GUERRA E PACE – Lev Tolstoj

# 380 – Lev Tolstoj – GUERRA E PACE (Einaudi, 1990, ediz. orig. 1865-1869, pagg. 1.425)

Tra il 1805 e il 1813, tra la battaglia di Austerlitz e quella di Borodino, ovvero tra l’apice del successo di Napoleone contro la Russia e l’abisso della sua disfatta dopo averla invasa e averne occupata la capitale, Mosca, nel 1812, il monumentale romanzo di Tolstoj narra, con una “coda” ambientata nel 1820, a sette anni di distanza dagli ultimi eventi raccontati, le vicende dei membri di alcune famiglie russe di diverso grado aristocratico. Il principe Andrej Bolkonskij vive col mito dell’onore militare e affronta la guerra con spirito di lealtà e con sincera ammirazione per il detestato Napoleone; l’ussaro Nikolaj Rostòv è un uomo tutto d’un pezzo, che si trova in difficoltà solo quando deve scegliere tra l’amore per la cugina priva di mezzi Sonjia e la ricca Marja Bolkonskaja, sorella del principe Andrej; Boris Drubetskoj viene spinto in alto dalla determinatissima madre, che vorrebbe vederlo, un giorno, nei posti che contano; la giovanissima Nataša Rostova, sorella di Nikolaj, corteggiatissima fin da ragazzina, non riesce a vivere con serenità i propri innamoramenti e rischia di mandare all’aria un matrimonio che potrebbe salvare la famiglia dal dissesto economico; infine, il pingue e raffinato Pierre Bezuchov, erede di un’immensa fortuna, rientra in Russia dopo gli studi a Parigi infarcito di ammirazione per la Francia e per Napoleone, ma dovrà ricredersi quando sperimenterà sulla sua pelle gli orrori della guerra.

Sarebbe vano cercare di riassumere tutte le trame e le sottotrame di questo colossale e celeberrimo romanzo di Lev Tolstoj, scritto tra il 1865 e il 1869 e pubblicato inizialmente a puntate, con titoli differenti e alcune varianti di trama. Nel conferire una veste unitaria al romanzo, Tolstoj non ne sacrificò certamente la complessità e l’impianto corale, che lascia ancora a bocca aperta per la perfetta gestione dell’enorme quantità di personaggi e di vicende che si intrecciano per tutta la durata del racconto, ambientato in un tempo – i primi due decenni del XIX secolo – non lontano all’epoca in cui fu scritto e pubblicato.

Nato nel 1828, Tolstoj non fu testimone oculare dei fatti narrati, non conobbe Napoleone e non visse sulla sua pelle lo shock per la sconfitta di Austerlitz o per l’incendio di Mosca. Scrivendo, però, a neanche cinquant’anni di distanza dalla morte dell’Imperatore francese e basandosi su testimonianze e racconti di prima mano, il grande scrittore russo ha potuto dipingere quello che è a tutti gli effetti il più spettacolare affresco di un’epoca unica nella storia dell’umanità, e certamente nella storia europea: la fase finale delle cosiddette “guerre napoleoniche”, quando milioni di uomini e donne furono coinvolti in una serie di conflitti figli, in qualche modo, della Rivoluzione Francese del 1789 e dettati dalla comparsa improvvisa e inattesa di una personalità impressionante, quella di Napoleone Bonaparte, appunto, militare di immenso talento e politico spregiudicato, vero e proprio modello dei futuri dittatori novecenteschi.

Tra le tante cose che Tolstoj racconta alla perfezione, nel suo monumentale capolavoro, c’è anche questa: la sensazione di assoluto sconcerto dell’aristocrazia europea davanti a un uomo che nobile non era (o che, al più, poteva far parte della piccola nobiltà còrsa, di nessun peso sul piano politico e sociale) ma che fu in grado, per un incredibile concorso di cause e per la sua capacità di cavalcare lo spirito dei tempi, di dettar legge sull’intera Europa e sul mondo per quasi vent’anni e che, anche una volta sconfitto ed esiliato, avrebbe continuato a far parlare di sé e non sarebbe, di fatto, mai stato “archiviato” dalla Storia, se si pensa a quanto abbiano significato gli ammodernamenti portati da Napoleone nella scienza militare e nella vita dei popoli, con suo celeberrimo Codice di leggi che è ancor oggi alla base di diversi impianti di diritto nazionali.

“Guerra e pace” è il libro che, meglio di molti saggi storici, fa capire alla perfezione la dimensione della figura di Napoleone e il suo impatto sulla vita dei popoli – tema che a Tolstoj stava molto a cuore, al punto da dedicarvi l’intera seconda parte del (lungo) epilogo che è, a tutti gli effetti, un mini-saggio storico e politico sull’epoca al centro della narrazione. Ma ovviamente, siccome Tolstoj era per prima cosa un grande romanziere, “Guerra e pace” è anche – e soprattutto – un racconto straordinario, epico e sentimentale, un quadro in movimento vivace e geniale, dettagliato e sorprendente, dal quale – come per magia – saltano fuori figure freschissime, attuali anche a distanza di tanto tempo, grazie al modo in l’Autore ha saputo descriverle e inciderle nelle sue pagine.

Se il principe Andrej è il protagonista tormentato e disilluso che vive sia il crollo degli ideali (la guerra e il servizio all’Imperatore non erano come se li aspettava) che quello dei sentimenti (la vicenda che lo unisce e lo divide da Nataša Rostova è il cardine emotivo dell’intero romanzo), Pierre Bezuchov è il rampollo fatuo e viziato che vive in maniera dissipata fino a quando scopre il lato spirituale dell’esistenza, e la necessità di avere degli obiettivi nella vita. E ancora, l’ussaro Nikolaj Rostòv è l’uomo tutto d’un pezzo che cade nei tranelli del gioco e dell’amore, ma che sa rialzarsi e mette l’onore militare e personale sopra ogni cosa, anche sopra la famiglia, e Nataša, beh, Nataša è uno dei personaggi femminili più belli e complessi che siano mai stati scritti. Dalla ragazzina capricciosa della scena in cui si presenta, la sua parabola narrativa la conduce a un finale in cui – con la dovuta ironia, che non manca mai – Tolstoj la descrive ormai madre di famiglia, ma senza che quel suo spirito ribelle e anticonvenzionale sia venuto meno.

E accanto a questi personaggi, una miriade di altri – dal capitano Denisov, con la sua erre moscia, all’infido principe Vassilij, che tesse le sue trame nell’alta società moscovita e pietroburghese, dal vecchio padre del principe Andrej, burbero e anaffettivo, al conte Rostòv che, al contrario, è spendaccione e festaiolo – abitano le pagine di questo meraviglioso e rutilante racconto epico che alterna sapientemente le scene di guerra e d’azione (poderose e corali) a quelle d’amore e di sentimento, delicate e intimiste, creando quadri di una vividezza senza eguali.

Come se non bastasse, poi, c’è un valore aggiunto di cui è impossibile non parlare: la coabitazione di personaggi immaginari (tutti quelli che abbiamo sin qui citato) con personaggi storici, realmente esistiti e descritti da Tolstoj in maniera pressoché perfetta, seppur dal suo personale (e molto vigoroso) punto di vista. Dall’anziano e attendista generale Kutuzov, che fronteggiò Napoleone in diverse battaglie e soprattutto nella campagna di Russia intrapresa dai francesi, al vigoroso generale Bagration, dalla schiera di consiglieri che attorniavano lo Zar Alessandro I ad alcuni tra i più noti fedelissimi di Napoleone (Davout, Berthier, Ney) per concludere con lui, Napoleone I, Imperatore dei Francesi, un enigma divenuto Storia, uomo dall’immenso carisma ma – secondo Tolstoj – valutato da molta storiografia ben oltre i suoi meriti. Convinto che la Storia sia una macchina di cause e concause che sfugge completamente al controllo dei singoli, che possono avere, al massimo, l’illusione di esercitarlo, Tolstoj non cela le sue vigorose critiche e non risparmia né russi né francesi, salvando dalla condanna solo e unicamente i popoli, unici veri incolpevoli, vittime di temperie storiche che si traducono, volta a volta, in guerre e battaglie, in scontri e invasioni, in cariche all’arma bianca e in incomprensibili ritirate.

E così, alla fine, la sfida di questo grande romanzo consiste proprio nel tentativo di afferrare la Storia al lavoro, svelandone tutta la disarmante casualità, smascherando la tenace illusione che certe battaglie, che certe orribili carneficine siano avvenute per una buona causa, e al seguito di grandi uomini che le hanno cercate e governate, nella piena consapevolezza di che cosa stessero facendo. Tolstoj è lapidario: nessuno sa nulla mentre la Storia scrive sé stessa e mentre i popoli si massacrano ad Austerlitz, a Borodino o a Waterloo. Restano solo le disillusioni e la morte a insegnare che il mondo non è un luogo giusto e che non esistono uomini che siano veramente artefici del loro destino, neppure Napoleone, che in fondo è giunto al potere solo attraverso una lunga concatenazione di casi favorevoli e di misteriose fascinazioni da parte di civili e militari (come sarebbe successo, un secolo e mezzo dopo, a un certo Adolf Hitler).

E non si può non ripensare, dopo la lucida riflessione tolstojana sull’ingovernabilità della Storia e delle masse, alla celebre frase che il Kaiser Guglielmo II non fa che ripetere, a propria discolpa, nel capolavoro di Karl Kraus, “Gli ultimi giorni dell’umanità”, incentrato sulla Prima Guerra Mondiale: “Io non l’ho voluto!”

War-and-Peace

(Recensione scritta ascoltando Dmitrij Dmitrievič Šostakovič, “Suite per orchestra jazz n. 2”)

PREGI:
c’è solo l’imbarazzo della scelta, dalla ricchezza dei personaggi alla corposa magnificenza dello stile, capace tanto di afflati epici quanto di delicatezze intimiste, e a dimostrarlo è il fatto che i personaggi funzionino tutti, sia i rudi soldati che le appassionate dame, sia i nobili di vecchio corso che i ricchi parvenu, senza dimenticare l’efficacia impressionante delle figure storiche (su tutte, un titanico Kutuzov, eroe e antieroe allo stesso tempo)

DIFETTI:
uno solo: le ultime cinquanta pagine consistono in un vero e proprio saggio storico-politico che, dopo la splendida parabola narrativa e affabulatoria delle mille e trecentocinquanta pagine precedenti, non può che rappresentare una sorta di brusco risveglio per il lettore che si era immerso nel racconto! Ma è un peccato veniale, che certo non guasta l’esperienza di lettura di quello che è indubbiamente uno dei libri più importanti di tutti i tempi, un’Iliade moderna che non può mancare in nessuna biblioteca  

CITAZIONE:
“Negli avvenimenti storici gli uomini così detti grandi sono etichette che danno il titolo all’avvenimento e, come le etichette, meno che mai hanno rapporto con l’avvenimento stesso. Ogni loro azione, che ad essi sembra volontaria, nel senso storico è involontaria, e si trova legata a tutto il corso della storia ed è determinata da sempre.” (pag. 711)

GIUDIZIO SINTETICO: ****

LEGENDA RECENSIONI
Sia per i libri che per i film, adotto nel giudizio sintetico il sistema Mereghetti, che va da 0 a 4 stelline: a 0, ovviamente, i giudizi più negativi, a 4 quelli più positivi, con tutti i possibili gradi intermedi…

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NON GIUDICABILE con i sistemi ìclassiciî di voto
PESSIMO
QUASI PESSIMO
BRUTTO
BRUTTINO
 
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**1/2
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***1/2
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ACCETTABILE
DISCRETO
BUONO
MOLTO BUONO
CAPOLAVORO