LECTIO BREVIS / 121

Testi, pre-testi, divagazioni e spunti minimi intorno a libri letti, riletti, sfogliati

A cura di Roberto Mandile

PUNTATA 121
PASSIONI MALEDETTE
Ragazze cattive, donne crudeli e amori brucianti

James Hadley Chase – ELETTROSHOCK (1959)

Di cosa parla: A Glyn Camp, paesino sulle montagne della California, Terry Regan, giovane tecnico elettronico, fa la conoscenza di Jack Delaney dal quale ottiene l’incarico di costruire un televisore. L’uomo, costretto da anni su una sedia a rotelle, vive in un villino insieme alla moglie, la conturbante Gilda. Tra Glyn e la donna nasce subito una forte attrazione; quando Regan scopre che Delaney maltratta la moglie, angariandola e picchiandola, decide di ucciderlo con un piano all’apparenza perfetto…

Commento: Chase, inglese dallo stile americano, che in America ambientò gran parte delle sue storie pur conoscendola solo per sentito dire, si convertì alla letteratura dopo la lettura de Il postino suona sempre due volte (1934) di James Cain, capostipite del noir made in USA e padre, se non di tutti, di molti degli amori maledetti a venire, almeno nell’ambito del genere (lo testimonia l’immediato successo che portò il cinema ad appropriarsi della storia). Del capolavoro di Cain Chase ripropone lo schema di fondo anche in questo romanzo, che sembra una inverted story (quei gialli alla rovescia in cui l’assassino si conosce fin dall’inizio), ma in realtà è un thriller in piena regola, soprattutto per la capacità di costruire la suspense e di mantenerla fino all’ultima pagina. Gilda è conturbante come la protagonista dell’omonimo film che ha reso immortale Rita Hayworth (un altro noir che narra di altro triangolo pericoloso e di una passione maledetta), ma è decisamente più perfida. Il romanzo probabilmente sarebbe piaciuto a Hitchcock, un altro inglese dallo stile americano.

GIUDIZIO: ***

Mario Vargas Llosa – AVVENTURE DELLA RAGAZZA CATTIVA (2006)

Di cosa parla: A quindici anni, nel distretto di Miraflores, a Lima in Perù, dove è cresciuto, Ricardo Socomurcio fa la conoscenza di Lily, una ragazzina che dice di essere cilena: Ricardo se ne innamora, ma lei, nonostante le ripetute dichiarazioni, lo respinge. Qualche mese più tardi, il giovane scoprirà che Lily in realtà non si chiama così e non è neppure cilena, ma peruviana e di bassa estrazione sociale. Quando, anni dopo, Ricardo lascerà il suo paese per trasferirsi a Parigi, per realizzare il suo sogno di guadagnarsi da vivere come traduttore, non piò immaginare che la niña mala, di cui aveva perso le tracce, gli riapparirà sotto nuove spoglie e sarà destinata a sconvolgere ancora, a più riprese, tutta la sua esistenza, anche perché il suo amore è più forte dei tormenti che lei gli farà patire…

Commento: “Sei la persona più preversa che abbia mai conosciuto, niña mala. Un mostro di egoismo e d’insensibilità. Capace di pugnalare con la massima freddezza le persone che si comportano meglio con te”. Il ritratto che il narratore Ricardo fa, sul finale del romanzo, della “ragazza cattiva” non è impietoso ma, come sa bene chi ha seguito la vicenda fino a questo punto, persino generoso. Il romanzo – è bene dirlo subito – sa regalare ore di puro piacere dovute alla bravura con cui Vargas Llosa intreccia la narrazione di una storia d’amore senz’altro sui generis (e non privo di una certa morbosità) con la ricostruzione di un ampio periodo della nostra storia recente, tra gli anni Cinquanta e gli anni Ottanta, visto attraverso i cambiamenti politici e sociali delle nazioni e delle città (Lima, Parigi, Londra, Tokyo e Madrid) che il protagonista tocca nel corso della sua vita. La figura della niña mala non può lasciare indifferente: come Ricardo, anche il lettore oscilla nei suoi riguardi tra l’irritazione e la compassione, tra l’intransigenza e l’indulgenza, sentendosi trascinato pagina dopo pagina (e colpo di scena dopo colpo di scena) fino a una conclusione tanto inevitabile quanto commovente. Ben dipinti tutti i personaggi, a cui sono dedicati e intitolati i singoli capitoli del romanzo, da Juan Barreto, il ritrattista di cavalli hippy a Londra, al turco Salomón Toledano che si trasferisce in Giappone, da Yilal, il “bambino senza voce” che la niña mala riuscirà a far parlare, ad Arquímedes, l’anziano costruttore di frangiflutti (e non solo!). Ma quel che più colpisce è lo stile con cui la storia viene narrata: anche nei momenti più cupi, anche quando le cose prendono una piega drammatica o addirittura tragica, Vargas Llosa sa mantenere un’ammirevole leggerezza di tocco che non concede nulla al patetico, al lagnoso o al pietistico.  

GIUDIZIO: ***½

PRE-TESTI, DIVAGAZIONI
E SPUNTI MINIMI

I libri che parlano di passioni maledette occuperebbero biblioteche intere. Nella letteratura antica, la crudeltà della donna amata è un luogo comune che dà origini a infinite variazioni sul tema. Ma se proprio dobbiamo individuare il prototipo della passione maledetta, non abbiamo esitazioni e indichiamo senz’altro la storia d’amore tra Catullo e Lesbia. Lesbia, che in realtà si chiamava Clodia (il nome che le dà Catullo è un omaggio a Saffo), era una nobildonna di tutto rispetto, visto che apparteneva a una delle famiglie aristocratiche di più alto lignaggio: figlia di un ex console, sorella di un politico potente che restò ucciso in una rissa per strada, era soprattutto sposata (anche se il marito morì piuttosto improvvisamente). Cicerone, che non era propriamente un amico di famiglia ed ebbe a difendere chi era stato accusato di averla avvelenata, la definì “non solo nobile ma anche nota” e “amica di tutti”; e il povero Catullo, che era più giovane di lei di una decina d’anni, ebbe a sperimentarne i continui tradimenti. Nel delineare la storia della passione disperata per Lesbia, il poeta non esita a inveire contro la donna da lui amata quanto nessuna, ma al tempo stesso oggetto di odio e disprezzo, come ben sanno anche i liceali più pigri, fermi al suo distico più celebre. Di fronte al ripetuto tradimento del patto d’amore, anche Catullo si rassegna e lucidamente analizza la sua situazione sentimentale in questi termini:

“Un tempo dicevi di avere come amante il solo Catullo,
o Lesbia; e non avresti voluto cambiarmi con Giove.
Era il tempo in cui ti amavo, non come si suole un’amica,
ma come un padre ama i suoi figli, un suocero i suoi generi.
Ora invece conosco chi sei; e, quand’anche la mia passione divampi più ardente,
tuttavia ti considero più volubile e più abbietta.
«Come si spiega?», mi chiedi. Un tradimento come il tuo
spinge ad amare di più, ma a voler meno bene”.

Accenti ancora più duri nei confronti delle donne amate trovano spazio nella poesia maledetta per eccellenza, quella di Charles Baudelaire. Anche nei casi in cui si tratta di un amore giovanile, marchiato da un’aperta ribellione alla famiglia e alla morale corrente, come fu quello con la prostituta ebrea Sara (che probabilmente gli trasmise anche la sifilide), nei confronti della quale il poeta si scaglierà con immaginifica veemenza a più riprese. Eccone un saggio:

“Ti porteresti a letto il mondo intero, o impura, o crudele per noia! A questo gioco strano devi, per tenerli in esercizio, ogni giorno metterti almeno un cuore sotto i denti. Chiari come vetrine, fiammeggianti come le luminarie d’una festa, i tuoi occhi usano, insolenti, d’un potere non loro, ignari della legge onde son belli. Macchina cieca, sorda, feconda in crudeltà! Strumento salutare, sanguisuga del mondo, non hai vergogna, dunque, non hai visto spegnersi in ogni specchio le tue grazie? E la forza del male in cui ti credi esperta non ti fa indietreggiare di spavento quando, grande nelle ascose sue trame, la natura si serve di te, femmina, regina dei peccati, di te, vile animale! perché un genio abbia vita? Sublime infamia, altezza verminosa…”

Testi citati
Catullo – CARME 72 – traduzione di Francesco Della Corte (I secolo a.C.)
Charles Baudelaire – TI PORTERESTI A LETTO IL MONDO INTERO, in “I fiori del male” – traduzione di Giovanni Raboni (1857)