IL CODICE DA VINCI – Dan Brown

# 286 – Dan Brown – IL CODICE DA VINCI (Mondadori, 2003, pagg. 523)

Lo studioso di simbologia americano Robert Langdon sembra in qualche misura coinvolto nel brutale assassinio del direttore del Museo del Louvre, Jacques Saunière, che prima di morire è riuscito a vergare con il sangue un criptico messaggio che, rivolto proprio al professor Langdon, pare alludere a Leonardo da Vinci e all’Uomo Virtuviano. In quanto esperto di arte e di simboli, Langdon si ritrova dunque coinvolto in una sorta di caccia al tesoro il cui premio finale sembra essere nientemeno che il Santo Graal, o il tesoro dei Templari, ammesso che siano due cose diverse. Ad aiutarlo, la nipote di Saunière, Sophie Neveu, crittologa, e il grande studioso inglese Sir Leigh Teabing, amico di Landgon e profondo conoscitore dell’opera di Leonardo da Vinci, all’interno della quale sembra essere codificato un segreto talmente grande da mettere a repentaglio, se svelato, l’esistenza stessa del Cristianesimo e della Chiesa Cattolica. Braccati da Silas, uno spietato assassino albino al soldo dell’Opus Dei (?!), e guardati con estremo sospetto dalla polizia francese, e in particolare dal capitano Bezu Fache, Langdon, Sophie e Teabing devono unire le forze per arrivare alla soluzione di un mistero che ha attraversato i millenni.

Non è mai facile recensire i grandi best seller, da una parte perché il generale apprezzamento da parte del pubblico rende piuttosto superfluo qualunque commento critico, e dall’altra perché pregi e difetti di questo tipo di libri sono ben noti a tutti, anche e soprattutto a chi li legge con gusto, ben sapendo di immergersi in quella che – senza disprezzo – viene da più parti definita “letteratura di consumo”. Insomma, libri “da ombrellone”, destinati a intrattenere e divertire, prima ancora che a far pensare o a cambiare la vita di chi li legge. Diamine, non spetta certo a tutti gli scrittori il gravoso compito di incidersi in via definitiva nella coscienza dei lettori! Non tutti possono essere dei Michel Houellebecq o degli Ian McEwan! Poco male, dunque, se Dan Brown si accontenta di imbastire degli onesti thriller a sfondo artistico e simbologico, tradizione nella quale spicca anche il nostro Umberto Eco che, con “Il nome della rosa”, ha dato l’avvio ai thriller colti e d’ambientazione storica.

Fitto di informazioni e curiosità sulla vita e sull’opera di Leonardo, ma anche sui Templari, sui Vangeli e sulla figura di Gesù, “Il codice Da Vinci” è il classico libro in grado di far sentire colto qualunque lettore, anche chi dei Templari sa solo quello che ha appreso dalle trasmissioni di Roberto Giacobbo e Leonardo lo conosce solo come Autore della “Gioconda”.

La scrittura di Dan Brown è semplice ed efficace, il ritmo è indiavolato e la commistione di cultura spicciola e azione, di riflessione su arte e simbologia e brutali assassini è talmente efficace che anche gli scettici vengono catturati e conquistati, il che va a indubbio merito di un Autore certo furbo ma non incapace, abilissimo anzi a giocare con le aspettative del lettore e a dargli esattamente ciò che vuole: un po’ di cultura, tanti colpi di scena, brividi e una sensazione finale di aver capito qualcosa – cosa esattamente non si sa, ma qualcosa di importante, qualcosa che mette l’intera storia del mondo sotto un’altra luce. Santo Graal, femminino sacro, tesoro dei Templari, segreti dei Rosacroce, misteri del Vaticano, enigmi dei quadri di Leonardo, meccanismi crittografici e codici antichi: non manca nulla in questo sapiente minestrone simbologico-narrativo, e la trama, lineare e dominata da figure classiche (lo studioso che deve risolvere l’enigma, i suoi collaboratori apparentemente fidati, lo spietato assassino che gli dà la caccia e che sembra spesso essere un passo avanti), è di rara efficacia e, purché non si abbiano ambizioni troppo elevate, non delude neanche nel finale.

A deludere, ovviamente (ma non potrebbe essere altrimenti), è la faciloneria di tante spiegazioni, che banalizzano complesse questioni critiche e storiche facendole apparire di lapalissiana banalità. Ma, soprattutto, quello che si fatica a perdonare a Brown è di essersi appropriato senza remore del lavoro di diversi saggisti e divulgatori scientifici (in primis Michael Baigent, Richard Leigh e Henry Lincoln, Autori di un libro bello e controverso sul Santo Graal datato 1982) per costruire il suo thriller da boom delle vendite che, di fatto, non fa che rimasticare teorie vecchie di decenni (se non di secoli!) spacciandole per incredibili novità, nella consapevolezza che il 99% dei lettori non se ne sarebbe mai accorto, interessato solo a un bel thriller che ti inchioda alla pagina e, per sovrappiù, ti fa sentire pure più intelligente e più colto, perché certi segreti li hai capiti alla perfezione, e che ci voleva, in fondo?

Eh, magari fosse così facile andare a fondo di opere come quelle di Leonardo da Vinci! Magari fosse così facile trovare il tesoro dei Templari (chiedere a Giacobbo, che lo cerca da decenni), magari storia e arte potessero essere comprese a fondo leggendo le piacevoli pagine di un thriller da spiaggia! Si dirà: ma Dan Brown mica vuole essere il nuovo Mommsen! Quando mai ha dichiarato di volersi paragonare a un Wilamowitz o a un Frazer o, se è per questo, a un Giorgio de Santillana? Vero: e infatti mi sono divertito anch’io a leggere “Il codice da Vinci”, lo ammetto non senza un filo di rossore sulle guance.

Purché non si pensi di aver afferrato chissà quale segreto dell’arte o della storia, il libro è tra i più gradevoli e appassionanti che mi sia capitato di leggere negli ultimi anni, confezionato alla perfezione da un team di editor che ben conoscono il loro mestiere, e divenuto caso editoriale con tanto di milioni di copie vendute e film di Ron Howard bell’e pronto. Se si cerca il grande scrittore, si è pregati di ripassare più tardi, grazie.       

(Recensione scritta ascoltando gli Enigma, “Sadeness”)

PREGI:
indubbiamente efficace nel costruire la suspense e nell’accompagnare il lettore per più di cinquecento pagine, è un thriller a sfondo storico e simbologico decisamente riuscito, nonostante la monodimensionalità dei personaggi e l’inconsistenza del “mistero” che si vorrebbe svelato

DIFETTI:
furbo e freddamente costruito a tavolino per essere un best seller, è un libro-ricetta di cui, con un minimo di attenzione e di competenza editoriale, si possono individuare i singoli ingredienti pagina per pagina, capitolo per capitolo. Scopiazzate dal lavoro di Baigent, Leigh e Lincoln (che pure, per onestà, viene citato a un certo punto del libro) tutte le teorie più interessanti sul Graal e su Maria Maddalena. Decisamente inquietante, e senza prove, il ruolo criminale che viene apertamente attribuito all’Opus Dei.  

CITAZIONE:
«La leggenda del santo Graal riguarda il sangue reale. Quando la leggenda parla del “calice che conteneva il sangue di Cristo” parla in realtà di Maria Maddalena, il ventre femminile che portava in sé la discendenza reale di Gesù.» (pag. 292)

GIUDIZIO SINTETICO: **½

LEGENDA RECENSIONI
Sia per i libri che per i film, adotto nel giudizio sintetico il sistema Mereghetti, che va da 0 a 4 stelline: a 0, ovviamente, i giudizi più negativi, a 4 quelli più positivi, con tutti i possibili gradi intermedi…

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NON GIUDICABILE con i sistemi ìclassiciî di voto
PESSIMO
QUASI PESSIMO
BRUTTO
BRUTTINO
 
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**1/2
***
***1/2
****
ACCETTABILE
DISCRETO
BUONO
MOLTO BUONO
CAPOLAVORO