LECTIO BREVIS / 150

Testi, pre-testi, divagazioni e spunti minimi intorno a libri letti, riletti, sfogliati

A cura di Roberto Mandile

PUNTATA 150
LIBERACI DAL MALE
La religione è salvezza o condanna, purezza per pochi o mistero per tutti? 

Graham Greene – BRIGHTON ROCK (1938)

Di cosa parla: Al suo arrivo a Brighton, dove deve svolgere un lavoro legato a un concorso giornalistico, Charles Hale viene ucciso: a ordinare il delitto è stato il diciassettenne Pinkie Brown, giovanissimo capo di una gang dedita al racket delle slot machine, che Hale aveva denunciato in un articolo. Prima di essere ammazzato, l’uomo ha incontrato una donna, Ida Arnold, la quale si opporrà ai risultati dell’inchiesta ufficiale (che parlerà di cause naturali) iniziando a indagare per conto proprio. Il tutto passa da Rose, una cameriera sedicenne che potrebbe fornire una prova per incastrare la banda di Pinkie, ma quest’ultimo proverà a sedurla per metterla a tacere…

Commento: Thriller che evolve in romanzo teologico? O romanzo teologico mascherato da thriller? Stando all’autore, che confessò che avrebbe dovuto cancellare le prime pagine (quelle dell’omicidio di Hale), bisognerebbe propendere per la seconda ipotesi. Eppure, non solo l’incipit ma l’intero svolgimento della trama è talmente appassionante che la lettura teologica – che pure è non solo evidente ma preponderante – non pare per nulla forzata o faticosa. Per lettura teologica, si intende la necessità di vedere nella vicenda un’indagine sulla morale, sul rapporto fra Giusto e Sbagliato (con la maiuscola, così come li pronuncia nel romanzo Ida Arnold), sull’alternativa tra dannazione e redenzione, sulla possibilità che il male si esprima nelle scelte degli uomini o non sia, invece, qualcosa di più metafisico, impalpabile, ambiguo. O, ancora, per meglio dire, il fatto che l’intero romanzo sia stato letto come il primo romanzo – e, per certi versi, il più coerente – in cui affiori il cattolicesimo dell’autore, nei termini di una riflessione sulla presenza del male nel mondo e sulla capacità degli uomini di riconoscerlo e combatterlo. Ma forse è nella figura del protagonista (non a caso chiamato, ancora una volta simbolicamente, il Ragazzo) che si deve riconoscere l’aspetto più interessante del libro. Sorta di Satana in miniatura, Pinkie è l’incarnazione della purezza del male: la sua sociopatia, che lo rende incapace di sentimenti nei confronti degli altri, e la sua avversione nei confronti del sesso sono i tratti di una personalità inafferrabile, capace di incutere timore, certo, ma soprattutto dotata di un fascino in grado di soggiogare chi gli gravita intorno. Il diavolo, insomma, ha il volto di un adolescente e poco importa quali guasti sottostiano alla sua crescita, perché a Greene non interessa fare della sociologia, ma mettere in scena il contrasto tra un mondo sotterraneo (e irrimediabilmente corrotto) dominato da un ragazzo e la frivolezza della società in cui tutto scorre nell’indifferenza generale o quasi (nessuno sembra accorgersi dell’omicidio di Hale, tranne Ida, o più in generale del racket delle scommesse e delle lotte feroci tra bande per gestirlo). Inutile aggiungere che la parabola di Greene è cupissima, di un pessimismo che non fa sconti di sorta, com’è giusto aspettarsi da un buon cattolico: perché “le persone non cambiano […] è la natura umana”, dice Ida, lasciando intendere che la confessione, il pentimento sono soltanto religione, ma “noi abbiamo a che fare con la realtà”. Brighton Rock è il nome di un dolciume, che è anche l’arma con cui viene ammazzato Hale.    

GIUDIZIO: ***½

Ellery Queen – … E L’OTTAVO GIORNO… (1964)

Di cosa parla: Aprile 1944. Ellery Queen, partito da Hollywood e diretto a casa, nel bel mezzo del deserto tra la California e il Nevada si ferma in un emporio: qui si imbatte in una coppia bizzarra di clienti, formata da un vecchio dall’aspetto di un eremita e da un uomo più giovane. Più tardi, dopo esser ripartito, lo scrittore si perde e finisce per ritrovarsi in un villaggio sperduto, dove viene accolto proprio dal vecchio incontrato all’emporio, che gli dà il benvenuto dicendo che la sua venuta era attesa da tempo. Nel villaggio, che si chiama Quenan, vive una comunità di uomini che vi si sono rifugiati settant’anni prima e che, isolati dal resto del mondo, fondano la loro esistenza su uno strano culto basato su antichi libri. Ellery viene a sapere che una non meglio precisata profezia ha segnalato agli abitanti di Quenan l’arrivo imminente di una calamità e che lui sarà l’uomo che li aiuterà ad affrontarla. Non è chiaro di cosa si tratti, ma prima un furto e poi un delitto chiariranno il senso della profezia…

Commento: Dal 1958, la firma Ellery Queen non è sempre garanzia di autenticità: a partire da quella data, infatti, i due cugini che, quasi trent’anni prima, avevano dato i natali all’omonimo scrittore-investigatore, si dedicarono solo in parte alla stesura dei numerosi romanzi gialli che pure uscirono con il loro nome in copertina. Anche volendo escludere la trentina di veri e propri apocrifi (molti dei quali, peraltro, appartenenti all’hard-boiled e non al giallo a enigma), non pochi furono i casi in cui la coppia di scrittori si avvalse di ghostwriters, limitandosi a stendere il soggetto o a provvedere alla revisione finale. È così per questo libro, il cui autore materiale fu Avram Davidson. Il romanzo si regge sulla trovata di far entrare in contatto due mondi distanti e isolati l’uno dall’altro: quello reale, devastato dalla Seconda guerra mondiale, e quello edenico di Quenan, sorta di relitto sopravvissuto al trascorrere del tempo nella sua eccezionalità. I riferimenti biblici si sprecano, a partire dal nome del villaggio (che richiama non solo il cognome di Ellery ma la terra di Canaan), ma naturalmente il male finisce per insinuarsi anche nel paradiso apparentemente terrestre della piccola comunità sperduta nel deserto. Peccato che quel che manchi al libro è l’elemento propriamente giallo: il delitto arriva tardi e viene risolto in fretta e senza troppa fatica, l’indagine è limitata e prevedibile e peraltro la soluzione è piuttosto deludente (sarebbe sempre il caso di ricordarsi dell’aurea regola di Hitchcock, qui ampiamente disattesa: “più è riuscito il cattivo, più è riuscito il film”). La guerra fa da contorno, ma senza che se ne veda la necessità sul piano narrativo, considerato che il romanzo è stato scritto vent’anni dopo.

GIUDIZIO: *½

PRE-TESTI, DIVAGAZIONI
E SPUNTI MINIMI

Se la religione è una questione di fede, c’è sempre il rischio che la ragione ci metta lo zampino. Con buona pace di Sant’Agostino e di tutta la teologia che ha cercato di spiegare come “credere” e “capire” esistano l’uno in funzione dell’altro, la diffidenza nei confronti della religione ufficiale o, più semplicemente, la curiosità intellettuale si sono ribellate all’idea di accettare le verità rivelate, rivendicando lo spazio di uno scetticismo capace di sconfinare, se non nella blasfemia vera e propria (nell’Ottocento si scrivono perfino inni e preghiere a Satana: e Baudelaire batte Carducci, sul piano poetico), almeno nell’ironia e nello sberleffo.
Così, ad esempio, Giuseppe Gioachino Belli, il poeta dell’ultima Roma pontificia (morì pochi anni prima della breccia di Porta Pia), sintetizza il senso della predica durante una messa:     

Letto ch’ebbe er Vangelo, in piede in piede
quer bon Padre Curato tanto dotto
se piantò cco le chiappe sul paliotto
a spiegà li misteri de la fede.

Ce li vortò de sopra e ppoi de sotto:
ciariccontò la cosa come aggnede;
e de bbone raggione sce ne diede
piú assai de sei via otto quarantotto.

Riccontò ’na carretta de parabbole,
e cce ne fesce poi la spiegazzione,
come fa er Casamia doppo le gabbole.

Inzomma, da la predica de jjeri,
ggira che tt’ariggira, in concrusione
venissimo a ccapí cche ssò mmisteri.

Più di un secolo dopo, invece, Giorgio Caproni esprime, con beffarda irriverenza, la sua mancanza di fede, rivolgendo a Dio (al quale, in un altro testo, aveva minacciato di spaccare la faccia!) una preghiera che è come un epigrammatico manifesto di una sorta di teologia alla rovescia, secondo la quale è Dio stesso a dover dimostrare all’uomo la sua esistenza:

Dio di volontà,
Dio onnipotente, cerca
(sforzati), a furia d’insistere
– almeno – d’esistere.

Testi citati
Giuseppe Gioachino Belli – ER FRUTTO DE LA PREDICA (1834)
Giorgio Caproni – PREGHIERA D’ESORTAZIONE O DI INCORAGGIAMENTO, in “Il muro della terra” (1975)

LEGENDA RECENSIONI
Sia per i libri che per i film, adotto nel giudizio sintetico il sistema Mereghetti, che va da 0 a 4 stelline: a 0, ovviamente, i giudizi più negativi, a 4 quelli più positivi, con tutti i possibili gradi intermedi…

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*1/2
NON GIUDICABILE con i sistemi ìclassiciî di voto
PESSIMO
QUASI PESSIMO
BRUTTO
BRUTTINO
 
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**1/2
***
***1/2
****
ACCETTABILE
DISCRETO
BUONO
MOLTO BUONO
CAPOLAVORO