# 38 – Georges Simenon – IL PENSIONANTE (RCS, 2016, ed. orig. 1934 – pagg. 163)
Élie Nagéar – originario di Istanbul – è in viaggio per l’Europa con Sylvie, una entraineuse bella e costosa. Per non perdere le attenzioni della donna, Élie si macchia di un orribile, premeditato delitto. Ricercato e malato, viene nascosto da Sylvie nella pensione gestita da sua madre, nella fumosa e mineraria Charleroi, in Belgio. E nel microcosmo di questa casa a più piani con le stanze in affitto e i pasti comuni consumati in cucina, il dramma arriverà al suo inevitabile compimento.
Dei libri di Simenon (perlomeno, di quelli che lui amava chiamare “romanzi-romanzi”, per distinguerli da quelli dedicati al commissario Maigret) è praticamente impossibile fare un vero e proprio spoiler. Vi sembra che io abbia squadernato fin troppo la trama? Nient’affatto, perché – come quasi sempre in Simenon – il centro dell’opera non è tanto la trama, inteso come il “cosa accade”, quanto piuttosto l’impietoso “pedinamento” di personaggi che sono già colpevoli nel momento stesso in cui entrano in scena, personaggi nei quali – sia detto per celiare, ma neanche tanto – il crimine è già scritto in fronte, quand’anche non lo abbiano ancora commesso. Perché molto spesso è come se non ci fosse spazio per le scelte, nell’universo di Simenon: a decidere sono la disperazione, l’invidia, la paura, il risentimento, l’aspirazione ad una vita migliore. “Il pensionante” contiene, se possibile, uno dei delitti più atroci ed efferati di tutta la letteratura simenoniana, e oltretutto uno dei più gelidamente premeditati e pianificati.
Laddove in altri romanzi i personaggi uccidono per passione, per raptus, per difesa o per errore, in questo caso l’omicidio è dettato dalla pura voglia di vivere al di sopra dei propri mezzi, dalla ricerca disperata di una “grandeur” che non può esistere, non tra la grigia, piovosa Bruxelles e la tetra, gelida Charleroi, perlomeno, e forse neppure più a Pera o in tutti i luoghi esotici che lo sventurato Élie sostiene di aver visitato in una vita avventurosa che si riduce ai racconti tra commensali in una pensioncina di periferia, con le pareti annerite dal carbone. Di Simenon, solitamente, si apprezzano la semplicità della scrittura e l’asciuttezza delle trame; nel caso del “Pensionante”, a queste due caratteristiche si aggiunge una impressionante lucidità nel tratteggiare fatti e caratteri, nel raccontare la banalità del delinquere, la decadenza da una (vagheggiata, più che effettiva) Età dell’Oro, nella quale era possibile vivere secondo la propria natura, senza dover fare i conti con gli stringenti, soffocanti limiti della società umana.
Animati da un vitale, umanissimo desiderio di benessere e ricchezza, i personaggi di Simenon sono degli sbandati all’ultimo stadio che neppure se ne rendono conto, e insistono nel vestirsi bene e nel frequentare i locali chic, credendo così di trarre rispettabilità e prestigio. Per un po’ il gioco funziona, e l’affittacamere – la modesta signora Baron – finisce per farsi soggiogare dal fascino internazionale, dalla cultura e dalle maniere di Élie Nagéar. Ma attorno la rete si stringe, e non esiste rifugio dall’irrompere della realtà, sino ad un finale quasi allucinato che – a mio avviso – è tra i più estremi e belli di tutto Simenon. Sulla produzione smisurata dello scrittore belga è quasi impossibile stilare una graduatoria (anche volendo escludere i libri su Maigret); ma, se lo si facesse, “Il pensionante” si aggiudicherebbe di sicuro uno dei posti più alti.
(Recensione scritta ascoltando Ennio Morricone, “Theme of Frantic”)
PREGI:
crudo e tagliente, non una parola di troppo, non una pagina superflua, un libro che parte come vicenda individuale, si trasforma con naturalezza in piccolo dramma corale (con i caratteri dei vari pensionanti che si scolpiscono nella mente con pochi tocchi di penna), per chiudersi poi in modo allo stesso tempo lucido, struggente e inatteso
DIFETTI:
come a volte accade in Simenon, si vorrebbe sapere qualcosa di più sul destino di certi personaggi, che fatalmente vengono soltanto (seppur ottimamente) abbozzati
CITAZIONE:
“La folla che circolava nelle strade gli sembrava un gregge allo sbando. Guardò le fotografie degli attori e delle attrici nell’atrio di un cinema. Una delle dive era venuta a Istanbul e lui era uno dei giovani che avevano passato la serata con lei. Ma già non era quasi più vero.” (pag. 22)
GIUDIZIO SINTETICO: ***½
LEGENDA RECENSIONI
Sia per i libri che per i film, adotto nel giudizio sintetico il “sistema Mereghetti”, che va da 0 a 4 “stelline”: a 0, ovviamente, i giudizi più negativi, a 4 quelli più positivi, con tutti i possibili gradi intermedi…