# 248 – Guido Ceronetti – LA PAZIENZA DELL’ARROSTITO (Adelphi, 1990, pagg. 354)
Tra il 1983 e il 1990, viaggiando, per piacere o per lavoro, Guido Ceronetti prese su vari quaderni una ampia messe di annotazioni, sulle chiese e i monumenti visitati, sui cibi consumati (lui che era vegetariano intransigente), sulle persone incontrate, sugli angoli nascosti di città e paesi, sulle scritte trovate sui muri… Ma anche sui suoi lavori di esegesi e traduzione di testi sacri, dalla Bibbia al Corano, e sulla sua attività di uomo di lettere e di teatro – fu tra i fondatori del Teatro dei Sensibili, che metteva in scena affascinanti spettacoli di marionette che egli stesso, spesso, scriveva e recitava. Ogni cosa converge nelle pagine de “La pazienza dell’arrostito”, ma soprattutto le idiosincrasie e i disgusti di un intellettuale perennemente “fuori tempo” e fuori posto, un bastian contrario coltissimo e arguto, capace di istituire connessioni inaspettate tra le cose, lampi di consapevolezza folgoranti e caduchi, riflessioni inattuali e senza tempo, invettive anti-moderniste e rimpianti di tempo perduto, valutazioni graffianti su altri scrittori e atti d’amore verso poeti e uomini di cultura, ma anche pugili e filantropi… Il tutto, nella consapevolezza che il mondo somigli sempre di più a un grande, immenso rogo che ci arrostisce tutti, con l’insensibilità e lo sdoganamento del brutto, e del Male.
Mi concedo subito una delle deroghe dalla narrativa pura che tanto mi piacciono, lo sapete, infilando in questa serie di recensioni un libro di Ceronetti che certo a tutto può essere accostato tranne che al romanzo. Congerie di annotazioni e riflessioni spesso senza data, ma prese tra il 1983 e il 1990, montagna di riflessioni e appunti su letteratura, poesia, cinema e teatro, “La pazienza dell’arrostito” è un libro unico nel suo genere, una sorta di monologo interiore trascritto e presentato al pubblico in cui confluisce di tutto, dalle riflessioni sulla poesia di Kavafis e di Leopardi alle scritte sui muri che Ceronetti amava appuntarsi, e che trovava in tutta Italia, durante i suoi viaggi.
E ancora, dalle dotte disquisizioni su Bibbia e Corano alle invettive contro i mangiatori di carne (Ceronetti era intransigentemente vegetariano) e alle annotazioni sulla qualità del cibo trovato nelle varie località, fino agli appunti su fatti di cronaca vicini e lontani nel tempo (dall’uccisione, datata 1944, del pugile fascista Michele Bonaglia all’esplosione della centrale nucleare di Cernobyl, dell’aprile 1986). Non ha un centro, questo stranissimo libro, e non ha un vero e proprio filo conduttore, al di là del sottile tema suggerito dal titolo, la pazienza che occorre, nel mondo d’oggi, per sopportare il rogo del buon senso, gli strali infuocati e volgari dei buzzurri e degli incolti, dei modaioli e degli asserviti al luogo comune.
Intellettuale perennemente “contro”, Ceronetti potrà certo non piacere a tutti (fecero scalpore, alcuni anni fa, le sue dichiarazioni, da molti giudicate offensive, sull’astronauta mediatica Samantha Cristoforetti) ma resta una delle figure più originali e interessanti della letteratura e della cultura italiane del XX secolo. Polemico anti-modernista, Ceronetti è stato vicino per lunghi decenni a posizioni quasi luddiste nei confronti della tecnologia, che aborriva, e sicuramente il suo pensiero non può essere sposato al 100%, anzi, a mio parere un’opera come la sua richiede un avvicinamento molto critico, a occhi ben aperti, pronti a ingaggiar battaglia, se serve, contro questo Savonarola moderno, che non si faceva problemi a insultare i consumatori di carne e gli adepti della tecnica, e che stroncava in piena libertà libri e Autori anche straordinari (nelle pagine di questo libro, per esempio si trova una bocciatura netta del “Törless” di Musil, nientemeno!).
Complessato, oltre che complesso, e ossessivo, Guido Ceronetti è uno scrittore difficile e sostenuto, che non fa nessuno sforzo per aiutare il lettore a entrare nel suo universo, anzi, lo aggredisce con tutto il peso della propria cultura e della propria (indiscutibile) sensibilità, e così il libro che ne esce, questa “Pazienza dell’arrostito”, è un’autentica sfida, un volume che non ha capo né coda, uno zibaldone che raccoglie sensazioni e impressioni, pensieri e giudizi critici, citazioni e scritte sui muri, episodi di vita (irresistibile il racconto dello scippo subito dall’autore in Puglia) e ricordi di colleghi scrittori (su tutti, Piovene, Montale e Parise).
Libro da leggere a piccole dosi, sdraiati a letto, al calduccio, oppure con una buona tisana nella confortevole bolla di luce della propria scrivania, “La pazienza dell’arrostito” è anche quella del lettore, che Ceronetti manda a fuoco lento, “cucinandoselo” per tutte le 354 pagine di questo saggio-flusso di coscienza, di questo libro senza centro (come il mondo), di questo ammasso di parole e frasi che si autogiustifica non tanto come esercizio di stile, quanto come esercizio puro della scrittura, di una scrittura non piegata alla necessità di raccontare una storia – né alla necessità di raccontare alcunché – ma che si permette di limitarsi a evocare, a istituire segrete e spesso inconsce connessioni tra le cose, e che alla fine, se letto con pazienza, rivela (e racconta) molto più di quanto si possa pensare.
(Recensione scritta ascoltando Ludwig van Beethoven, “Concerto per pianoforte n.3 – Op.37” nell’esecuzione diretta da Leonard Bernstein, Wiener Philarmoniker, solista Krystian Zimerman)
PREGI:
una lettura che arricchisce indubbiamente l’anima, perché la cultura e la sensibilità di Ceronetti non sono in discussione, purché la si svolga con calma, un pezzetto alla volta, senza forzare, lasciando agire la scrittura dentro di noi, sorridendo degli strali neo-luddisti dell’Autore e criticandolo laddove necessario, ma anche amando – ed è impossibile non amarlo! – il suo argomentare lucido e intransigente, fuori da qualunque moda, vero toccasana contro i mali contemporanei: l’appiattimento del “pensiero unico da social” e l’inclusività come luogo comune
DIFETTI:
difficile e scostante, senza neanche un abbozzo di trama, è un libro che non fa nulla per ingraziarsi il lettore, anzi, al contrario, sembra chiedersi: perché diavolo mi hai comprato? Non potevi farti i cazzi tuoi? Se però si supera questo ostacolo, la lettura regala notevoli emozioni e nutre l’anima nel profondo
CITAZIONE:
“Gli inquisitori ci buttavano sui roghi dopo lunghi dibattiti, c’erano trucchi per cavarsela; modernamente i roghi si buttano su di noi senza processarci, non possiamo sfuggirgli, ci arrostiscono con tacita, misteriosa lentezza…” (pag. 247)
GIUDIZIO SINTETICO: ***
LEGENDA RECENSIONI
Sia per i libri che per i film, adotto nel giudizio sintetico il sistema Mereghetti, che va da 0 a 4 stelline: a 0, ovviamente, i giudizi più negativi, a 4 quelli più positivi, con tutti i possibili gradi intermedi…