Testi, pre-testi, divagazioni e spunti minimi intorno a libri letti, riletti, sfogliati
A cura di Roberto Mandile
PUNTATA 170
COME FRATELLI…
… o come sorelle: affetto, protezione, solidarietà, piccole competizioni e grandi cattiverie
Harriette Ashbrook – L’OMICIDIO DI CECILY THANE (1930)
Di cosa parla: Per il procuratore distrettuale di New York R. Montgomery Tracy non c’è pace: appena fatto scarcerare il fratello Spike, che era finito dentro per disturbo della quiete pubblica e ubriachezza domestica, si trova alle prese con un caso particolarmente complicato. Si tratta dell’omicidio di Cecily Thane, moglie di un mercante di gioielli, che è stata ritrovata cadavere in casa sua, davanti alla cassaforte da cui mancano diversi monili di valore. La donna è stata colpita a morte da un colpo di arma da fuoco durante la notte. Gli indizi inizialmente sono tutti contro un tale Tommy Spencer, un gigolò che si accompagnava spesso alla signora Thane e che sembra sparito nel nulla. Ma le indagini, cui darà un fondamentale contributo proprio Spike Tracy, amplieranno ben presto la rosa dei possibili colpevoli…
Commento: È il primo di sette gialli con protagonista Spike Tracy dato alle stampe da una scrittrice e giornalista americana rimasta nell’ombra, nonostante le buone doti nell’ambito del genere. La solidità dell’intreccio, il rigore delle indagini e dello scioglimento (perfettamente razionale, anche se non certo imprevedibile), la buona caratterizzazione dei personaggi sono sicuramente punti a favore del romanzo. Tutto fortemente convenzionale, sia chiaro, a partire dal rapporto tra forze dell’ordine e detective dilettanti, a vantaggio, naturalmente, di questi ultimi, più simpatici e più intelligenti della polizia ufficiale. L’autrice aggiunge una variante al cliché attribuendo il compito di rappresentare i due poli a due fratelli. E se Spike Tracy ricorda, per certi atteggiamenti, Philo Vance, il detective newyorkese (più snob, certo, ma altrettanto dandy) creato nel 1926 da S.S. Van Dine, il rapporto con R. Montgomery può richiamare quello tra altri due protagonisti del poliziesco ambientato nella Grande Mela, ossia Ellery e Richard Queen, la cui prima avventura aveva visto la luce un anno prima, nel 1929. Il gioco, in realtà, non è nuovissimo: risale, anzi, agli albori del giallo a enigma, dato che si trova già nei casi di Auguste Dupin ideati da Edgar Allan Poe, e ricorre nelle avventure di Skerlock Holmes o in quelle di Hercule Poirot, per limitarci agli esempi più noti. In fondo, il meccanismo, com’è facile intuire, punta a coinvolgere il lettore, consentendogli l’immedesimazione con il punto di vista dell’uomo comune e stimolandolo a gareggiare nella soluzione del caso. Il trucco, però, com’è altrettanto comprensibile, c’è e si vede: il detective dilettante, infatti, ha un acume ben superiore alla media e, per questo, è spesso un tipo eccentrico o almeno, come nel nostro caso, anticonformista. Caratteristiche che, come ben sanno gli autori di gialli contemporanei, sembrano diventate imprescindibili per ogni investigatore letterario, dilettante e non, che si rispetti.
GIUDIZIO: **½
Georges Simenon – LE SIGNORINE DI CONCARNEAU (1936)
Di cosa parla: Jules Guérec ha quarant’anni e da quando è nato vive a Concarneau, piccolo centro della Bretagna. Non è sposato e abita nella casa di famiglia con due delle tre sorelle, nubili, prendendosi cura insieme a loro dell’emporio annesso all’abitazione. Un pomeriggio, trovandosi a Quimper per lavoro, cede alla tentazione di intrattenersi con una prostituta; travolto dal senso di colpa, accresciuto dalla difficoltà di dover giustificare, una volta a casa, la mancanza di cinquanta franchi, sulla strada del ritorno travolge con l’automobile un bambino e fugge senza prestare soccorso. Sconvolto dall’accaduto, dovrà fare i conti non solo con la propria coscienza, ma anche con le sorelle che lo aspettano a casa…
Commento: Per concentrare in 130 pagine una storia così ci vuole un grande scrittore. Uno scrittore che non spreca una parola, che non scade mai nel banale, che sa usare tutti gli strumenti a sua disposizione per alludere senza calcare la mano, per scavare in profondità senza cedere a nessuno psicologismo, per raccontare i pieni e i vuoti, gli alti e i bassi, i forte e i piano di una storia perfetta che si regge tutta su un episodio drammatico (l’investimento di un bambino) che, però, diventa come il detonatore delle passioni sopite e infine destinate a esplodere nell’io del protagonista. Perché non c’è dubbio che Jules Guérec, vissuto al riparo delle comodità offertegli dalla nascita e dalle opprimenti ma rassicuranti attenzioni delle sorelle, è un uomo a metà, incapace di farsi carico delle sue responsabilità di adulto (già in passato, quando aveva messo incinta una ragazza, erano state le sorelle a risolvere la situazione per risparmiare a lui e a loro le conseguenze del suo avventato comportamento), ma altresì tentato dalla ribellione, dalla volontà di rimediare a modo suo alle situazioni in cui finisce per cacciarsi, in una parola di agire, finalmente, autonomamente, di prendere in mano la sua vita. E però, come è chiaro dalla conclusione, il suo è un destino fallimentare: la mancanza di senso pratico è la sua condanna e neanche le sorelle potranno porre del tutto rimedio ai guai che Jules ha prodotto. Ci vuole un grande scrittore per parlare di senso di colpa, smarrimento, rimpianto, nostalgia, ma anche di invidia e risentimento senza una parola di troppo e raccontando una storia di ordinaria infelicità e anche di eccezionale egoismo, condizioni spesso inestricabili nell’animo umano. Ci vuole un grandissimo scrittore. Per fortuna Simenon lo è.
GIUDIZIO: ***½
PRE-TESTI, DIVAGAZIONI
E SPUNTI MINIMI
Come fratelli. Che si ricorra al rapporto tra fratelli per definire un legame d’affetto, di comunanza, di forte amicizia, è tutto sommato un punto a favore dell’ottimismo, non appena si pensi a come la relazione tra fratelli sia stata spesso segnata da invidie, ripicche, se non da vere e proprie ostilità: bastino, a esemplificare, i casi più noti, Caino e Abele, Eteocle e Polinice, Romolo e Remo.
Come fratelli, anzi come sorelle, furono senz’altro Emily Dickinson e Susan Gilbert, la carissima Sue, che era sua cognata avendo sposato il fratello Austin (la coppia andò a vivere nella casa vicina), ma rappresentò per la poetessa la più preziosa relazione in forza di un’amicizia intima iniziata già nell’infanzia e proseguita per tutta la vita (lo testimoniano le innumerevoli lettere a lei indirizzate). A Sue e alla sua vera sorella, Lavinia, Emily dedicò questi meravigliosi versi:
Una sorella ho in casa nostra –
E una, a una siepe di distanza.
Ce n’è soltanto una registrata,
Ma entrambe mi appartengono.
Una fece la strada che feci io –
E portava i miei abiti dell’anno prima –
L’altra, come un uccello il suo nido,
Costruì fra i nostri cuori.
Non cantava come noi –
Era un’armonia diversa –
Di per sé una musica
Come un Bombo di giugno.
L’oggi è lontano dall’Infanzia –
Ma su e giù per le colline
Tengo più stretta la sua mano –
Che accorcia tutte le distanze –
E tuttora il suo ronzio
Anno dopo anno,
Inganna la Farfalla;
Tuttora nei suoi Occhi
Restano Violette
Polverizzate da molte Primavere.
Versai la rugiada –
Ma serbai il mattino;
Scelsi quest’unica stella
Dagli immensi spazi della notte –
Sue – per sempre!
Restando in terra americana, ci pensa invece Edgar Lee Masters nell’Antologia di Spoon River a offrirci esempi ben diversi di relazioni tra fratelli e sorelle. Si veda quanto dice, ormai dalla tomba, Nancy Knapp che, esasperata dalle calunnie che i fratelli e le sorelle di suo marito alimentarono contro di lui, arrivò ad appiccare il fuoco alla fattoria comprata con i soldi dell’eredità. Altro che rapporti fraterni!
Beh, non capite? andò in questo modo:
comprammo la fattoria con quello che lui ereditò,
e i fratelli e le sorelle lo accusarono di avere avvelenato
la mente del padre contro tutti loro.
E non avemmo mai pace con il nostro tesoro.
La peste uccise il bestiame, e il raccolto mancò.
E il fulmine s’abbatté sul granaio.
Così ipotecammo la terra per andare avanti.
E lui divenne silenzioso e era sempre preoccupato.
Poi alcuni dei vicini rifiutarono di parlarci,
e si misero dalla parte dei fratelli e delle sorelle.
E io non sapevo a che santo votarmi; soltanto da giovani
si può dire a se stessi: “Non importa,
il tal dei tali è mio amico, o posso superare la crisi
con un viaggetto a Decatur”.
Poi i fetori più orrendi appestarono le stanze.
Allora appiccai fuoco ai letti e la vecchia casa delle streghe
avvampò in un ruggito di fiamme,
mentr’io danzavo nel cortile con le braccia ondulanti,
e lui piangeva come un vitello che ha freddo.
Testi citati
Emily Dickinson – UNA SORELLA HO IN CASA NOSTRA – traduzione di Giuseppe Ierolli (1858)
Edgar Lee Masters – NANCY KNAPP, in “Antologia di Spoon River” – traduzione di Letizia Ciotti Miller (1915)
LEGENDA RECENSIONI
Sia per i libri che per i film, adotto nel giudizio sintetico il sistema Mereghetti, che va da 0 a 4 stelline: a 0, ovviamente, i giudizi più negativi, a 4 quelli più positivi, con tutti i possibili gradi intermedi…