LECTIO BREVIS / 178

Testi, pre-testi, divagazioni e spunti minimi intorno a libri letti, riletti, sfogliati

A cura di Roberto Mandile

PUNTATA 178
“DONNE DA MARITO”
Sposarsi, risposarsi… per provare a essere felici

Daniel Defoe – MOLL FLANDERS (1722)

Di cosa parla: La donna conosciuta come Moll Flanders (ma il suo vero nome non ci viene rivelato) racconta la sua vita, a partire dalla nascita nella prigione di Newgate, dove la madre era reclusa, e da dove verrà, dopo il parto, deportata in America. Cresciuta in carcere da una madre adottiva, Moll viene accolta in una famiglia benestante, dove i due figli più grandi diventano, rispettivamente, suo amante e, dopo alcune traversie, suo marito. Rimasta vedova, qualche anno più tardi, Moll si sposerà di nuovo con un mercante di stoffe, che farà bancarotta e la abbandonerà. Trovato un terzo marito, la donna lo seguirà in Virginia, dove reincontrerà, nel modo più inatteso e sconvolgente, sua madre…

Commento: Pubblicato tre anni dopo il successo di Robinson Crusoe, è l’opera che, forse meglio del libro più conosciuto di Defoe, serve a chiarire l’origine del romanzo moderno. L’autore, campione di un puritanesimo affaristico (pre-capitalistico), racconta la decadenza e, nel finale, l’ascesa (materiale e morale) di una donna che, nell’Inghilterra contemporanea, deve fare i conti con i limiti impostile dalla sua condizione di nascita. È innanzitutto la dura necessità a guidare il destino di Moll Flanders (all’inizio della storia, però, si fa chiamare Betty). Ma la protagonista, nel suo scendere a patti con la realtà, dimostra, senza mai autocommiserarsi, uno spirito di adattamento che consiste nel non soccombere alle sfortune che le si presentano, ma nel saper volgere le circostanze a suo vantaggio. È in questo senso che si devono leggere i riferimenti insistiti alla ricchezza, sorta di Leitmotiv del racconto; i continui matrimoni sono il tentativo di risollevarsi – talvolta anche con l’inganno – dal proprio status e di coniugare finalmente il benessere materiale e una vita eticamente accettabile. Ma tutto questo non sarebbe granché interessante se non ci fosse la chiarezza di Defoe a fare il resto: a dispetto di quanto l’autore scrive nella prefazione, dove si augura che i lettori apprezzino “più la morale che l’intreccio, più il significato che il fatto”, il pregio maggiore del romanzo consiste proprio nella fluidità con cui le vicende di Moll Flanders si susseguono, in un flusso travolgente di avventure e disavventure che rivela, appunto, l’essenza della modernità di cui Defoe è portabandiera. Se, cioè, la lettura moralistica si impone abbastanza facilmente, specie alla luce del finale, quello che fa del romanzo un libro del tutto contemporaneo è proprio la sua (certo, picaresca, e dunque anche un po’ forzata) sequela di fatti, narrati con un gusto per il dettaglio realistico che, paradossalmente, si nutre anche della finzione di fondo – presente già nel Robinson Crusoe e tipica anche di tanti romanzi a venire (persino di Manzoni) – che vorrebbe far passare per vero ciò che è frutto di invenzione. Ci voleva uno scrittore digiuno di studi classici e nutrito di conoscenze nell’economia e nelle lingue straniere e, per di più disinteressato alla gloria letteraria (Defoe scrisse in età avanzata e per ripagare i debiti contratti), per far cambiare passo alla narrazione di storie, che pure era (è) antica come la letteratura.     

GIUDIZIO: ***

Jorge Amado – DONA FLOR E I SUOI DUE MARITI (1966)

Di cosa parla: Bahia. Durante i festeggiamenti del Carnevale, Vadinho muore di colpo, nel bel mezzo di un ballo scatenato. Rimasta vedova, Dona Flor, che gestisce una nota scuola di cucina, ripensa al suo matrimonio, segnato dai continui tradimenti del marito, giocatore incallito che spesso la trascurava preferendole i tavoli della roulette e che anzi le chiedeva continuamente i soldi per il suo vizio, ma anche amante impagabile, focoso, appassionato e per questo oggetto di rimpianto. A distanza di mesi dalla morte di Vadinho, Dona Flor respinge le profferte di numerosi pretendenti, mantenendosi fedele alla memoria del primo marito. Soltanto il dottor Teodoro, farmacista gentile, paziente e metodico, riuscirà a convincere la donna a contrarre un secondo matrimonio. Ma, nonostante la piena armonia con il secondo sposo, il ricordo di Vadinho si ripresenterà a Dona Flor in forme del tutto inaspettate e imprevedibili…

Commento: “Tutto è accaduto come è stato narrato, chi non ci vuol credere non ci creda. È accaduto a Bahia, dove tali cose magiche avvengono senza causare meraviglia”. Sono le parole che Amado pone a mo’ di chiosa quasi a conclusione del romanzo che ha trascinato il lettore, lungo le sue circa seicento pagine, in un tour de force scatenato e spassosissimo attraverso le vicende di Dona Flor e di tutti i personaggi che le ruotano attorno. A partire dai suoi due mariti, che rappresentano, com’è facile capire fin dal riassunto, due poli opposti per carattere, stile di vita, collocazione sociale: la protagonista scoprirà, non senza tormenti, di non poter fare a meno di nessuno dei due. Ma – e in questo Amado è come aiutato dalla cornice brasiliana – perché la convivenza tra Vadinho e il dottor Teodoro possa realizzarsi deve intervenire appunto la magia, che non è però una dimensione altra, estranea e magari persino disturbante, bensì l’altra faccia di una cultura stratificata e complessa come quella del Brasile, appunto (si veda il confronto, che viene affacciato da un personaggio, con l’Argentina, etnicamente meno variegata). Ma non c’è personaggio, nel romanzo, che non sia caratterizzato con straordinaria efficacia e vitalità, dalla madre di Dona Flor, l’insopportabile Rozilda, a tutto il coro delle comari-amiche della protagonista, sempre pronte a offrire, sotto forma di pettegolezzi, commenti, allusioni, il loro contributo allo svolgimento di una storia che proprio di questa componente di chiacchiere non può fare a meno. Perché Amado lascia intendere che una comunità è tale se sa coagularsi intorno ai fatti che accadono ma soprattutto che vengono raccontati in quanto – come dice un altro personaggio – la felicità non è interessante: affinché ci sia storia ci vuole qualcosa di eccezionale, di meno prevedibile. Insegnamento che non vale, naturalmente, solo all’interno della finzione narrativa, ma che suona tanto come una dichiarazione programmatica da parte dell’autore. Dona Flor, con la sua personalità molto pratica, capace di coniugare il matrimonio – che, secondo la cultura tradizionale, è l’unica e massima aspettativa consentita a una donna – e l’indipendenza economica ottenuta e difesa grazie alla scuola di culinaria che dirige, splende al centro della sarabanda di eventi che le ruotano intorno. È lei, in fondo, a tessere davvero la trama delle vicende che la riguardano. Lei e Jorge Amado, per la delizia del lettore, il cui divertimento non ha un cedimento, dalla prima all’ultima riga.     

GIUDIZIO: ***½

PRE-TESTI, DIVAGAZIONI
E SPUNTI MINIMI

Letteratura, femminile singolare. Ma, com’è noto, a lungo il punto di vista maschile è stato prevalente, quasi unico. E così, se da un lato le “donne da marito” configurano una disparità (si è mai sentito parlare di “uomini da moglie”?), dall’altro è difficile, anzi sciocco pensare di cancellare i rapporti di forza tra i sessi (o i generi?) con il nobile intento di proclamare, con un atto di imperio, un’uguaglianza che non è esistita. Se, ad esempio, nell’antica Grecia il matrimonio era per una donna il passaggio dalla tutela del padre a quella del marito, fin dall’epica antica le figure di donne che si sottraggono allo stereotipo della sposa sottomessa allo sposo non mancano, e anzi sono tra le figure più vive e interessanti: da Elena ad Andromaca, da Cassandra a Penelope, le donne che fanno a meno del marito (per scelta o per necessità), pagando talora terribili conseguenze, sono spesso quelle che assurgono a una grandezza degna di essere celebrata da scrittori e poeti.

Ma – si dirà – sono personaggi già grandiosi, regine o principesse! Tutt’altra era la vita delle donne comuni! Vero, ma se la quotidianità solo raramente si affaccia alla ribalta della letteratura antica, qualcosa di diverso rispetto alle maestose ma nebulose figure del mito lasciano intravvedere i versi superstiti di Saffo, nei quali affiorano, sempre per frammenti, i contorni di alcune fanciulle del tiaso, la comunità che si occupava della formazione di giovani aristocratiche prima del loro matrimonio. È il caso di questo carme nuziale nel quale la poetessa rievoca, con struggente nostalgia, una fanciulla che le nozze hanno ormai condotto lontano:

Vorrei veramente essere morta.
Essa lasciandomi piangendo forte,

mi disse: “Quando ci è dato soffrire,
o Saffo: contro mia voglia
io devo abbandonarti”.

Saffo le risponde: “Allontanati felice,
ma ricorda che fui di te
sempre amorosa.

Ma se tu dimenticherai
(e tu dimenticherai) io voglio
ricordarti i nostri celesti patimenti:

le nostre ghirlande di viole e rose
che a me vicina, sul grembo
intrecciasti col timo,

i vezzi di leggiadre corolle
che mi chiudesti intorno
al delicato collo,

e l’olio da re, forte dei fiori,
che la tua mano lisciava
sulla mia lucida e delicata pelle,

e i molli letti
dove alle tenere fanciulle ioniche
nasceva amore della tua bellezza.

Non un canto di coro,
né sacro, né inno nuziale
si levava senza le nostre voci,

e non il bosco dove a primavera
il suono…”.

È Evelina, detta Ninetta, Giovanardi, conosciuta al liceo e sposata una decina d’anni dopo, la fidanzata che Attilio Bertolucci tratteggia in versi nei quali la quotidianità si colora di una tenerezza commovente, che un matrimonio durato più di sessant’anni non scalfirà:

La pioggia batteva sui vetri
veniva la sera
tu eri la mia fidanzata
e io ti tenevo stretta
seduto vicino al fuoco.

La fiamma pian piano
ci addormentava,
accendeva il tuo viso bruno
che diveniva debole brace.
Fuori v’erano alberi fermi e soavi
nella luce del ciclo che schiariva.

Uscimmo e camminammo in silenzio
fra siepi lucide e gocciolanti
alla cui ombra stavano
garofani di campo bianchi e rosa
bagnati dalla pioggia recente.

Testi citati
Saffo – frammento 94 Lobel-Page – traduzione di Salvatore Quasimodo (VII-VI secolo a.C.)
Attilio Bertolucci – LA FIDANZATA, in “Lettera da casa” (1951)

LEGENDA RECENSIONI
Sia per i libri che per i film, adotto nel giudizio sintetico il sistema Mereghetti, che va da 0 a 4 stelline: a 0, ovviamente, i giudizi più negativi, a 4 quelli più positivi, con tutti i possibili gradi intermedi…

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NON GIUDICABILE con i sistemi ìclassiciî di voto
PESSIMO
QUASI PESSIMO
BRUTTO
BRUTTINO
 
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**1/2
***
***1/2
****
ACCETTABILE
DISCRETO
BUONO
MOLTO BUONO
CAPOLAVORO