LECTIO BREVIS / 113

Testi, pre-testi, divagazioni e spunti minimi intorno a libri letti, riletti, sfogliati

A cura di Roberto Mandile

PUNTATA 113
GIOCHI PERICOLOSI
I rischi dell’azzardo tra strategie, ossessioni e mosse fatali 

Arthur Schnitlzer – GIOCO ALL’ALBA (1927)

Di cosa parla: Il tenente Wilhelm Kasda riceve la visita di un suo amico che, radiato dall’esercito per debiti di gioco, ha urgente bisogno di un prestito di mille fiorini. Willi non ha il denaro necessario, ma sente il dovere di aiutare l’amico e così decide di trascorrere la serata al Caffè Schopf di Baden, intenzionato a tentare la fortuna al gioco. Viene trascinato in una lunga partita a carte che si protrae fino all’alba, ma, dopo aver vinto inizialmente una notevole somma, finisce per perdere tutto, ritrovandosi con un debito di undicimila fiorini, da restituire entro un paio di giorni, pena la perdita dell’onore…

Commento: Pubblicata un anno dopo Doppio sogno, con cui condivide un’atmosfera onirica, conferita dall’ambientazione prevalentemente notturna, è una novella tra le più mirabili di Schnitzler, perfettamente scandita dall’inesorabile scorrere del tempo concesso al protagonista per saldare il debito: la catena fatale di eventi che investe Willi portandosi via la sua leggerezza, ben esemplificata nel suo rapporto con le donne, ma rovesciando anche il suo sistema di valori, fondato sull’onore, sembra travolgere un intero mondo (identificabile, trattandosi di Schnitlzer, con il mondo ottocentesco, finito con la Prima guerra mondiale e la caduta della monarchia asburgica) fatto di apparenze e incomprensioni, di crudeltà e romanticismo, di materialità e passioni distruttive. La beffa finale è l’ennesimo de profundis intonato dall’autore sulla possibilità di controllare razionalmente una realtà che si diverte a giocare con le vite umane, forte della consapevolezza di non perdere mai.

GIUDIZIO: ****

Ronan Bennett – UNA PARTITA A SCACCHI. ZUGZWANG. MOSSA OBBLIGATA (2007)

Di cosa parla: San Pietroburgo, 1914. L’assassinio del direttore di un giornale cittadino porta la polizia a fare visita al dottor Otto Spethmann, psicanalista ebreo apparentemente estraneo al fatto. In realtà, i fili che lo collegano al delitto sono molto più numerosi e contorti del previsto. E passano da un lato da Catherine, sua figlia diciottenne, dall’altro da alcuni suoi pazienti, tra i quali uno che gli è stato appena presentato da un amico musicista: si tratta di Rozental, fragile campione di scacchi che a breve dovrà partecipare a un importante torneo che si terrà in città. E poi c’è Anna, figlia di un temuto industriale fondatore, a quanto si dice, di un’organizzazione nazionalista antisemita: la donna è afflitta da incubi ricorrenti, ma è anche straordinariamente irresistibile…

Commento: Dando prova di una solida conoscenza del mestiere, Bennett costruisce una vicenda che ha i suoi punti di forza nel ritmo e nella trovata di fondo, che intreccia gli eventi del romanzo (che chiamano in causa la Storia dell’Europa alla vigilia immediata dello scoppio della Prima guerra mondiale e della Rivoluzione russa) con la partita a scacchi che il narratore, il dottor Spethmann, ingaggia con il musicista Kopelzon. In questa come in quella le strategie, le mosse, il tentativo di ingannare l’avversario sono parte di un meccanismo in cui le scelte dei giocatori devono fare i conti con un destino più ampio che sovrasta i singoli. Interessanti, anche se forse un po’ meccaniche nelle sue ricadute narrative, le implicazioni psicanalitiche sottese a tutta la storia. Dove il romanzo espone il fianco a qualche perplessità è nella caratterizzazione di alcuni personaggi, che restano un po’ sulla carta, e nella volontà di complicazione della trama e delle sue sottotrame, i cui fili si fatica talora a collegare con sicurezza. Comunque divertente e scritto in modo accattivante. 

GIUDIZIO: **½

PRE-TESTI, DIVAGAZIONI
E SPUNTI MINIMI

I rischi del gioco sono noti da sempre, anche prima che si cominciasse a parlare di ludopatia. E non mancano ammonimenti al riguardo, a chi voglia ascoltarli, anche nella letteratura (e non servono le rovinose perdite di Aleksej, il protagonista de Il giocatore di Dostoevskij, ambientato nell’immaginaria città tedesca di Roulettenburg; potrebbe bastare la parabola del Mattia Pascal di Pirandello a convincerci che anche una vincita al gioco può essere fonte di inimmaginabili disastri). Ma, a riprova, appunto, che il gioco, specie quello d’azzardo, è stato sempre malvisto se non addirittura considerato una vera e propria piaga sociale, si rileggano i versi che il poeta satirico Giovenale scriveva nel II secolo, con i suoi toni al solito concitati, sull’argomento (a Roma il gioco d’azzardo era proibito, tranne che per il periodo delle feste dei Saturnali):

“quando mai ci fu più ricca abbondanza di vizi? quando più capiente si spalancò la tasca (ricavata dalla piega della toga) dell’avidità? quando mai i dadi istillarono impeti passionali, quali si vedono ora? non con… l’accompagnamento di cassettine a scomparti si va infatti all’azzardo del tavolo da gioco, ma si gioca piazzandosi accanto il forziere! che battaglie vedrai lì, fornendo… le armi il cassiere! è forse manifestazione di… ordinaria follia perdere centomila sesterzi e nel contempo non dare la dovuta tunica allo schiavo, che ha il pelo ritto a causa del freddo?”

Senza la foga polemica di Giovenale, anzi con (ironico, ma non troppo) relativismo, a distanza di quasi duemila anni il milanese Giovanni Raboni ha affrontato il tema in questi termini, nella poesia Il giocatore:

Giovanni Raboni (1932-2004)

“Un giorno lascerò perdere: sorpreso
da un altro vizio, o povero con questa
aria che tira,
smetterò di scaldarmi davanti alle lavagne
dei bookmakers, d’andare su e giù
calpestando la ghiaia
in attesa che annuncino le quote
del totalizzatore. Ma ecco, quasi
ho paura a pensarci: che sarà
qualche vizio più squallido, o segreto,
o cupo – da non riderne, da avere
un altro nome, altri nomi in certe bocche…”

Testi citati
Giovenale – SATIRE, I, 1, vv. 87-93 – traduzione di Giovanni Viansino (II secolo)
Giovanni Raboni – IL GIOCATORE, in “Le case della Vetra” (1966)