Testi, pre-testi, divagazioni e spunti minimi intorno a libri letti, riletti, sfogliati
A cura di Roberto Mandile
PUNTATA 172
GLI AFFARI SONO AFFARI
In borsa o nello spazio, i soldi provocano morti ma fanno miracoli
Willoughby Sharp – MORTE DI UN BROKER ONESTO (1934)
Di cosa parla: A Wall Street sono passati pochi anni dalla grande crisi del 1929. L’attività della Borsa è ripresa e prosegue frenetica come sempre, finché, in una giornata qualunque, a pochi minuti dalla fine delle contrattazioni, ben due broker muoiono improvvisamente. Si tratta di Philip Torrent, uomo dalla vita apparentemente specchiata anche se diverse persone avevano un buon motivo per volerne la morte, dal socio che da anni lo truffava alla moglie che chiedeva invano il divorzio, dal nipote indolente all’amante respinta. L’altra vittima si chiama Sandy Henderson. Tra i due broker è arduo trovare un punto in comune, se non il fatto che entrambi sono stati avvelenati con il curaro. Capire come il veleno sia stato somministrato è il primo mistero su cui deve indagare l’ispettore Bullock della Squadra Omicidi di New York, detective dallo spiccato senso pratico…
Commento: Secondo dei due romanzi gialli di uno scrittore che, figlio di un agente di cambio newyorchese, fu a sua volta membro della Borsa e fondatore di una società di brokeraggio (che abbandonò dopo il crollo del 1929), è un libro che punta tutto, o quasi, sull’ambientazione, in sé abbastanza originale, e sul rigore delle indagini. L’ispettore Bullock – lo sappiamo fin dalla sua entrata in scena – è critico con la letteratura poliziesca: non sopporta, in particolare, i detective dilettanti, qualificati come “rammolliti so-tutto-io” e “arroganti”. L’autore fa i nomi: Philo Vance, Drury Lane, Thatcher Colt, gli investigatori frutto della penna, rispettivamente, di S.S. Van Dine, Ellery Queen e Anthony Abbot, tutti operanti a New York tra gli anni Venti e gli anni Trenta (è curioso però il riferimento a Colt, che, sebbene letterariamente ispirato proprio ai primi due, è un collega di Bullock, in quanto anch’egli poliziotto). Le premesse – va detto – sono rispettate: l’ispettore è un tipo dai modi spicci, a tratti burbero, senz’altro privo di ogni eccentricità. Peccato che anche la storia, per quanto solida e lineare, non brilli particolarmente. Non mancano un paio di buone idee (specie per quanto riguarda lo svolgimento dell’omicidio), ma è altresì vero che qualcosa non convince pienamente proprio sul piano dell’indagine (un’analisi più precisa degli alibi e un interrogatorio più attento dei testimoni forse avrebbero risolto il tutto in poco tempo). Quel che lascia più perplessi sono la caratterizzazione dei personaggi, un po’ opachi, e la conclusione, un po’ classista. Se i libri tanto poco amati da Bullock hanno avuto più successo, una ragione c’è: ci spiace per l’ispettore, ma talvolta un filo di stravaganza, almeno in letteratura, paga.
GIUDIZIO: **
Frederik Pohl e Cyril M. Kornbluth – I MERCANTI DELLO SPAZIO (1952)
Di cosa parla: Mitch Courtenay viene nominato presidente della Sezione Venere della Fowler Schocken, la società pubblicitaria per la quale lavora. Nell’ottica di combattere la sovrappopolazione sulla Terra, l’obiettivo è quello di promuovere la colonizzazione del pianeta Venere, convincendo il maggior numero possibile di persone a trasferirvisi, nonostante le condizioni ambientali proibitive. Per farlo, si può contare sugli strumenti di cui ormai i pubblicitari si avvalgono abitualmente: alcaloidi negli alimenti, ipnosi, messaggi subliminali, ecc. Ma la Società Taunton, feroce concorrente della Fowler Schocken, è disposta a tutto pur di mettere il bastone tra le ruote agli avversari. Senza contare i pericoli che vengono dal gruppo clandestino degli Indietristi, movimento conservatore intenzionato a contrastare con ogni mezzo lo sfruttamento delle risorse terrestri. Quando viene fatto oggetto di alcuni attentati, Mitch capisce che non mancano e non si fanno scrupoli i nemici, a partire da un collega interessato, a quanto sembra, a sabotare il progetto Venere…
Commento: Primo dei cinque romanzi frutto della collaborazione tra i due scrittori newyorkesi, è un curioso incrocio tra fantascienza e satira sociale. Si può leggere innanzitutto come una critica al capitalismo (Pohl fece parte in gioventù di un’associazione giovanile comunista, che abbandonò dopo il patto Molotov-Ribbentrop), di cui coglie precocemente le nefaste degenerazioni, a partire dal consumismo indotto dalla pubblicità. Al tempo stesso, sulla scia di Huxley, gli autori tratteggiano un futuro distopico in cui il ricorso a sostanze capaci di indurre dipendenza, insieme alla ricerca sfrenata dei profitti da parte delle aziende, ha già stravolto i rapporti sociali, finendo per creare classi di dominatori e di lavoratori-schiavi. Da ultimo, attraverso il movimento degli Indietristi, si affaccia – altro Leitmotiv di tanta letteratura distopica, a partire almeno da 1984 di Orwell – una forma di resistenza clandestina, che si fa portavoce di ideali attualissimi, come la difesa delle risorse naturali e – come siamo abituati a dire solo da qualche decennio – la sostenibilità ambientale. Ciò premesso, il romanzo, che, al momento dell’uscita “colpì per la sua straordinaria girandola satirica di paradossi e di esilaranti esagerazioni” – notavano Fruttero & Lucentini già nel 1975 –, resta una lettura piacevole, capace di non divagare troppo sulle tante questioni sociologiche che pur propone ma di “narrativizzare” la materia che maneggia attraverso una discreta dose di suspense e colpi di scena. Certo, qualcosa appare comunque o un po’ forzato o sacrificato sull’altare dell’esigenza di far tornare tutti i conti. Non tutte le invenzioni futuribili convincono allo stesso modo, eppure non si può che apprezzare l’idea che ci siano stati scrittori capaci di immaginare il futuro senza ergersi a vati ma con la leggerezza di una storia in sé magari ingenua e tuttavia divertente.
GIUDIZIO: **
PRE-TESTI, DIVAGAZIONI
E SPUNTI MINIMI
Il denaro muove il mondo, ma talvolta anche la letteratura. Che i soldi fanno miracoli è ovvio tanto quanto che non diano la felicità. Ma, come impara suo malgrado Pinocchio con il Gatto e la Volpe (glielo insegna un pappagallo quando va al Campo dei miracoli e non ritrova gli zecchini che aveva seminato), “per mettere insieme onestamente pochi soldi, bisogna saperseli guadagnare o col lavoro delle proprie mani o coll’ingegno della propria testa”. Anche se – avverte Giuseppe Gioachino Belli – è vero pure il contrario: ossia che chi i soldi li ha, non solo non ha bisogno di lavorare ma nemmeno di saper scrivere e leggere:
Chi ha cquadrini è una scima de dottore,
senza manco sapé scrive né llègge:
pò sparà indove vò rròtti e scorregge,
e ggnisuno da lui sente er rimore.
Pò avé in culo li ggiudisci, la Lègge,
l’occhio der Monno, la vertú, e l’onore:
pò ffà mmagaraddio, lo sgrassatore,
e ’r Governo sta zzitto e lo protegge.
Pò ingravidà oggni donna a-la-sicura,
perché er Papa a l’udienza der Giardino
je bbenedisce poi panza e ccratura.
Nun c’è ssoverchiaria, nun c’è rripicco,
che nun passi coll’arma der zecchino.
Viva la faccia de quann’-uno-è-rricco.
Chi ha i soldi può fare quel che vuole, dunque. Ma – come abbiamo capito dalle decine di gialli che abbiamo letto o visto – deve anche guardarsi alle spalle. Il denaro è uno dei moventi più tipici dei delitti, anche quando si tratta di denaro falso. Come in Dollari matti, romanzo breve di Rex Stout, che comincia con l’arrivo alla casa in arenaria di Nero Wolfe di Hattie Annis, che all’apparenza dà una certa impressione di sciatteria e si confermerà subito come un tipo piuttosto originale, considerata la bizzarra ragione della sua visita: affidare al grande investigatore la custodia di un pacchetto che si scoprirà contenere un mucchio di banconote false. Archie Goodwin verrà spedito a indagare in casa della donna, dove però si imbatterà nel cadavere di un’altra donna, che a sua volta aveva fatto visita, poco dopo Hattie, alla dimora di Wolfe.
A dispetto della trama gialla e dello scioglimento, non memorabili, la vivacità della scrittura di Rex Stout resta smagliante anche in questo libro (il trentaquattresimo di una produzione ricchissima), in cui la misoginia di Wolfe, più scorbutico che mai, viene messa alla prova dalla bizzosa eccentricità della sua cliente. D’altronde, com’è noto, Wolfe è forse l’unico investigatore della letteratura gialla che non si fa scrupolo di emettere onerose parcelle, indispensabili a mantenere uno stile di vita che, tra la cura maniacale delle orchidee e i pranzi sopraffini del cuoco Fritz Brenner, deve soddisfare necessità raffinatissime. Perché gli affari – direbbe Archie – sono affari, no?
Testi citati
Giuseppe Gioachino Belli – LI MIRACOLI DE LI QUADRINI (1834)
Rex Stout – DOLLARI MATTI (1961)
LEGENDA RECENSIONI
Sia per i libri che per i film, adotto nel giudizio sintetico il sistema Mereghetti, che va da 0 a 4 stelline: a 0, ovviamente, i giudizi più negativi, a 4 quelli più positivi, con tutti i possibili gradi intermedi…