# 201 – Jean Echenoz – INVIATA SPECIALE (Adelphi, 2018, pagg. 248)
Il generale Bourgeaud dei servizi segreti francesi e il suo uomo di fiducia, l’obliquo Paul Objat, che di mestiere non si sa bene cosa faccia, mettono in piedi un complicato piano per “estrarre” dalla impenetrabile Corea del Nord tale Gang Un-ok, uno dei “colonnelli” del dittatore Kim Jong-un. Come fare? Semplice: visto che in Corea del Nord è ancora popolarissimo Excessif, brano di musica leggera francese datato a una quindicina di anni fa, perché non inviare a Pyongyang la sua interprete originale, Constance, bella trentaquattrenne un po’ svampita che ama vestirsi in modi attillati e provocanti e che, sugli uomini, non manca di fare effetto? Ma non si può reclutare così, di punto in bianco, una civile – e per di più imbranata – per una missione segreta certo non scevra di rischi. E allora perché non simularne il rapimento, con tanto di riscatto chiesto all’ex-marito (e paroliere di Excessif) Louis Coste, nome d’arte Lou Tausk? Naturalmente, niente andrà come previsto e la missione – rapimento compreso – si rivelerà irta di tragicomici ostacoli.
Ecco uno di quei libri che, dallo scaffale, non possono non catturare l’attenzione dei potenziali lettori, e che poi, dopo la lettura, lasciano francamente un po’ di amaro in bocca. Non perché sia scritto male, tutt’altro: Echenoz è un buono scrittore, come ha dimostrato con l’interessante ’14, dedicato alla Prima Guerra Mondiale, libro delicato e intimista, non un capolavoro ma di certo un’opera capace di dire qualcosa di non banale su un tema e su un periodo storico più che dibattuti.
Ecco, da un Autore come Echenoz, francamente, mi aspettavo di più, anche perché la trama di “Inviata speciale” lasciava intuire il tentativo di raccontare una realtà “altra” come l’affascinante Corea del Nord, ultima vera nazione retta da un regime comunista basato sul culto della personalità di staliniana memoria. Invece, solo l’ultima parte del romanzo è ambientata a Pyongyang, mentre per tre quarti quest’opera farsesca si perde via tra improbabili rapitori e altrettanto improbabili cantautori in crisi creativa, con qualche scheletro nell’armadio che torna, a distanza di tanti anni, a presentare il conto. L’impressione è che Echenoz abbia voluto costruire un libro “alla fratelli Coen”, fitto di personaggi stralunati e – oggettivamente – non molto credibili, dall’ex-marito di Constance (che, chissà perché, si fa chiamare come uno psichiatra d’inizio ‘900 suicidatosi perché emarginato dalla comunità medica) al complessato Clément Pognel, che dall’autore del pluripremiato brano Excessif ha da esigere una notevole riparazione.
E ancora, che dire del fratellastro di Lou Tausk, Hubert, avvocato di grido immischiato forse in giri poco puliti? E della stralunata coppia di rapitori Jean-Pierre e Christian che, manco a dirlo, finiscono per incapricciarsi del loro ostaggio in camicetta azzurra e pantaloni skinny antracite? Per non parlare del caricaturale Maurice Lessertisseur, capo dei rapitori, e dello stesso generale Bourgeaud, militare da operetta che studia piani irrealizzabili. Insomma, in questa girandola di cretini si salvano solo Constance – caratterizzata perlomeno da una carica di trattenuto erotismo “alla Louise Brooks” – e Paul Objat, sorta di Billy Bob Thornton che cerca di barcamenarsi tra le bizze di un capo ingovernabile – il generale Bourgeaud, appunto – e la volontà di non mandare al massacro la attraente Constance che, come in un film di Hitchcock, è il motore emotivo inconsapevole della storia, la bella svampita che si trova costantemente all’interno di meccanismi più grandi di lei, dei quali non è in grado di capire il funzionamento (e infatti è l’unica, in un certo senso, a non preoccuparsi mai e ad attraversare l’ingarbugliata vicenda senza mai scomporsi).
La scrittura è arguta e un po’ lambiccata, densa ma più che leggibile, e la trama – in sé – sarebbe anche godibile, se non fosse così squilibrata a favore di quelli che dovrebbero essere episodi di contorno e che invece finiscono, a mio avviso, per divorare il romanzo, tanto che alla Corea del Nord – vero punto d’interesse – resta solo lo scampolo finale, scritto benino ma non certo epocale. Intergenerico e fondamentalmente inafferrabile, “Inviata speciale” è una spy story comica e farsesca, attraversata però da alcuni momenti di tremenda, inattesa violenza, proprio come in un film dei fratelli Coen, in cui, quando meno te l’aspetti, qualcuno trucida qualcun altro per futilissimi motivi, quando non per puro caso. Purtroppo, però, dei Coen (dal cui cinema l’Autore sembra aver preso il paragone tra Objat e Billy Bob Thornton e persino un paio di sviluppi di trama!) manca la profondità di sguardo e di significato, e il libro, alla fine, è un divertissement un po’ pretenzioso (qui e là, confesso, ho dovuto ricorrere al vocabolario per il significato di certe parole!), ben scritto ma – come la sua protagonista – epidermico e fondamentalmente innocuo.
(Recensione scritta ascoltando Alizée, “Moi… Lolita”)
PREGI:
una scrittura indubbiamente consapevole dei propri mezzi espressivi, mai banale, fin quasi all’eccesso (si veda l’utilizzo, piuttosto frequente, di vocaboli ricercati e desueti) e una protagonista magari non scatenata ma efficace e non macchiettistica
DIFETTI:
troppe sottotrame che si intersecano e un piano complessivo dell’opera un po’ fumoso: il rapimento mal si combina con la missione in Corea del Nord, tanto che le due vicende – pur se collegate allo stesso personaggio – sembrano due romanzi diversi in uno. E poi, troppi personaggi improbabili e sopra le righe e una propensione ad ammiccare al lettore a tratti fastidiosa
CITAZIONE:
“Mentre fantastica davanti al vetro che le rimanda la sua immagine riflessa, ne approfitta per un rapido bilancio: ritocco al rossetto Burberry Lip Velvet 308, occhiata allo smalto Chanel 595 provocation, spettinata alla frangia per darle volume, velo di cipria sulle ali del naso poi un passo indietro.” (pag. 17)
GIUDIZIO SINTETICO: **
LEGENDA RECENSIONI
Sia per i libri che per i film, adotto nel giudizio sintetico il sistema Mereghetti, che va da 0 a 4 stelline: a 0, ovviamente, i giudizi più negativi, a 4 quelli più positivi, con tutti i possibili gradi intermedi…