristica, dominata anzi dagli anonimi condomini di una periferia sconfinata e fatiscente. Caratterizzati da un linguaggio tutto loro, il Nadsat, che mescola parole inglesi e russe a forme dialettali, alla ricerca di costrutti pregnanti e provocatori, i “Drughi” guidati dallo spavaldo Alex sono solo uno dei tanti gruppetti di giovani che, nelle notti londinesi, si abbandonano alla violenza fine a sé stessa. Quando finisce in prigione, tradito dai suoi stessi compagni, Alex ha l’occasione di sperimentare una cura innovativa che dovrebbe vuotare le carceri riabilitando forzatamente i violenti, tramite una sorta di suggestione post-ipnotica. Ma le cose non andranno come previsto dall’ideatore della cura, il dottor Brodsky, e Alex da spietato cacciatore si ritroverà a essere la preda indifesa di una società allo sbando che ha finito per sdoganare e istituzionalizzare la violenza stessa.   

Impossibile parlare di “Arancia meccanica” di Anthony Burgess senza pensare, automaticamente, allo straordinario film che ne trasse, nel 1971, Stanley Kubrick, un film entrato nel mito, tanto da aver decisamente oscurato il romanzo, che pure, alla sua uscita, aveva destato un certo scalpore e va annoverato tra le opere di fantascienza distopica più riuscite di tutti i tempi.

Eccezionale nel costruire un linguaggio alternativo, Burgess disegna anche una parabola narrativa perfetta, fatta di dramma, apparente redenzione e ritorno nel dramma, ma a segni invertiti: chi esercitava la violenza, adesso la subisce, in una specie di gioco al massacro sociale in cui lo Stato, ipocritamente, demanda alla scienza il compito di ripulire le strade e i sobborghi di periferia, quelle che in Francia si chiamerebbero banlieue. Affresco impietoso di un mondo allo sbando, “Arancia meccanica” avrebbe ispirato, negli anni successivi, una pletora di film e di libri, più o meno riusciti: a parte il capolavoro kubrickiano, direttamente tratto dal libro, vanno ricordati i tanti film che immaginano un futuro dominato dalla violenza e dall’abbrutimento sociale, da “Rollerball” (1975) a “Robocop” (1987), da “Zardoz” (1974) a “Interceptor” (1979), giusto per citarne alcuni, tutti in qualche misura debitori delle atmosfere immaginate da Burgess.

Dovendoci occupare, in questa sede, eminentemente del libro, lasciamo perdere il cinema, anche se ci sarebbe tanto da scrivere in merito. Restando focalizzati sul romanzo, va detto subito che, sgombrato il campo dall’inevitabile paragone col film di Kubrick, si tratta di un’opera potente e innovativa, non facile da leggere per via di un linguaggio non sempre immediatamente comprensibile, per quanto ben tradotto e, del resto, assolutamente fondamentale nel costruire e raccontare, dal punto di vista del protagonista, le meccaniche di un mondo cupo e ripiegato su sé stesso, una Londra del futuro più brutale di quella immaginata tante volte da Ballard, ma egualmente plausibile e inquietante. Anzi, è proprio nella sua plausibilità che si ravvisa la migliore qualità di “Arancia meccanica”, esempio di una fantascienza che, ancora una volta, descrive il futuro per riflettere sul presente, o sui possibili sviluppi del presente.

Ma è a livello di linguaggio che il libro di Burgess è decisamente straordinario: il Nadsat (parola russa che funge da suffisso per indicare i numeri da 11 a 19, e che potrebbe essere paragonata all’inglese “-teen”) è una lingua stratificata e complessa, costruita contaminando l’inglese con il russo e con vari suoni onomatopeici e parole ispirate al dialetto londinese Cockney, cui peraltro si deve il modo di dire del titolo, “Clockwork Orange”, che indica una persona che agisce meccanicamente, per riflesso condizionato, come Alex dopo la spaventosa Cura Ludovico.

Narrato in prima persona dallo stesso Alex, personaggio assoluto che non ha mancato di affascinare Stanley Kubrick e di cui Malcolm McDowell ha dato un’indimenticabile interpretazione, il racconto è suddiviso in tre atti ben distinti: la violenza senza freni, la cura e il rientro in società a termini invertiti, con Alex ridotto a una larva e vittima del suo stesso passato. Ma un finale beffardo come pochi assesta al lettore un salutare pugno nello stomaco, e fa di questo libro un’opera unica e avvincente, superata forse dal film per efficacia comunicativa e capacità di incidersi nell’immaginario collettivo, ma pur sempre più che dignitoso anche come romanzo, per quanto ormai non lo si possa più leggere senza pensare alle immagini di Stanley Kubrick.                 

(Recensione scritta ascoltando Ludwig van Beethoven, “Nona Sinfonia”, diretta da Leonard Bernstein)

PREGI:
linguisticamente straordinario, è un libro nel quale si fa un po’ fatica a entrare, perché occorre abituarsi al linguaggio (diverso peraltro da quello del film perché frutto di una differente traduzione), ma che poi non molla il lettore e lo conduce con spavalderia verso un finale spiazzante e beffardo 

DIFETTI:
non è la lettura più indicata per chi sia a digiuno di letteratura, visto il pastiche linguistico, e anche i troppo impressionabili, vista l’allegra carneficina di certi passaggi, farebbero meglio ad astenersi

CITAZIONE:
“Allora P.R. Deltoid fece qualcosa che uno come lui, che aveva il compito di trasformare noi cattivoni in bravi malcichi cinebrivido, non avrei mai creduto potesse fare, specialmente con tutti quei cerini in giro. Venne un po’ più vicino e sputò. Sputò. Mi sputò dritto sulla biffa e poi s’asciugò il truglio salivoso col dorso della granfia.” (pag. 84)

GIUDIZIO SINTETICO: ***

LEGENDA RECENSIONI
Sia per i libri che per i film, adotto nel giudizio sintetico il sistema Mereghetti, che va da 0 a 4 stelline: a 0, ovviamente, i giudizi più negativi, a 4 quelli più positivi, con tutti i possibili gradi intermedi…

?
0
1/2
*
*1/2
NON GIUDICABILE con i sistemi ìclassiciî di voto
PESSIMO
QUASI PESSIMO
BRUTTO
BRUTTINO
 
**
**1/2
***
***1/2
****
ACCETTABILE
DISCRETO
BUONO
MOLTO BUONO
CAPOLAVORO