Testi, pre-testi, divagazioni e spunti minimi intorno a libri letti, riletti, sfogliati
A cura di Roberto Mandile
PUNTATA 111
LA METAMORFOSI È UNA COSA SERIA?
Storie di trasformazioni di uomini, cani, scarafaggi e asini
Ennio Flaiano – IL GIOCO E IL MASSACRO (1970)
Di cosa parla: Due racconti. Oh Bombay!, il primo e più breve,è la storia di Lorenzo Adamante, arredatore e produttore cinematografico, che i soliti beninformati dicono omosessuale, ma il cui orientamento sembra cambiare misteriosamente dopo l’incontro con Anna Bac. Il secondo, ben più lungo, si intitola Melampus e ruota intorno alla figura di Giorgio Fabro e al suo viaggio a New York in cerca di idee per il film che ha intenzione di realizzare: la relazione con la bella e giovane Liza Baldwin assume una piega inaspettata quando lei si trasforma in donna-cagna dopo la morte del loro cane Melampus.
Commento: Dei due testi, due storie di metamorfosi complementari secondo l’autore, il più notevole è senz’altro il secondo, anche per le circostanze della sua composizione: Flaiano lo trasformò in racconto dopo che i tentativi di realizzarne un film che avrebbe voluto girare fallirono (i diritti furono ceduti e Marco Messeri ne ricavò poco dopo La cagna con Marcello Mastroianni e Catherine Deneuve: a Flaiano non piacque). Melampus è un’opera per certi versi anomala nella produzione dello scrittore, anche per la lunghezza: se la vicenda può ricordare per la sua vena allucinata altre opere, soprattutto i racconti di Una e una notte, è evidente la volontà di dare corpo, attraverso le travagliate vicissitudini del protagonista (vero alter ego dell’autore), al senso di fallimento che finisce per avvolgere l’aspirante regista, il quale non solo non realizzerà il suo film ma dovrà rassegnarsi a non capire se la trasformazione di Liza in cane sia il segno di una speciale fedeltà o non, piuttosto, un gioco, una farsa. È l’ennesima dimostrazione che Flaiano non fu umorista, a meno che non si ammetta che il suo fu quasi sempre un umore malinconico: è l’amarezza a tingersi di comico disincanto, non il contrario. Melampo è sia il nome di un personaggio della mitologia classica legato al culto dionisiaco sia il cane che Pinocchio sostituisce a guardia del pollaio: da vivo aveva ingannato il padrone, accordandosi con le faine.
GIUDIZIO: ***

Ian McEwan – LO SCARAFAGGIO (2019)
Di cosa parla: “Quella mattina Jim Sams, un tipo perspicace ma niente affatto profondo, si svegliò da sogni inquieti per ritrovarsi trasformato in una creatura immane”: così inizia la storia della metamorfosi di uno scarafaggio in un essere umano. E non in un uomo qualunque, perché Jim Sams è niente meno che il primo ministro inglese, alle prese con una svolta epocale per il suo paese: la possibilità di diventare il primo Stato al mondo ad abbracciare l’Inversionismo, una nuova teoria economica, fatta propria dal principale partito nazionale, che si basa sul principio che i soldi servano a pagare non chi vende beni e servizi ma chi li acquista e sul divieto di accumulo di denaro contante, in vista della piena occupazione…
Commento: Rovesciando il più celebre racconto di Kafka, ma guardando esplicitamente – secondo quanto dichiarato dallo stesso autore – alla satira di Swift (nello specifico alla Modesta proposta, che suggeriva di risolvere il problema della sovrappopolazione nell’Irlanda del Settecento dando da mangiare ai ricchi i bambini poveri), McEwan scrive una novella che prende di mira la Brexit, con una tesi di fondo chiarissima: trattasi, sostiene lo scrittore, di una decisione suicida che va contro gli interessi degli stessi cittadini che l’hanno sostenuta e votata. La colpa, va da sé, è di quei politici che, come lo scarafaggio-primo ministro (ma non manca un’allusione all’ex presidente USA, che qui si chiama Tupper ed è grande sostenitore dell’Inversionismo), hanno incoraggiato irresponsabilmente la svolta, senza rendersi conto che, in un mondo che funziona secondo le leggi ordinarie (quelle del Cronologismo), essa porterà a un disastroso isolamento del Regno Unito. E tutto senza uno straccio di ragione, come si intuisce dalla risposta del protagonista che, alle insistite richieste della cancelliera tedesca di fornire una spiegazione, non trova di meglio che replicare: perché sì. Come se l’assurdità non potesse portare nessun argomento a favore della propria tesi. La satira funziona, il finale è amaro, crudo e grottescamente disgustoso, come McEwan teme sia il futuro imminente del suo paese.
GIUDIZIO: ***

PRE-TESTI, DIVAGAZIONI
E SPUNTI MINIMI
Lo aveva capito già Ovidio, il primo cantore della metamorfosi: raccontare le trasformazioni (mettendo insieme più di 250 miti in 15 libri, poco meno di 12000 versi) significa scrivere la storia dell’universo dalle origini al presente. Perché, nella possibilità della materia di rigenerarsi continuamente, plasmandosi in nuove forme, tanto più interessanti quanto meno attese, è contenuto quel principio del divenire che la filosofia ha da sempre collegato alla vita. Certo, la progressiva perdita di un orizzonte religioso solido quale quello assicurato dal mito ha finito per intaccare la sacralità della metamorfosi, riducendola – in parte era già così anche in Ovidio – a fatto mirabile, se non propriamente magico.
Il che non esclude che la magia vada presa sul serio, specie se pericolosa nei suoi effetti, come sa bene Lucio, il protagonista delle Metamorfosi di Apuleio, che si ritrova trasformato in asino in seguito a un esperimento non riuscito. Sarà proprio la metamorfosi animale a diventare il modello preferito per tanti scrittori, che in essa vedranno il simbolo di un degrado o di un’esclusione sociale: è il caso di Pinocchio che diventa ciuchino o di Gregor Samsa nel racconto di Franz Kafka (modello anche di Philip Roth, che trasforma un suo personaggio, un professore di letteratura, in un enorme seno).
Ma, volendo escludere il filone vampiri e affini, caro alla letteratura fantastica e horror (ma come non citare almeno il dottor Jekyll di Stevenson?), esistono anche casi di trasformazione alla rovescia, come quello che subisce Pallino, il protagonista di Cuore di cane di Michail Bulgàkov, che il suo padrone, professore di medicina, deciderà di trasformare da cane in uomo: è satira fantascientifica, ossia un’altra, raffinatissima variazione delle infinite possibilità offerte dalla metamorfosi. Perché, in fondo, la più profonda manipolazione della realtà è quella che si fa con l’immaginazione, con le parole: la trasformazione, di volta in volta sacra, magica, inquietante o beffarda, è il vero potere della letteratura.
Testi citati
Ovidio – LE METAMORFOSI (I sec. d.C.)
Apuleio – LE METAMORFOSI (II sec. d.C.)
Michail Afanas’evič Bulgàkov – CUORE DI CANE (1925)